Lettura continua della Bibbia. Luca: La donna curva e la liberazione dal peccato (13,10.35)

La donna curva
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Ancora una volta è una donna, la donna curva da 18 anni, protagonista di un gesto di misericordia, al tempo stesso anche un gesto simbolico, di Gesù. La donna curva rappresenta, infatti, tutta l’umanità, curva sul proprio peccato.

La donna curva

Questa è infatti l’opera della misericordia divina: l’essere umano, tutto curvo su se stesso, per 18 anni, cioè per tre volte imperfetto (sei è il numero antitetico al sette) e tre volte segnato dal numero della Bestia (Ap 13,18), chinato verso il basso, di sabato, nel sabato di Dio, viene sciolto dal suo carcere; perciò riprende la propria stazione eretta, la sua dignità originaria di immagine di Dio (13,10-17).

L’urgenza della salvezza

Il sabato allora, nell’opera salvifica del Redentore, non è più il giorno dell’inattività, ma il giorno della libertà, il giorno del Regno. L’urgenza della salvezza non tollera indugi ed è più grande del sabato. Se è cosa buona, anzi doverosa, slegare gli animali di sabato per soddisfare le loro necessità, tanto più è doveroso slegare un essere umano dalla schiavitù del maligno – e quale giorno migliore del giorno del Signore per compiere l’opera della liberazione e far avanzare il Regno di Dio?

La piccolezza del Regno e la porta stretta

È un piccolo seme, il Regno di Dio, o un pizzico di lievito che cresce e fa crescere (13,18-21). È una realtà dinamica che è dentro di noi se l’accogliamo; è una porta stretta da cui entrare, perché non basta banchettare con l’eucaristia e sentire materialmente la Parola del Signore presumendo delle nostre forze; sono i lontani che verranno in umiltà ad aver parte del Regno (13,22-30).

Non ha senso chiedersi quanti si salveranno, l’importante è impegnarsi per essere salvi. Agonizesthe, “sforzatevi”, rende bene l’idea della lotta necessaria: la porta della salvezza è stretta, e ad un certo punto si chiuderà… e resteranno chiusi fuori gli operatori di iniquità, che hanno scelto il proprio Ego e non gli altri, se stessi e non Dio.

Gesù ha davanti a sé esempi di questa chiusura; in modo diverso, i discepoli che non lo seguono sulla via della croce, Erode, Gerusalemme (13,31-35). Di fronte alla pusillanimità di Erode, che manda avanti i farisei per cercare di liberarsi del personaggio scomodo che è Gesù, si staglia maggiormente la grandezza di Gesù che non si ritira davanti al pericolo, ma procede nel tempo stabilito verso Gerusalemme. Tre sono i giorni della missione, il terzo è quello del compimento; Gerusalemme è la grande città che uccide i profeti e lapida gli inviati di Dio. Nell’Antico Testamento l’ombra protettiva delle ali è simbolo dell’amore divino; qui Gesù si avvale dell’immagine della chioccia che protegge i pulcini per esprimere il volto della misericordia di Dio, un’immagine insuperabile di tenerezza e di cura materna. Rifiutato, Gesù non rifiuta: tornerà per compiervi la sua Pasqua, con l’ingresso solenne in Gerusalemme.