Lettura continua della Bibbia. Atti: La diaconia (6,1-7)

La diaconia
La consacrazione dei diaconi (1883). Foto di Wolfgang Sauber – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=57829828

Quella che ormai si chiama Chiesa sta crescendo a Gerusalemme e nei dintorni. Questo primo sviluppo è l’oggetto della narrazione dei primi 5 capitoli. Nei capitoli 6-12 leggeremo dello sviluppo che si verificherà da Gerusalemme ad Antiochia e delle prime missioni. Nel capitolo 6 troviamo l’istituzione della diaconia (servizio) e l’inizio della storia del primo martire Stefano (6,8-8,1a).

Due gruppi linguistici

«In quei giorni, mentre aumentava il numero dei discepoli, sorse un malcontento fra gli ellenisti verso gli Ebrei, perché venivano trascurate le loro vedove nella distribuzione quotidiana».

La prospettiva della Chiesa in questo momento è quella di una crescita vertiginosa, ma non senza problemi. Infatti, oltre agli ebrei di Gerusalemme e della Palestina, che parlavano aramaico e leggevano l’ebraico, ci sono ebrei ellenisti che parlano greco e che non hanno la stessa organizzazione capillare per l’assistenza ai poveri. Questi ebrei ellenisti, che sono gli ebrei della diaspora che quando potevano salivano a Gerusalemme per le grandi feste, talvolta nella vecchiaia decidevano di rimanervi, per trascorrere nella Città Santa gli ultimi anni della loro vita.

Proprio perché abitualmente i giudei ellenisti vivono lontano dalla Terra Santa, non sono in grado di osservare una gran parte dei precetti della legge. Per questo motivo tendono a vivere maggiormente la legge in una dimensione interiore, nella apertura del cuore.

La decisione

Comunque sia, le loro vedove sono trascurate: problemi di organizzazione che creano malcontento. A causa di questa disparità che crea tensione, i Dodici giungono alla decisione di distinguere due diverse componenti della stessa comunità:

«I Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per la diaconia delle mense. Cercate dunque, fratelli, tra di voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di saggezza, ai quali affideremo quest’incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e alla diaconia della parola. Piacque questa proposta a tutto il gruppo ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timòne, Parmenàs e Nicola, un proselito di Antiochia».

Sono sette nomi tutti greci, compreso il settimo che è un proselito di Antiochia, cioè un pagano convertito al giudaismo. Significano, nell’ordine: Corona, Amico dei cavalli, Pronto, Vincitore, Onorevole, Persistente, Vittoria del popolo. Tutto un programma, a partire da Stefano che riceverà presto la corona del martirio.

«Li presentarono quindi agli apostoli i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani. Intanto la parola di Dio si diffondeva e si moltiplicava grandemente il numero dei discepoli a Gerusalemme; anche un gran numero di sacerdoti aderiva alla fede».

La diaconia

La decisione di scegliere dei collaboratori non è nuova nella Scrittura: per primo era stato Mosè ad associare gli anziani al proprio ministero (Es 18,13-27; Dt 1,9-18). Un popolo in crescita presenta tanti problemi che devono essere affrontati, e questo è per i capi un compito di servizio. Si inizia a formare nella Chiesa una gerarchia, ma in senso comunionale. I Dodici ed i diaconi si dedicheranno tutti alla diaconia, ma in modo differenziato: i Dodici alla diaconia della Parola e alla preghiera, i sette diaconi alla diaconia delle mense.

Anzi, non leggiamo qui il sostantivo diaconi, ma il verbo diakonéo, servire, e il sostantivo diakonia, cioè servizio. C’è un unico servizio di pastore nella Chiesa, svolto in modo diversificato secondo i diversi carismi nei differenti ministeri: ma la matrice è unica e sola, il munus di Cristo servo, nel servizio di carità e nel servizio della Parola. La comunità è tutta attiva, non vi sono membri passivi: tutti i discepoli presentano ai Dodici uomini ricchi di buona reputazione e di sapienza, che ricevono tramite l’imposizione delle mani la consacrazione al proprio ministero.