Lettura continua della Bibbia. La figura di Mosè nelle diverse tradizioni

La figura di Mosè
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La figura di Mosè viene presentata con accenti molto diversi nelle varie tradizioni, costituite da quattro fonti principali.

Fonte Jahvista

Mosè è un pastore carismatico, strumento del Signore (Es 3,7 ss. 16-20; 4,1-9; 7,16 ss.; 8,16; 9,13). Il Signore opera i miracoli da solo, senza la collaborazione di Mosè (Es 7,1-7,25; 8,9.17; 9,6.16.33; 10,13; 14,21b; 16,13 ss.).

La figura di Mosè a confronto: Fonte Elohista

Mosè è profeta e taumaturgo, interviene attivamente nella storia per incarico divino (Es 3,10-12). Opera, soprattutto, mediante il suo bastone. Si veda la differenza con la fonte Jahvista:

Il Mosè jahvista (Es 10,13b-14)Il Mosè elohista (Es 10,12-13a.14a
13b Il Signore diresse un vento dell’est sul paese
tutto quel giorno e tutta la notte.
Venne il mattino,
e il vento dell’est aveva portato le cavallette.
14 Le cavallette salirono su tutto il paese d’Egitto
e si posarono su tutto il territorio d’Egitto in gran quantità,
così che prima non c’erano state tante cavallette, come dopo non ci saranno più.
12 Il Signore disse a Mosè:
«Stendi la tua mano sul paese d’Egitto per le cavallette:
salgano sul paese d’Egitto
e mangino ogni erba della terra,
tutto quello che ha lasciato la grandine».
13a Mosè stese il suo bastone sul paese d’Egitto…
14a Le cavallette salirono su tutto il paese d’Egitto.  

Fonte sacerdotale

Il ritratto sacerdotale di Mosè è ancora diverso: Mosè è il solitario con cui il Signore parla faccia a faccia (Es 24,15b-18; 34,29 ss.). Non è Mosè, ma Aronne – il futuro sommo sacerdote – a scatenare le piaghe d’Egitto.

Fonte deuteronomista

Mosè è il mediatore, il portavoce e il profeta del Signore (Dt 5,20-26; 9,9.18 ss.; 18,8). È il grande propiziatore del suo popolo (Dt 9,18 ss. 25 ss.). Soffre ed espia al suo posto come Servo del Signore (Dt 3,24; 34,5).

Il Deuteronomio e la presenza di Dio

Secondo il materiale presentato dalla corrente sacerdotale, il Divino è costantemente presente in mezzo al popolo d’Israele. A questo serve il sistema sacrificale; nella tradizione Jahvista poi, di carattere spiccatamente antropomorfo, Dio è rappresentato molto vicino all’uomo. Per il Deuteronomista, invece, Dio non è nel mondo ma in cielo, e solo il nome di Dio è sulla terra (Deut 12). Il luogo in cui deve svolgersi il culto è chiamato il luogo che Dio ha scelto per farvi risiedere con il suo Nome (Deut 12,5.12).  

Mentre le correnti Jahvista e Sacerdotale, ognuna a suo modo, potevano rappresentarsi la presenza fisica di Dio nel mondo, quella Deuteronomista (sulle orme della Elohista) è molto attenta a trattare Dio come trascendente, menzionando solo il Nome di Dio, e non una Sua presenza nel luogo scelto per il suo santuario. La stessa frase “Dio parlò a Mosè dicendo”, così frequente in altre fonti bibliche, è praticamente assente nel Deuteronomio.

Non è perciò un caso che nel Deuteronomio i giudici debbano essere principalmente “saggi”, in un modo che è possibile all’uomo grazie al suo impegno e non è soltanto un dono trascendente di Dio: tutto sommato, una visione religiosa molto umana, che fa a meno della presenza immediata di Dio. Con questo non si intende un mondo in cui non esiste Dio, ma un mondo in cui la realizzazione della volontà di Dio è nelle mani dell’uomo. Un mondo biblico in cui, come nel nostro mondo, Dio rimane dietro le quinte…