Testo di Maria Dell’Amico
Maggio è mese mariano per antonomasia, e a Piombino la chiesina della Madonna di Cittadella riprende vita. La cappella è un piccolo gioiello di architettura quattrocentesca e la terracotta invetriata che custodisce è attribuibile a Benedetto Buglioni; ma fino a tempi recentissimi il santuario è stato anche al centro di una devozione particolare. Quali ne sono le origini?
Fra cronaca e leggenda
Così narra la pia leggenda: «[…] squillò nella notte la campanella della Porta a Mare, il soldato di guardia sobbalzò nel sonno, il pesante portone cigolò sui vecchi cardini, ma non c’era fuori che lo sciacquio del mare e lampi di stelle… Dopo qualche tempo la campanella ruppe di nuovo il silenzio e la guardia […] vide, presso la riva, una barchetta abbandonata con la piccola statua della Madonna».
La storia della Madonna di Cittadella accompagna le vicende dei piombinesi dal XV secolo in poi; un misto fra cronaca e leggenda, che investe sempre tutta la popolazione di Piombino. La Madonnina di Cittadella è piombinese, è «terreno neutro» di incontro dei fedeli, senza distinzioni di sorta, nemmeno di appartenenza parrocchiale. È così universale questa devozione per lei da essere la Madonnina anche protettrice delle Acciaierie; come infatti nella tradizionale preghiera a lei dedicata si ricorda, insieme alla protezione sui naviganti e le campagne. Don Pini con profetica sapienza ripeteva che le sorti di Piombino si sarebbero risollevate se i piombinesi avessero ricominciato a pregare la Madonna di Cittadella come i loro antenati usavano fare.
La storia
Se ne accorse già Iacopo III Appiani che fece costruire il complesso di Cittadella con i suoi palazzi e il pozzo (che ancora oggi conserva le effigi, scalpellinate poi dal duca Valentino nel 1502) di Iacopo, della moglie Battistina e del figlio Iacopo; e che volle che un’immagine della Madonna, dalla sua originale dimora nella pieve di san Lorenzo ormai in rovina, fosse collocata nella Cappella di corte, «per potere più da vicino cogliere il frutto di tanto tesoro» (Cesaretti, Storia del Principato di Piombino). Ancora la leggenda accompagna la storia, dicendo che la Madonnina vi si trovasse già miracolosamente, senza che alcuno ve la portasse.
L’opera di Andrea Guardi
Nata come cappella gentilizia dei signori di Piombino, la chiesina di Cittadella ebbe come ideatore Andrea Guardi.
Andrea Guardi, scultore, si era formato nella bottega fiorentina dei Rossellino e di Michelozzo Michelozzi. Fu attivo, oltre che a Napoli, in molte città della Toscana, come Pisa e Piombino.
A Piombino, oltre che al complesso di Cittadella, lavorò nella chiesa agostiniana di S. Antimo, per la quale eseguì opere pregevoli: il chiostro, le acquasantiere, i monumenti sepolcrali degli Appiani.
Andrea Guardi edificò la chiesetta di Cittadella fra il 1463 e il 1465, creando una facciata di marmo tripartita da quattro paraste con capitello, sormontate da una trabeazione. Nella parte superiore della facciata, un timpano accoglie un rosone, e a coronamento del tutto, un fregio a gattoni.
L’intradosso dell’arco che ospita il portale è decorato di frutta, foglie, uccelli che escono da vasi a candelabre e si chiudono al di sopra della lunetta raffigurante la Madonna col Bambino fra due angeli. Cesare Borgia, quando, agli inizi del Cinquecento, occupò Piombino, ordinò che fosse scalpellinata l’iscrizione sovrastante, che portava il nome del committente Jacopo III Appiani.
L’interno, a una sola navata, aveva secondo il progetto originario due plutei marmorei recanti gli stemmi degli Appiani. I plutei dividevano l’aula in due parti, come è uso nelle architetture di questo tipo. L’altare concepito dal Guardi fu sostituito da quello collocatovi nel 1812, che alterò l’originale spazio longitudinale della navata, comprendente un’abside con monofora, adesso murata.
La Madonna di Cittadella. L’immagine sacra
Non sappiamo quando la bella ceramica invetriata cinquecentesca, probabile opera di Benedetto Buglioni, abbia sostituito l’immagine originaria. Fin dal suo misterioso ingresso nella città, la Madonna di Cittadella assisté Piombino in momenti felici e in altri tristi; come in occasione di epidemie o pestilenze, quando se ne invocava l’aiuto materno che non tardava mai ad arrivare.
«A te che nei secoli con alma pietà sei forza e presidio di questa città» canta l’Inno di Cittadella. Nei secoli la Madonnina aiutò Piombino anche in caso di guerra, come quando sotto il governo dei Ludovisi su Piombino gravò la minaccia francese. Le navi del re Luigi XIII, di ritorno da una mancata spedizione contro Gaeta nel XVII secolo, avrebbero voluto assalire la cittadina; «ma dovettero ritirarsi senza effettuare cosa alcuna avendo trovato fortificati i luoghi sul mare» (Cappelletti, Storia della Città e Stato di Piombino). La leggenda aggiunge che, dalle loro navi, i francesi videro sulle mura di Cittadella le bocche di un gran numero di cannoni; temendo una disfatta, proseguirono il ritorno in patria. Piombino non aveva tali misure difensive a quel tempo, ma la loro miracolosa e minacciosa apparizione ottenuta da parte della Madonnina ebbe esito.
