La fantascienza in C.S. Lewis. Ma che cosa è la Fantascienza? Ha rilevanza per C.S. Lewis?
Che cosa è Fantascienza
Tolkien è il signore indiscusso del Fantasy. Ma in epoca moderna, prima del Fantasy, si è affermato il genere letterario della fantascienza; ed in questo campo C.S. Lewis, con la sua Trilogia interplanetaria, può essere considerato addirittura un precursore.
Per fantascienza intendiamo una forma di letteratura, e questo la distingue dalla ufologia, o parapsicologia, o archeologia spaziale; inoltre non è futurologia o semplice formulazione di ipotesi sul futuro dell’umanità. È un ramo della vastissima letteratura fantastica che comprende anche l’Utopia, il Fantasy, l’Heroic Fantasy, il Gothic, l’Horror ed altri sottogeneri… Sottogeneri che hanno in comune il fatto di non descrivere la realtà qual è o almeno come l’autore la percepisce, ma di modificarla in qualche modo, e questo li distingue da un generico romanzo o dal semplice thriller.
All’interno di questo vasto campo della letteratura dell’Immaginario, la fantascienza si definisce come un genere letterario che utilizza ipotesi possibili, nel presente o nel futuro, sulla base della tecnologia contemporanea.
È quindi diversa, per il contenuto, dalla fiaba e dal surreale. A differenza del Fantasy, cerca sempre di fornire una spiegazione razionale delle situazioni, anche se non sempre è determinata dall’esattezza scientifica (Lewis, altrimenti, ne sarebbe totalmente fuori, ed anche un classico della fantascienza come Ray Bradbury vi starebbe di stretta misura), ma parte – o pretende di partire – dalla premessa di una ipotesi scientifica.
La preistoria della fantascienza
Citiamo appena le fantasie del poema di Gilgamesh, il mito platonico di Atlantide, la Vera Historia e l’Icaromenippo di Luciano di Samosata (ca 165); brani di Iliade, Odissea, Eneide, Eliodoro, Apuleio, Aristofane e Tucidide.
Ci limitiamo a menzionare l’Utopia di Tommaso Moro (1516), la Nuova Atlantide di Francesco Bacone (1624), il viaggio sulla Luna di Cyrano (Histoires Comiques di Savinien Cyrano de Bergerac, 1657), i Viaggi di Gulliver di J. Swift (1726); due romanzi di Restif de la Bretonne sulla sopravvivenza delle civiltà passate (1781 e 1789) e persino, sorpresa! un ponderoso quanto poco noto Jcosameron in 5 volumi del nostro Giacomo Casanova (Praga 1788).
Più vicini a noi Frankenstein di Mary Shelley (1817), le opere di E.A. Poe, nel 1886 Lo strano caso del dottor Jekyll e di mister Hyde di R.L. Stevenson; nel 1887 Les Xipéhuz di J.H. Rosny aîné, che descrive per la prima volta l’incontro tra un uomo e una razza minerale intelligente; infine alcuni romanzi di Jack London.
Quello che manca a queste prime opere è la connotazione tecnologica: non vi può essere fantascienza finché non vi sia scienza, e scienza applicata.
I fondatori
I fondatori della moderna fantascienza, i due capisaldi, si possono considerare Jules Verne e H.G. Wells: il primo prevalentemente per l’aspetto tecnologico; il secondo per quello sociale.
A questi sono da aggiungere nel 1888 Edward Bellamy per l’utopia sociale di Looking Backward; dal 1912 il padre di Tarzan, E.R. Burroughs, per i suoi romanzi ambientati su Marte e Venere (a partire da Under the Moons of Mars, avventura interplanetaria di cappa e spada), e nello stesso anno sir Arthur Conan Doyle, inventore di Sherlock Holmes ma anche autore del Mondo Perduto.
I generi fantastici poi proliferano: nel 1917 Lovecraft dà inizio al mondo visionario del mito di Chtulhu con il racconto Dagon; nel 1920 Murray Leinster pubblica un classico, The Mad Planet, seguito nel 1921 da Nightmare Planet, in cui l’uomo deve affrontare razze di insetti giganti; nel 1932 esce il primo racconto che ha per protagonista Conan il barbaro di schwarzeneggeriana memoria, The Poenix on the Sword, per la penna di R.E. Howard.
La data di nascita ufficiale della fantascienza si fa però risalire all’aprile 1926, negli Stati Uniti d’America, con la pubblicazione del primo numero della prima rivista fantascientifica, «Amazing Stories», ad opera di Hugo Gernsback che acutamente definì il genere come «un affascinante romance inframezzato da realtà scientifiche e visioni profetiche».
Dobbiamo precisare che in inglese il romance è il racconto che tratta di persone e di eventi immaginari, mentre novel è il romanzo che rappresenta la vita reale, esattamente il contrario che in italiano.
Il contributo di C.S. Lewis
In questo alveo si inserisce a buon diritto l’opera fantascientifica di C.S. Lewis, la sua Trilogia interplanetaria (Lontano dal Pianeta silenzioso; Perelandra; Questa orribile forza), con toni però di totale originalità. Anch’egli, insieme ad altri buoni scrittori (contemporaneamente a Lewis iniziano a scrivere C.D. Simak, R.A. Heinlein, Isaac Asimov), ha contribuito a sganciare la fantascienza dalla tendenza pulp di produzione popolare di basso livello che si era affermata sulle riviste americane, sul genere della Space Opera, conferendole dignità letteraria.
