
Nell’anno 50 nella Chiesa cristiana esplode un caso: la pretesa dei giudaizzanti di imporre ai pagani l’osservanza della Legge di Mosè per poter accedere al battesimo. Questa pretesa ha un fondamento di carattere storico, perché in effetti la storia della salvezza è passata da Israele prima di aprirsi ad abbracciare il mondo pagano.
La fede in Cristo unica salvezza
Ma secondo S. Paolo questo passaggio, ripetuto nella vita del credente, vanificherebbe la salvezza in Cristo: se Cristo è l’unico Mediatore fra Dio e l’uomo e l’unico Salvatore, e l’unico necessario alla salvezza, non è ammissibile richiedere la circoncisione come condizione obbligatoria per il battesimo: ciò significherebbe che non è solo Cristo a salvare, è anche la Legge.
La controversia si risolve d’autorità con la decisione degli apostoli e degli anziani riuniti a Gerusalemme, comunicata per lettera ai fedeli:
«Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi, di non imporvi altro peso se non queste cose necessarie…» (At 15,28).
La legge della carità
La decisione consiste nel non imporre ai pagani che si propongono per il battesimo l’osservanza della Legge di Mosè né tanto meno la circoncisione, ma di chieder loro di rispettare la sensibilità dei giudeo-cristiani evitando di mangiare carne contenente sangue, di consumare carne immolata agli idoli e di contrarre tipi di unione proibiti ai giudei. La legge suprema, dunque, è quella della carità, il rispetto dell’altro.
Stili pastorali differenziati
La medesima decisione è importante perché con essa si riconosce la necessità di uno stile di evangelizzazione e di vita differenziato per i provenienti dal paganesimo, in pratica un abbandono formale del giudaismo nelle sue categorie legalistiche aliene dalla mentalità greco-romana. Il problema è affrontato da S. Paolo nella lettere ai Galati e ai Romani.
Pur nella medesima fede, le Chiese paoline prendono altre strade rispetto alle Chiese giudeo-cristiane, anche se poi in realtà continueranno per qualche tempo ad essere turbate dalle idee propagate da emissari giudaizzanti, anche con la proposta di osservanza rituale di determinati giorni, di astensione da certi cibi e di pratica del culto degli angeli.
Un altro problema che si manifesta, questa volta a Corinto, è la tendenza dei fedeli a darsi dei leaders umani da seguire, costruendo su di loro una sorta di culto della personalità:
«Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: “Io sono di Paolo”,”Io invece sono di Apollo», «”E io di Cefa”», «”E io di Cristo”»! (1 Corinzi 1,12)
La quarta affermazione, «E io di Cristo», è quella di S. Paolo che protesta come l’unico capo della comunità debba essere il Cristo Gesù e nessun altro. La personalità del ministro o pastore deve sparire di fronte a Lui…