
Anche nell’antichità esisteva la cronaca nera: benché abbia l’impressione che a quei tempi fosse tutto molto nero per la povera gente, con poche sfumature di grigio. Comunque, sì, esistevano casi eclatanti che colpivano l’immaginazione più di tanti altri. I casi della vita, la cronaca nera come la repressione cruenta di una rivolta di Galilei da parte di Pilato o l’incidente che uccide diciotto persone nel crollo della torre di Siloe (13,1-5), colpiscono fortemente alcune persone che sono in rapporto con Gesù, le quali glieli riferiscono, come a chiedere chiarimenti.
Persisteva ancora, nonostante tutte le proteste di Giobbe e le amare considerazioni del Qoheleth, l’idea che la sofferenza fosse una punizione diretta del peccato. Ebbene, ribatte Gesù, questi casi che noi chiameremmo di cronaca nera, questi fatti cruenti dovuti alla repressione romana o ad una involontaria disgrazia non sono castighi di peccati personali degli uccisi. No, dice Gesù, non è così, però non sono da sottovalutare: sono pallidi simboli del male che conseguirà all’uomo che non si converta. «No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo» (13,5). La sorte fallimentare di questi sventurati richiama un’altra possibile sorte fallimentare, la perdizione eterna, quella, sì, dovuta al peccato…
Tuttavia, la misericordia di Dio è grande ed è sempre pronta a vincere sulla morte.
La parabola del fico sterile
La parabola del fico sterile (13,6-9) ci ricorda che la pazienza di Dio è infinita, ma che quando si giunge ad una scelta di non-ritorno egli stesso si arrende alla libera scelta dell’uomo, come il vignaiolo che si prende ogni cura dell’albero da frutto, finché questo non si rivela irrimediabilmente improduttivo.
Questa parabola pone al centro il problema della conversione, sfatando i due equivoci opposti: quello di pensare che sia troppo tardi, la disperazione, e quello di credere che ci sia tempo all’infinito, il lassismo. Sant’Agostino, ormai convertito e maturo nella fede, ricorda di aver pregato, quando era ancora un giovane dissoluto, per avere la castità, ma in sostanza la sua preghiera era stata questa: “Dammi la castità, ma non subito”, per timore di essere esaudito… (Conf. VIII,17). Tra la disperazione e il lassismo si colloca la misericordia di Dio, che dona infinitamente ma chiede con forza che le si risponda.