Il 24 novembre 1955 Lewis tenne a Cambridge un discorso Sulla fantascienza in cui analizzava tale genere letterario suddividendolo in quattro sottogruppi.
La satira fantascientifica
Il primo è quello di minor valore, che si limita a trasferire in un futuro immaginario una qualche storia, ad opera di autori che si avvalgono della popolarità della fantascienza per vendere i loro prodotti, anche se spesso fanno trasparire intenzioni satiriche nei confronti della società contemporanea, o profetiche riguardo alle tendenze del presente (es. Il Mondo Nuovo di Huxley e 1984 di Orwell).
La fantascienza degli ingegneri
Il secondo sottogruppo, che secondo Lewis può dar luogo a storie davvero buone ma che è del tutto fuori sintonia rispetto a lui, è costituito dalle narrazioni degli «ingegneri», di carattere tecnologico, sul tipo di 20.000 leghe sotto i mari di Verne o Preludio allo spazio di Clarke. Anticipo una curiosità: in questo suo romanzo, Clarke cita esplicitamente, come personaggio esistente anche se marginale, C.S. Lewis e le sue idee sui voli spaziali.
Una sottospecie di questo gruppo è secondo Lewis la letteratura degli «speculativi», che immagina condizioni di cui l’umanità non ha fatto esperienza (Ulisse nell’Ade, Dante al centro della Terra, I primi uomini sulla Luna di Wells).
Fantastoria
Un discorso più ampio merita il sottogruppo escatologico che immagina un futuro in funzione di speculazioni sul destino ultimo dell’uomo, come La macchina del tempo dello stesso Wells, Gli ultimi e i primi di Olaf Stapledon, La fine dell’infanzia di Clarke: insomma, la fantastoria. Così le considera Lewis:
«È temperante e catartico ricordare, di tanto in tanto, la nostra collettiva piccolezza, la nostra apparente solitudine e l’apparente indifferenza della natura, i lenti percorsi biologici, geologici e astronomici che potranno, a lungo andare, rendere molte delle nostre speranze (e se possibile alcune delle nostre paure) cose ridicole» (Sulla fantascienza, Discorso tenuto a Cambridge il 24 novembre 1955, in Come un fulmine a ciel sereno, Marietti, Milano 2005, pp. 203 s.).
I regimi e le mentalità autoritarie sono invece molto diffidenti nei confronti di una fantasia che può dire il vero e l’accusano di evasione, come nota Lewis in una lettera ad Arthur C. Clarke:
«Ecco perché persone simili hanno sempre pronta l’accusa di “evasione”. Non l’avevo mai pienamente compreso finché il mio amico il professor Tolkien non mi fece la semplice domanda: “Che tipo di uomini ti aspetteresti più preoccupati e più ostili all’idea di un’evasione?” e diede poi l’ovvia risposta: i carcerieri» (Lettera a Clarke, ivi, pp. 204 s.).
La mitopoiesi
Infine, il gruppo che Lewis sente a sé consono, e che include parti dell’Odissea e del Kalevala, La regina delle fate di Spenser, Phantastes e Lilith di MacDonald, Il serpente Ouroboros di Eddison e lo stesso Signore degli Anelli, è quello che rappresenta semplicemente un impulso immaginativo che ci fa trovare dall’inizio alla fine in un altro mondo, offrendo al lettore in questo nuovo scenario sensazioni mai provate prima e allargando il nostro concetto del raggio delle esperienze possibili: è la letteratura che corrisponde alla mitopoiesi.
Questi nuovi mondi, un tempo, quando il mondo reale era poco noto, erano molto vicini a casa, a qualche giorno di navigazione per Omero, a un’ora di cammino nel bosco per i fratelli Grimm; mentre dall’epoca delle grandi scoperte geografiche ci si sposta in mari remoti, nelle Americhe, nell’Africa inesplorata, in Tibet, nelle profondità della terra; per poi spingersi sempre più lontano nel futuro remoto o negli spazi siderali, «là dove nessun uomo è mai giunto prima», come recita la frase di apertura della serie TV classica di Star Trek….
La fantateologia di Lewis
In Lewis, l’utilizzazione delle idee scientifiche è solo uno strumento per condurre i lettori in un mondo in cui provino meraviglia e choc emotivo, mentre il romanziere farà leva sull’immaginario puro, su temi metapsichici e addirittura teologici.
La Trilogia di Lewis, dunque, si configura come mitopoiesi, e più precisamente si situa nel campo della fantascienza religiosa o vera e propria fantateologia, costituendo una pietra miliare nello sviluppo del genere letterario, sia per la qualità poetica degli scritti che per l’elevatezza dei contenuti, anche se il giudizio sul valore artistico dei tre romanzi può variare a seconda del punto di vista del lettore.
Non è una novità assoluta: alcuni testi letterari si possono considerare anche opere di fantasia religiosa, la stessa Commedia di Dante, l’Utopia di T. Moro, il Paradise Lost di Milton. Ma posso anche anticipare che il primo romanzo della Trilogia, Lontano dal Pianeta silenzioso, pubblicato nel 1938, fu il primo libro che Borges, ormai incapace di leggere, ascoltò dalla lettura della madre, riuscì a gustarlo come se lo avesse letto da sé, e lo recensì (tra l’altro, favorevolmente); mentre Questa orribile forza piacque, dichiaratamente, a Orwell…
Per un articolo introduttivo sulla teologia fantastica di C.S. Lewis, QUI.