Nel capitolo 34 Geremia narra un grave episodio che tocca in profondità la vita del suo popolo, perché riguarda la salvezza e la liberazione di uomini e donne che si trovavano in stato di schiavitù.
La liberazione degli schiavi: il testo
34 8Questa parola fu rivolta a Geremia dal Signore, dopo che il re Sedecìa ebbe concluso un’alleanza con tutto il popolo che si trovava a Gerusalemme, di proclamare la libertà degli schiavi, 9rimandando liberi ognuno il suo schiavo ebreo e la sua schiava ebrea, così che nessuno costringesse più alla schiavitù un Giudeo suo fratello.
10Tutti i capi e tutto il popolo, che avevano aderito all’alleanza, acconsentirono a rimandare liberi ognuno il proprio schiavo e ognuno la propria schiava, così da non costringerli più alla schiavitù: acconsentirono dunque e li rimandarono effettivamente; 11ma dopo si pentirono e ripresero gli schiavi e le schiave che avevano rimandati liberi e li ridussero di nuovo schiavi e schiave.
La legge del Signore
12Allora questa parola del Signore fu rivolta a Geremia:
13«Così dice il Signore, Dio di Israele: Io ho concluso un’alleanza con i vostri padri, quando li ho fatti uscire dal paese d’Egitto, da una condizione servile, dicendo: 14Al compiersi di sette anni rimanderà ognuno il suo fratello ebreo che si sarà venduto a te; egli ti servirà sei anni, quindi lo rimanderai libero disimpegnato da te; ma i vostri padri non mi ascoltarono e non prestarono orecchio.
Il rimprovero
15Ora voi oggi vi eravate ravveduti e avevate fatto ciò che è retto ai miei occhi, proclamando ciascuno la libertà del suo fratello; voi avevate concluso un patto davanti a me, nel tempio in cui è invocato il mio nome. 16Ma poi, avete mutato di nuovo parere e profanando il mio nome avete ripreso ognuno gli schiavi e le schiave, che avevate rimandati liberi secondo il loro desiderio, e li avete costretti a essere ancora vostri schiavi e vostre schiave.
Il giudizio
17Perciò dice il Signore: Voi non avete dato ascolto al mio ordine che ognuno proclamasse la libertà del proprio fratello e del proprio prossimo: ora, ecco, io affiderò la vostra liberazione – parola del Signore – alla spada, alla peste e alla fame e vi farò oggetto di terrore per tutti i regni della terra. 18Gli uomini che hanno trasgredito la mia alleanza, perché non hanno eseguito i termini dell’alleanza che avevano conclusa in mia presenza, io li renderò come il vitello che spaccarono in due passando fra le sue metà.
19I capi di Giuda, i capi di Gerusalemme, gli eunuchi, i sacerdoti e tutto il popolo del paese, che passarono attraverso le due metà del vitello, 20li darò in mano ai loro nemici e a coloro che attentano alla loro vita; i loro cadaveri saranno pasto agli uccelli dell’aria e alle bestie selvatiche. 21Darò Sedecìa re di Giuda e i suoi capi in mano ai loro nemici, in mano a coloro che attentano alla loro vita e in mano all’esercito del re di Babilonia, che ora si è allontanato da voi. 22Ecco, io darò un ordine – dice il Signore – e li farò tornare verso questa città, la assedieranno, la prenderanno e la daranno alle fiamme e le città di Giuda le renderò desolate, senza abitanti».
La liberazione degli schiavi secondo la Legge
Poteva accadere che un ebreo divenisse schiavo di un altro ebreo, sostanzialmente vendendo la propria libertà per pagare i propri debiti. In tal caso, la legge imponeva che la schiavitù durasse sei anni; al settimo, lo schiavo doveva essere messo in libertà (Esodo 21).
La liberazione degli schiavi era memoria della grande liberazione dalla schiavitù dall’Egitto: Dio è un liberatore, non vuole uomini schiavi ma liberi.
Nel passato, come ricorda Geremia, «i vostri Padri non mi ascoltarono e non prestarono orecchio» (34,14). Si disattendeva la Legge di modo che molti si trovavano in una prolungata e iniqua condizione di schiavitù.
Dapprima il popolo obbedisce al comando di liberare gli schiavi, ma poco dopo i proprietari «tornarono a prendere gli schiavi e le schiave che avevano messo in libertà e li ridussero di nuovo ad essere schiavi e schiave» (34,11).
È un pentimento al contrario, una conversione dal bene al male. Non sappiamo perché: forse momentaneamente la situazione sembrò migliorata e il popolo, rinfrancato, si rimangiò le sue buone intenzioni. Il pentimento di aver trattenuto ingiustamente i fratelli in schiavitù si rivelò superficiale ed effimero, fatto di buoni propositi che non prendono corpo… tanto più che si trattava di propositi collettivi, che forse non avevano toccato minimamente la coscienza individuale.
Questo episodio, che tocca profondamente lo status di Israele come popolo di uomini liberati e liberatori (come Dio ha fatto a te, tu devi farlo agli altri), è portato dal profeta come esempio della corruzione morale da cui il popolo era affetto.