Lettura continua della Bibbia. La giovenca rossa (Numeri 19)

La giovenca rossa
By Andrew Milligan sumo – Marc Chagall, I and the Village, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=105384385

La giovenca rossa occupa un posto particolare nella legislazione dei sacrifici. Perché? Un animale, oltre tutto, femmina, mentre solo gli animali maschi erano considerati sacrificabili…

Una necessità di purificazione

Ricordiamo, prima di tutto, che la nozione di puro e impuro, nella legislazione mosaica, non è di tipo morale, ma rituale. Puro e impuro non significa buono e cattivo, ma idoneo e inidoneo al culto.

Molte sono, per la Legge di Mosè, le cause di impurità rituale, ma la maggiore è la morte. ciò si può capire, perché Dio è il Signore della vita, e la morte allontana da Lui: questo, nella visione più arcaica dell’Antico Testamento, perché solo a partire dal II secolo a.C. Israele ha compreso che la morte non può separare da Dio, anzi avvicina al mondo celeste. Ma noi siamo ancora in un periodo storico in cui questo non è chiaro: siamo nel VI secolo a.C. quando queste leggi vengono messe per scritto. Inoltre, Israele aveva bisogno di tenersi lontano dal culto dei morti, facendogli comprendere che la santità risiede nella vita.

La giovenca rossa: il rito

Dopo il contatto con la sfera della morte, si richiedeva un rito di purificazione. La persona che si fosse resa impura doveva essere cosparsa di una miscela liquida contenente le ceneri di una giovenca rossa, insieme a cedro ed ezov , piante alcaline che, una volta bruciate, funzionano come ingredienti chiave in un detersivo. Ma il rito di purificazione, complessivamente, durava sette giorni.

Solo dopo essere stata aspersa due volte con questa soluzione – il terzo e il settimo giorno dopo la contaminazione – la persona poteva fare il bagno ed essere dichiarata ritualmente pura (v. 19).

Non si tratta di un rito magico, ma di una ritualità che ha un valore simbolico. Rabbi Yochanan b. Zakkai diceva ai suoi studenti: 

«Giuro sulla vostra vita che non è il morto che rende impuro, non è l’acqua che purifica, ma il Santo Benedetto Egli sia che ha detto: una norma ho sancito, un decreto ho stabilito, non ti è permesso trasgredire il mio decreto» (Midrash  Bemidar Rabbà 19, 8).

Diversi dettagli nel passo descrivente il rito della Giovenca Rossa, tuttavia, suggeriscono anche una spiegazione pratica: questo simbolico rituale di purificazione poteva essere stato costruito su una procedura di purificazione fisica utilizzando un’antica formula per produrre il sapone.

La produzione del sapone

Gli ingredienti principali per la fabbricazione del sapone sono un grasso o un olio, vegetale o animale, e un composto alcalino, ottenuto bruciando piante contenenti sodio e potassio e mescolando le ceneri con acqua. La cenere contiene calce (carbonato di calcio), carbonato di sodio (carbonato di sodio e/o bicarbonato di sodio), potassa (carbonato di potassio) e vari altri minerali. Il carbonato di sodio e la potassa si dissolvono nell’acqua, formando una soluzione alcalina e separandosi dalla calce meno solubile. In condizioni adeguate, il calore e la calce convertono il carbonato di sodio e la potassa nei corrispondenti ossidi e idrossidi, creando una vera liscivia. Ricordiamo che le nostre nonne e bisnonne facevano il bucato con la cenere!

La soluzione può essere utilizzata come detergente. Combinata con grasso o olio, produrrà un sapone grezzo, il tipo di sapone probabilmente utilizzato nell’antichità.

Testimonianze antiche

Come recita una tavoletta sumera descrivendo i passaggi della purificazione (lavaggio in acqua, purificazione con soda e unzione con olio):

«Con l’acqua mi sono lavato. Con la soda mi sono purificato. Con la soda di una bacinella lucente mi sono purificato. Con l’olio puro della conca mi sono abbellito».

Il papiro medico egiziano Ebers (ca. 1534 a.C.) fornisce ricette per la produzione di saponi o unguenti a base di alcali bolliti insieme a grassi e oli. Nella Bibbia, neter e borit sono entrambi menzionati come detergenti (potassa, carbonato di sodio e altri Sali):

«Anche se ti lavi con natron (neter) e usi molta lisciva (borit) , la tua colpa è radicata davanti a Me – oracolo del Signore» (Ger 2,22).

Tuttavia, la maggior parte delle ricette antiche di sapone arrivate fino a noi sono incomplete e poco chiare, ed  alcune sono piuttosto incantesimi che invocano le proprietà detergenti dei materiali utilizzati nella produzione del sapone, e non vere e proprie formule per produrlo. Inoltre, potrebbero mancarvi la descrizione di procedure o ingredienti necessari o, al contrario, essere inclusi dettagli irrilevanti.  Non tutti gli ingredienti presenti in questi testi possono essere oggi identificati.

La giovenca rossa e gli altri elementi del rito

Bruciare la giovenca rossa non contribuisce chimicamente alla produzione del sapone, che le ceneri non avrebbero né aiutato né ostacolato. Invece, le grandi quantità di legno o piante necessarie come combustibile avrebbero prodotto una soluzione alcalina utile a scopi di pulizia. Si parla di ʾerez,  ʾezov  e  sheni tola ꜥat: legno di cedro o ginepro, che nella Biblioteca di Assurbanipal (VII secolo a.C.) troviamo come componente del sapone; issopo (oppure origano, canna o sorgo); un colorante cremisi in forma di polvere.

