Dopo la distruzione causata dai bombardamenti del 1944, le funzioni religiose proseguono nel quartiere del Cotone in una stanza, finché nel 1958 padre Alessandro Mammoli fa sorgere una nuova chiesa (l’articolo precedente QUI).
Ma è dalla fine degli anni Settanta che la nuova chiesa del Cotone inizia a prendere un nuovo volto, grazie alla realizzazione di importanti opere d’arte.
La nuova chiesa di S. Maria del Rosario al Cotone
Le vetrate
Alla fine degli anni Settanta P. Costantino Ruggeri realizza per la chiesa del Cotone a Piombino sei vetrate laterali, disposte tre per lato. In esse l’artista francescano, grande innovatore dell’arte sacra, volle rappresentare il cammino dalla Creazione alla Redenzione. Le descrive lui stesso.
La creazione
«Nelle prime tre vetrate la Parola potente di Dio squarcia le tenebre che coprono gli abissi dove tutto è informe e deserto e si comunica nel dono, creando il mondo e tutti gli esseri viventi (Gn 1,1-25)».
Commenta il prof. Carlo Maccanti in un suo articolo pubblicato sul settimanale Toscana Oggi dell’11 ottobre 2015 (edizione diocesana):
«Attraverso segni sobri e simbolici l’autore suggerisce anche che la potente forza creatrice di Dio è in realtà fin dall’inizio una forza mite, dialogante, paziente. Non fa tutto subito, con potenza schiacciante, ma fa emergere poco a poco e lascia anzi che la vita si sviluppi e si faccia strada a partire da un piccolo seme o da un inizio di luce».
Tra creazione e redenzione: l’uomo
Scrisse ancora P. Costantino Ruggeri: «La quarta vetrata, sulla parete sinistra, ci conduce al culmine della creazione: l’uomo, signore di ogni altra creatura vivente e custode del creato. Egli è legato alla terra da una specie di cordone ombelicale e ha le braccia spalancate quasi ad abbracciare il mondo per indicare il compito affidatogli da Dio: in nome Suo custodire la terra, fare crescere e portare a compimento la creazione, adoperarsi perché tutto sia per la vita di tutti (Gn 1,20-31)». Con l’uomo termina la creazione, ma si innesca anche il cammino di redenzione.
L’Incarnazione
Nella quinta vetrata l’umanità creata a immagine e somiglianza di Dio e avvolta dal suo Amore, vive sempre tra obbedienza e disobbedienza, capace di tanto bene come di tanto male nei confronti delle sue opere meravigliose. E Dio, gratuitamente, solo per amore, invece di castigarci e di obbligarci a ritornare a Lui, decide Lui di abbassarsi, di scendere, incarnandosi e venendo, in Gesù, ad abitare tra noi (cfr. Fil 2,6-8).
«Lo Spirito di Dio, simboleggiato dall’unica grande figura della colomba, rende possibile l’incarnazione di Gesù e guida tutta la Sua vita, tesa a rivelarci il volto vero, paterno, tenero e misericordioso di Dio e a indicarci la strada concreta per vivere una vita pienamente umanizzata e divinizzata (Lc 1,35-38)».
La Redenzione
Infine l’Amore di Dio, reso carne e vita in Gesù, si spinge fino all’estremo dono di sé sulla croce. La potenza creatrice di Dio trova la sua manifestazione più piena in questo paradosso di debolezza estrema. Solo la vita di Gesù, di amicizia, perdono, dialogo, servizio, dono totale di sé, chiude il cerchio della salvezza e riporta tutta la creazione allo splendore e alla bellezza voluti da Dio, diventando così luogo dell’incontro perenne tra Dio e l’umanità.
Il Cristo dell’altare
Il grande impulso alla valorizzazione artistica della piccola chiesa viene poi dato nel 2004 dall’arrivo del grande Cristo, posto sulla parete di fondo, a opera dell’artista versiliano Stefano Pierotti.
Scrive il prof. Maccanti:
«Il suo Cristo, detto “il Vincente”, porta una nota di novità non solo iconografica, ma di profondo contenuto teologico, oltre che di forte impatto comunicativo. La croce di Pierotti non è un semplice supporto da cui pende il corpo sconfitto e morente del Figlio di Dio, ma un diaframma squarciato dall’irrompere vigoroso del corpo vibrante di Colui che per i cristiani è la Vita stessa. Gesù, nel momento stesso in cui muore, donando tutta la sua vita per amore, vince il male e la croce si spacca lasciandolo emergere risorto: è la vittoria del dono di sé e dell’amore per tutti.