I piombinesi continuarono a ricambiare l’affetto per la loro Madre. Un esempio si ebbe quando il Consiglio degli anziani volle che in occasione della fusione della campana per la Porta Nuova vi fossero presenti le immagini della Madonnina di Cittadella e di Santa Anastasia. Volontà ripetuta anche nella seconda fusione di una nuova campana nel XVII secolo.
Nell’Ottocento
Giunto poi il governo dei Baciocchi, la cappella da castellana divenne imperiale. Fu in questo periodo (1812) che venne collocato il nuovo altare. Prelevato da una chiesa di Lucca, attraversando il mare con «fiero libeccio», il materiale giunse frammentato in alcune parti, tanto da dover essere restaurato in loco (si notano infatti ancora oggi le integrazioni sul marmo). Con la partenza della sorella di Napoleone da Piombino, la Restaurazione ricollocò al centro dell’altare l’immagine della Madonnina che i Baciocchi avevano rimosso.
Nel 1822, quando fu sequestrato ogni arredo del «cessato governo francese», benché la chiesina restasse ad uso della devozione dei soldati stanziatisi nel palazzo di fianco ad essa, il relatore del documento riguardante il sequestro dei beni diceva: «conoscendo la devozione di questo popolo verso la Madonna di Cittadella che è protettrice di questa città, procurai di farlo di notte, per timore che non dovesse nascere qualche inconveniente, […] perché l’opporsi ad una devozione generale ed ispogliare un santuario gradito da un popolo è cosa sempre pericolosa».
I piombinesi nei secoli continuarono a mostrare una ferrea resistenza ad ogni ingerenza fra loro e la devozione alla Madonnina. Quando poi il governo tentò di alienare a privati la Cittadella, subito tutta Piombino si oppose, ricordando che fin dai tempi degli Appiani, benché la cappella fosse di palazzo, i signori avevano sempre lasciato libero ingresso al popolo. Con l’annessione della Toscana al Regno d’Italia si temette che la Madonnina fosse incamerata e fu costituita una guardia d’onore dai cittadini per non farla trafugare.
Il Novecento
Arrivando alla storia recente, durante la grande Guerra i piombinesi impetrarono la protezione da parte dell’immagine di Cittadella con questo canto: «O conforto dei nostri avi / vivo fonte di pietà / odi i cantici soavi / della cara tua città». Proprio nel 1915 Il «Giornale d’Italia» del 7 aprile racconta in un articolo del ritrovamento dell’immagine, che era stata trafugata e della quale i piombinesi non avevano più notizie. Per 20mila lire un mercante, tale Morgantini, nei pressi di Sarteano voleva vendere la terracotta trafugata ad un facoltoso milionario acquirente che però si rivelò parte della squadra di Pubblica Sicurezza che gli aveva teso un tranello per arrestarlo e riportare a Piombino la refurtiva. La Madonnina fu riportata solennemente in Cittadella solo nel 1926, con una processione guidata dal vescovo mons. Giovanni Piccioni.
Durante il secondo conflitto mondiale, le Cronache del convento dell’Immacolata raccontano che durante i bombardamenti del 1943 «il padre Raffaello Di Natale, coi dovuti permessi, ha preso l’iniziativa di fornire tutti i rifugi comunali della città e i rifugi interni ed esterni agli Altiforni e della Magona, di crocifissi e di immagini della Madonna di Cittadella». Sempre le Cronache del tempo di guerra dicono della recita del rosario: «Il mese di maggio viene celebrato qui alle ore 17 e a Cittadella alle ore 20. Nella nostra chiesa non molta gente, specie verso la fine! In Cittadella molta affluenza sino alla fine».
La devozione cittadina
La chiesina di Cittadella ha avuto molte vite, molte vesti: cappella principesca, imperiale, regia, ma sempre è rimasta la casa dei piombinesi, un santuario cittadino verso il quale si racconta che «nonne e bisnonne la sera dopo l’imbrunire montavano a piedi scalzi la salita che conduce alla cappella per la richiesta di una grazia o lo scioglimento di un voto» (Niccolini, La Madonnina di Cittadella nella storia e nella leggenda); santuario di Piombino, al quale chiedere e ottenere grazie e donare ex voto, ora non più presenti, ma che fino alla loro rimozione nel 2006 erano ancora disposti – significativamente – in due nicchie chiuse da grate ai lati dell’altare.
«Per circostanze estranee alla buona volontà dei fedeli, di tanto in tanto ci sono stati dei periodi in cui la piccola cappella è rimasta chiusa, quasi trascurata. Ma sempre c’è stato poi chi ha risalito la strada e con zelo che viene da un’ansia di bene, ha rimesso in sesto le mura e le suppellettili per rendere sempre più bella la casa della Madonnina» (Niccolini, La Madonnina di Cittadella nella storia e nella leggenda).