I diversi ingredienti rossi (lo sheni tola ꜥat , la mucca rossa e il suo sangue), nessuno dei quali chimicamente necessario per produrre il sapone, avevano probabilmente un significato simbolico, che si trova in  Isaia 1,18:  «“Venite, troviamo un’intesa”, dice il Signore. “Anche se i vostri peccati fossero come cremisi (shenim), diventeranno bianchi come la neve; anche se fossero rossi come un verme (tola ꜥat, il mollusco che produce la porpora), diventeranno (bianchi come) la lana”».

Tuttavia, i grassi fusi e mescolati con le ceneri della pira sacrificale e con acqua, il risultato sarebbe il sapone. Questa, dunque, sarebbe stata l’origine del rito della Giovenca Rossa: per purificarsi dalle impurità della morte non serve solo l’acqua, occorre il sapone.

Il simbolismo del rituale

Si dice che Salomone, il più saggio degli uomini, sia riuscito a trovare una motivazione per tutti i comandamenti ma non per i riti della Giovenca Rossa (Midrash Rabbah, Hukkat, 19,3):

«Salomone ha detto: “Ho capito tutte queste cose, ma della sezione sulla mucca rossa che ho ricercato, interrogato e pungolato, ho detto: ‘Diventerò saggio’, ma è lontano da me'”».

Un alchimista potrebbe trasformare in puro ciò che è impuro? Impossibile ad ogni uomo. Ma Dio lo può.

Il midrash ricorda che da realtà impure può nascere il bene:

«Come Abramo da (suo padre idolatra) Terah, (il re pio) Ezechia (dal re pagano) Achaz, (l’eroe) Mardocheo da (il suo antenato) Scimei (un avversario di Davide), Israele dalle nazioni (pagane), il mondo che verrà da questo mondo. Chi potrebbe farlo, chi potrebbe comandarlo, chi potrebbe decretarlo? Non è l’Uno, non è l’Uno unico al mondo?!».

I rabbini distinguono tra una “sentenza” (mishpat), una legge per la quale si può trovare una ragione, e un’“ordinanza”   (hok), per la quale non esiste una ragione nota. Secondo i rabbini, il rito della giovenca rossa, che purifica i contaminati ma contamina i puri che lo hanno celebrato, è il classico esempio  di un’ordinanza di cui non si comprenda il senso. Può, però, avere un senso simbolico.

La giovenca

La giovenca, in ebraico parah, porta un nome che significa fertilità: il verbo parah, infatti, vuol dire essere fecondo, produrre frutto. È quindi la giovenca, e non il maschio, il toro, a dare, in questo caso, l’idea della vita.

Il colore rosso

Il colore della giovenca ricorda il sangue. E il colore rosso del sangue (il verbo ’adam significa «essere rosso») ricorda lo stesso ’adam, l’essere umano, color della terra di cui è impastato, del sangue che gli scorre nelle vene. La giovenca, che è rossa, viene bruciata interamente, ma il sacerdote aggiunge alle fiamme il cedro, il cui legno ha un colore rossiccio, un pezzo di lana color rosso e l’issopo. Il legno di cedro e la lana sono rossi, color del sangue. Pertanto, le ceneri della giovenca rossa potrebbero essere viste come un modo per rimuovere l’impurità contrastandola con il sangue, che rappresenta la vita.

L’issopo

L’issopo, secondo alcuni interpreti, fu aggiunto per fornire una maggiore quantità di cenere (Tosefta  Parah 4:10). Però, tutti gli stessi elementi, acqua, sangue, legno di cedro, lana tinta di rosso e issopo, vengono usati nei riti di purificazione del lebbroso (Lev 14,5-6), benché nessuno di questi venga bruciato in quel rito per ottenere la cenere. L’issopo, più che essere produttore di una grande quantità di cenere, fa parte del rito quale simbolo di vita.

Cresce infatti nelle condizioni più inospitali per la vegetazione, spesso da affioramenti rocciosi naturali, mostrando di prosperare dove poco o nessun altro poteva. Già nell’antichità questa pianta era conosciuta come facilitante la respirazione e la circolazione e come antisettico. Pertanto, concorre con gli altri simboli di vita a rimuovere sia l’impurità della morte che l’impurità della lebbra (vista come una forma di morte come indicato da Num 12,12 riguardo alla lebbra di Miriam).

La giovenca rossa oggi…

Parliamo di Gesù di Nazareth come Agnello di Dio; ma in un certo senso, anche la giovenca rossa (l’unico animale femminile che fosse sacrificabile nella ritualità dell’Antico Testamento) lo prefigura. Ce lo dice la Lettera agli Ebrei (9,13-14):

«Infatti, se il sangue dei tori e dei capri e la cenere di una giovenca aspersi sopra i contaminati li santifica, purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo, che mediante lo Spirito eterno offerse se stesso puro di ogni colpa a Dio, purificherà la vostra coscienza dalle opere morte per servire il Dio vivente!».

Si dice che in Israele, dai tempi di Mosè alla distruzione del tempio nel 70 d.C., siano state sacrificate solo nove giovenche. Dalla distruzione del tempio, il sacrificio non è più possibile, finché non verrà il Messia. Ebbene, la decima giovenca è salva… perché Lui l’ha sostituita, come ha sostituito l’Agnello pasquale…