Il “Vincente” accantona così la tradizione iconografica del Christus dolens che per secoli ha caratterizzato il patrimonio artistico delle chiese d’Occidente e si riappropria dell’antica tradizione bizantina del Christus triumphans, rideclinandola in chiave contemporanea. In questa croce domina il colore ferrigno che ricorda la tradizione metallurgica del territorio piombinese e, più specificamente, la cultura siderurgica tipica della parrocchia del Cotone, situata proprio nel cuore delle Acciaierie. Il Cristo di Pierotti infatti non rappresenta solamente Gesù; è anche l’uomo comune, il “povero cristo” quotidiano che, pur dominato e schiacciato da poteri più forti di lui, non soccombe, ma lotta, si rialza e, come gli ‘anawim della tradizione biblica, leva la sua voce al Signore. E Dio, che ascolta la voce dei poveri, se ne prende cura e lo chiama a vita nuova, sollevandolo dalla polvere».
I mosaici esterni e l’arredo interno
In seguito all’installazione del «Vincente», la comunità parrocchiale decide di farsi carico dell’intero rinnovamento di tutta la struttura interna e della decorazione esterna della chiesa. Lascio ancora la parola al prof. Carlo Maccanti:
«Come appartenente a questa comunità, è stato per me un piacere e un onore venire incaricato di progettare i mosaici della facciata e del fregio inferiore. In quest’ultimo sono rappresentate le quattro serie dei misteri del S. Rosario (“gaudiosi”; “della luce”; “dolorosi”; “gloriosi”), cui la parrocchia si intitola. Lo sfondo richiama i colori della sabbia e del mare del nostro territorio. Sullo stesso tipo di sfondo viene realizzato anche il grande mosaico della facciata.
Al centro sta in trono la Vergine del Rosario, patrona della parrocchia; l’immagine è quella della statua mariana, unica opera scampata ai bombardamenti della seconda Guerra Mondiale, oggi venerata all’interno della chiesa. Ai lati, due personaggi simboleggiano le due anime che caratterizzano la popolazione piombinese, la tradizione siderurgica (un uomo) e la tradizione marittima (una donna). Sopra l’uomo una fornace e davanti ad essa una catena che si spezza: è il segno della salvezza che la presenza di Dio porta anche nelle realtà di sfruttamento e di oppressione. Sopra la donna, una corda con tre nodi rappresenta il simbolo francescano dei tre voti (povertà, castità, obbedienza) a memoria delle radici francescane della parrocchia fondata da P. Giustino.
Nell’interno, riutilizzando i resti della vecchia balaustra abbattuta, si è realizzato sia il nuovo altare, sobrio e lineare per valorizzare il piano della mensa, sia il porta cero che l’ambone; quest’ultimo, dialogando tra pietra e legno, riproduce il segno della croce nel prospetto frontale. L’originale tabernacolo, realizzato dal missionario saveriano padre Antonio Fogliani, evidenzia, attraverso diverse tonalità di cromatura, i segni della spiga e della vite, simboli dell’Eucaristia».
I Portali d’ingresso
«L’ultima opera realizzata sono i portali in vetro delle due entrate poste a fianco della facciata. Le vetrate rappresentano dei giunchi incurvati che attraversano tutto lo spazio dei portali, sullo sfondo azzurro che richiama il motivo già presente nei mosaici. Nel progettarle mi sono riferito al passo del libro di Isaia: “non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta” (Is 42,3)».
PADRE COSTANTINO RUGGERI
Padre Costantino Ruggeri, nato ad Adro (Brescia) nel 1925, compie gli studi classici nei conventi francescani di Saiano e di Sabbioncello. Poi passa a quelli teologici nel convento di Busto Arsizio, ove realizza un ciclo di affreschi. Alla pittura dedica la sua giovinezza, sotto la guida di Mario Sironi, che ne riconosce il talento. Nel 1951, terminati gli studi di teologia, è ordinato sacerdote nel duomo di Milano dal cardinal Schuster. Dello stesso anno è la sua prima mostra di pittura alla galleria «S. Fedele» di Milano.
Nel convento di S. Antonio in Milano inizia a svolgere il suo ministero sacerdotale e si dedica alla pittura. Nel 1954 riceve il 1° premio di pittura «S. Fedele» ed il 3° premio «Marzotto». Si accosta alla scultura alla fine degli anni ’50 . Dal 1958 al 1962 frequenta L’accademia di Brera conseguendo il diploma di scultura. Incontra artisti e architetti come Fontana, Dova, Capogrossi, Crippa, Le Corbusier, Alvar Aalto.
