Lettura continua della Bibbia. La piscina di Bethzatà (Giovanni 5,1-7)

La piscina di Bethzatà
La piscina di Bethzatà. Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=156356320

Gesù, non accolto in Giudea, ha attraversato la Samaria ed è tornato in Galilea; ma da qui, per una festa dei giudei, torna a Gerusalemme. La cronologia di Giovanni, che ci mostra Gesù spostarsi più volte in un anno dalla Galilea a Gerusalemme per le grandi feste di pellegrinaggio, risulta più plausibile di quella dei sinottici che condensano il ministero di Gesù in un solo anno con una sola festa, una Pasqua, celebrata a Gerusalemme.

La festa precedente. Quella della Purificazione del tempio, era stata una Pasqua; questa rimane nel generico, ma veniamo a sapere che cadeva di sabato, la grande festa settimanale con i suoi obblighi di astensione da ogni attività umana che alteri il corso della natura. Eppure, Gesù guarisce un uomo di sabato…

Il cap. 5 è da leggere come un’unità articolata in quattro parti:

  • una guarigione (vv. 1-9a)
  • una conseguente discussione sulla legge (vv. 9b-18),
  • la rivelazione del Figlio che dà la vita e compie l’opera del Padre (vv. 19-30),
  • la testimonianza per mezzo delle opere e delle Scritture (vv. 31-47).

La piscina di Bethzatà

È il suo secondo viaggio a Gerusalemme. Ora Gesù non è nel tempio, dal quale ha espulso gli animali da sacrificare (2,15). Si trova invece, presso la Piscina Probatica, detta di Bethzatà, tra gli esclusi, una moltitudine di infermi.

Il luogo viene indicato con il nome di una porta (cfr. Ne 3,1), da cui si facevano entrare gli animali per il sacrificio, le pecore e i buoi che Gesù aveva liberato nella sua prima visita a Gerusalemme (2,14 s.). Infatti la vera porta delle pecore, dirà Gesù in 10,7, è Lui, Porta e Pastore del gregge di Dio, l’Agnello che sostituisce le vittime del tempio.

Quella che viene chiamata piscina è un grande serbatoio a nord del tempio, chiamata Bethzathà. La stranezza dei cinque portici è stata in tempi recenti chiarita dagli scavi archeologici: quattro portici si trovavano ai lati e uno al centro, tagliando in due la piscina. Nel numero cinque i Padri della Chiesa vedevano l’allusione ai cinque libri della Legge che accusa l’umanità peccatrice ma non può dare la vita. Qui giace una moltitudine di infermi. È una massa di umanità  che “giace”, in una condizione di animalità, incapace di stare in piedi nell’atteggiamento degli uomini.

L’umanità inferma

È una umanità cieca, zoppa, inaridita cioè paralizzata. Non ha linfa vitale, non ha speranza. L’unica speranza viene loro dall’acqua stagnante della piscina che ogni tanto si muove (probabilmente quando si aprivano le chiuse per riempirla, ma nella credenza popolare per l’intervento di un angelo). Negli scavi della piscina sono stati trovati degli ex-voto: la piscina Probatica era divenuta un luogo di culto pagano, dedicato a divinità curatrici. Ma la guarigione fisica, ammesso che fosse possibile, sarebbe stata comunque effimera, non avrebbe esentato dalla morte.

In mezzo a questa umanità derelitta c’è un uomo. Il termine che lo definisce è connotato dalla massima generalizzazione: un anthropos, un qualunque essere umano. L’unica caratterizzazione è la debolezza che possiede da 38 anni. L’unico suo possesso… la sua identità. Un malato cronico.

Dt 2,14-17 parla di trentotto anni trascorsi nel deserto senza raggiungere la terra promessa. Un pellegrinaggio terreno che sembra che non conduca da nessuna parte. C’è una meta, ma non sembra sia possibile raggiungerla. Non per quell’acqua stagnante che si spera che a un certo punto si agiti: ma anche se fosse, nessuno è lì per aiutarlo.

Quest’uomo non ha nessuno: il suo stato di bisogno l’ha chiuso nella solitudine. Lo portano lì con gli altri e ve lo lasciano. Una situazione senza via d’uscita…