Lettura continua della Bibbia. La mormorazione

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Il capitolo 11 di Numeri appare speculare a Esodo 16, dove si verificano episodi analoghi di mormorazione, caduta della manna e passaggio delle quaglie, ed Esodo 18, con l’istituzione dei Giudici. Il tema fondamentale è quello della fiducia nel Dio dell’alleanza, il Dio fedele, che ha già dato tante prove di sé a questo popolo mormoratore…. Il primo episodio narrato, infatti, è quello di una distruttiva mormorazione. Distruttiva come un fuoco che arde e consuma.

Tave‘rah: l’incendio

11 1 «Ora il popolo cominciò a lamentarsi aspramente agli orecchi del Signore. Li udì il Signore e la sua ira si accese: il fuoco del Signore divampò in mezzo a loro e divorò un’estremità dell’accampamento. 2Il popolo gridò a Mosè; Mosè pregò il Signore e il fuoco si spense. 3Quel luogo fu chiamato Taberà, perché il fuoco del Signore era divampato fra loro».

Tave‘rah significa Incendio: nome adatto per ricordare come l’incendio della mormorazione divampata fra il popolo abbia causato un vero incendio altrettanto distruttivo, ma fisicamente.

Tave‘rah: la mormorazione

La mormorazione è uno “sport” molto praticato dall’antico Israele e, in genere, dall’umanità. Stare a lamentarsi invece di attivarsi per risolvere il problema è molto più comodo, non so se gratificante; ed è quel che si dice, come vedremo, aspettare la manna dal cielo.

Il cammino nel deserto è appena iniziato, ma già stanca; eppure, senza stanchezza non c’è cammino, e senza cammino non c’è raggiungimento della meta. Senza cammino faticoso si rimane in un mondo di sogni, dove si vorrebbe l’intervento del Genio della lampada per risolvere tutti i problemi nostri ed altrui.

Dio fa una promessa, promette un traguardo, ma spetta all’uomo camminare per raggiungerlo. Invece, Israele riprende subito le sue lamentele, lamentele aspre. Si era abituato alla tranquillità del Sinai, alla stasi, ma adesso gli tocca rimettersi in movimento. Come si disse dell’Italia, che era fatta, ma occorreva fare gli italiani, così avviene anche per il popolo dell’Alleanza: il popolo è stato istituito, adesso deve divenire popolo in cammino verso la meta comune.

L’ira di Dio

Ma Israele non ci sta; ha ancora tanto bisogno di essere formato, anche duramente, con i metodi pedagogici di una volta, non con il lassismo di oggi… ed ecco che divampa l’ira del Signore, come volto del suo amore misericordioso che vuole il bene dell’altro, anche a costo di farlo soffrire e – se così si può dire – di soffrire con lui, per lui.

Il fuoco divampa nell’accampamento e ne divora un’estremità. Ma l’ira di Dio non è, come quella dell’uomo, una reazione cieca, rabbiosa, incontrollata, finalizzata al male. L’ira di Dio invece è, come dice Abramo Heschel, un volto del suo amore: sempre in vista del pentimento, non è il contrario dell’amore, ma è il contrario dell’indifferenza. Il Dio biblico, infatti, non è il Dio apatico e impersonale dei filosofi, ma è il Dio del Pathos, che ama l’uomo in modo appassionato e perciò si adira se l’uomo va incontro al suo stesso male: ma si adira perché la sua ira cessi e l’amore trionfi. Un approfondimento QUI.

L’intercessione

La sofferenza, scrisse C.S. Lewis, è il megafono con cui Dio sveglia un mondo sordo (vedere QUI). Può essere discutibile questa sua teoria, ed egli, anni dopo, sperimentò sulla propria pelle come non sempre reggesse alla prova dei fatti. Ma nella Bibbia spesso funziona: il popolo, nelle strette della sofferenza, prova che cosa significhi allontanarsi da Dio e prega di poter tornare da lui. In questo caso, grida la sua sofferenza verso Mosè, che è il suo intercessore. Mosè prega il Signore e il fuoco si spegne. Ritorneremo sul valore di questa intercessione, che rende Mosè prefigurazione del Cristo, unico Mediatore fra Dio e gli uomini. Nella sua maniera imperfetta, Mosè è stato strumento di comunione tra Dio e il suo popolo. In ogni caso, l’ira finisce sempre con il ritorno del popolo all’obbedienza al suo Signore.