Nel 1959 stabilisce il suo studio d’arte nel convento di Canepanova in Pavia. Qui prosegue nell’attività di pittore e scultore con la realizzazione di ceramiche per dedicarsi successivamente allo studio dello spazio sacro. Degli anni ’60 sono le esperienze di vetrate con cristalli colorati di Murano incastonati in pannelli di cemento. Dal 1966 inizia la serie di vetrate artistiche in vetro antico soffiato legate in piombo.
Chiese e vetrate
Nel 1974 progetta la nuova cappella della chiesa dell’Immacolata di Piombino. Nel 1977 lavora alla chiesa di S. Maria della Gioia a Varese, successivamente alle chiese del Tabernacolo e della Madonna della Provvidenza a Genova, di S. Paolo a Rho, di S. Spirito a Pavia, di S. Bernardo a Roma e a tre chiese nel Burundi. Nel 1986 è incaricato dei lavori alla cappella feriale nel duomo di Milano.
Milano, chiesa di S. Dionigi. Fonte battesimale progettato da P. Costantino Ruggeri…
… che nella vasca intorno al fonte battesimale ha messo veri pesci, simboli viventi del Cristo
Nel 1987 riceve la commissione della costruzione del nuovo santuario della Madonna del Divino Amore a Roma, consacrato il 4 luglio del 1999 da Giovanni Paolo II. Nel 1993, in Giappone, progetta per la città di Yamaguchi il nuovo santuario di San Francesco Saverio, che viene inaugurato il 29 aprile 1998. Alla fine del 2006 è consacrata a Betlemme la nuova cappella della Theotokos, Madre di Dio, accanto al santuario della Grotta del Latte di cui viene eseguito il restauro.
Il 24 giugno 2007, ad Adro, suo paese di origine, si inaugura l’ultima sua opera scultorea raffigurante «il volto della Franciacorta», la sua terra. Il giorno seguente, il 25 giugno 2007, padre Costantino si spegne all’ospedale di Merate, nei pressi del convento di Sabbioncello.
La parrocchia del Cotone
Padre Giustino aveva voluto bella e decorosa la chiesa, perché non solo i corpi hanno esigenze di nutrimento, anche le anime hanno fame di bellezza. Di tutto quello che aveva fatto, i bombardamenti del 1944 non avevano lasciato niente in piedi, niente intatto: solo la statua della Madonna del Rosario, ancora oggi a fianco dell’altar maggiore. Una statua di gusto, di delicata avvenenza.
La chiesa del Cotone è stata ricostruita, con criteri del tutto diversi ma luminosa e accogliente. Dopo la morte del francescano padre Tarcisio Gallorini, la parrocchia è stata affidata a sacerdoti diocesani, finché non è venuta la volta, nel 1986, di padre Carlo Uccelli, missionario saveriano, dopo la permanenza di dieci anni nello Zaire.
In Africa aveva fatto esperienza di lavoro pastorale con laici (consacrate, giovani, coppie, famiglie). In una pubblicazione che lo ricorda (Padre Carlo Uccelli missionario saveriano, La Bancarella 2022), il biografo scrive:
«Egli si prende cura della parrocchia del Cotone, alla periferia di Piombino, quartiere a ridosso delle acciaierie dove nessuno dei preti diocesani voleva stabilirsi per il grande inquinamento e per la partecipazione ecclesiale quasi nulla: su tremila abitanti frequentavano la chiesa solo sette persone e tutte anziane. Carlo spiega che la sua intenzione però non era quella di fare il parroco tradizionale, ma di dar vita ad un ambiente formativo per laici che avevano scelto di donare alcuni anni della loro vita per la Missio ad Gentes. Per questo, la parrocchia doveva diventare una parrocchia missionaria, secondo l’esempio esperimentato già nello Zaire» (pag. 21).
Padre Carlo condivide la sua azione pastorale con una missionaria laica, Emma Gremmo.
«All’inizio, quando Carlo ed Emma sono arrivati, quella del Cotone era una parrocchia di periferia della città, cresciuta intorno al polo delle acciaierie di Piombino. Il 98% era di Rifondazione Comunista. Carlo ed Emma hanno iniziato visitando casa per casa e portando uno stile missionario nella gestione della parrocchia. Pian piano nella parrocchia sono nati dei “piccoli gruppi di Vangelo”, che si riunivano settimanalmente e si ritrovavano nell’eucaristia domenicale come “famiglia di famiglie”…».
Ma a questo punto la storia si fa cronaca, e il mio compito per ora è finito.