Analoga alla parabola dei vignaioli omicidi è in Matteo la parabola del banchetto: anche qui i primi invitati, i capi d’Israele e il popolo con loro, rifiutano e uccidono profeti e apostoli,gli inviati del Re, il quale distrugge la loro città (chiara allusione a Gerusalemme, distrutta dai romani nel 70 d.C.) e invita al banchetto di nozze del figlio-Messia i passanti, buoni e cattivi: l’invito passa adesso ai pagani.
Differenze con Luca
In Luca 14,16-24 un’analoga parabola narra di un banchetto; ma il taglio è diverso. Chi rivolge l’invito è genericamente un uomo, o meglio una persona (anthropos), evidentemente una persona importante, ma non un re. Anche il banchetto, in Luca, è generico, mentre in Matteo è il convito nuziale (in greco gamos, le nozze) per lo sposalizio del figlio del re, chiaro accenno messianico.
In Luca uno solo è il servo inviato a portare gli inviti al banchetto. In Matteo i servi sono tanti, mandati a più riprese, chiara allusione ai profeti e agli apostoli. Paradossale è la loro sorte: quali invitati di riguardo ad un banchetto non solo disprezzerebbero l’invito, come in Luca, ma addirittura maltratterebbero i messi e li ucciderebbero? Anche questa è una più che chiara allusione alla sorte dei profeti e degli apostoli.
In Luca i secondi chiamati, quelli che accettano l’invito, sono i poveri, gli svantaggiati, gli emarginati: una tipica tematica lucana. In Matteo, invece, sono tutti quelli che passano per la strada, cioè gli sconosciuti, i pagani; mentre i primi invitati rappresentano il popolo di Israele.
Paradossale è anche, in Matteo, la fine che fanno i primi invitati: mentre in Luca si limiteranno a non partecipare al banchetto, in Matteo saranno sterminati e la loro città sarà data alle fiamme. Si sta parlando, con tutta evidenza, della distruzione di Gerusalemme che avverrà nel 70 d.C.
Una seconda parabola
Tutti, dunque, possono entrare al banchetto nuziale del figlio del re. Chi entra, però, deve accettare la veste di nozze. Ciò sembrerebbe contraddittorio col fatto che i commensali sono stati prelevati dalla strada. In realtà, questa è una seconda parabola unita alla prima a motivo del tema stesso del banchetto; ma in un certo senso precisa la prima.
Infatti, era prassi nell’antichità, per gli invitati che non avevano mezzi propri, riceverla gratis in prestito dallo stesso padrone di casa, proprio come avviene d’estate nelle chiese e nelle moschee in cui non si può entrare in abiti troppo ridotti: ci sono delle ceste, all’ingresso, dove poter scegliere uno scialle per coprirsi, da restituire all’uscita.
C’è però anche un’interpretazione spirituale, che Ap 19,8 sembra aver presente: «La veste di lino sono le opere giuste dei santi». All’invito del Re si deve cioè aderire con una fede operante. Chi non la accoglie sceglie le tenebre, il pianto e lo stridore di denti. I pochi «eletti» non sono predestinati alla salvezza, ma la scelgono accogliendola con la fede e le opere.