Lettura continua della Bibbia. Il discorso ecclesiale (Matteo cap. 18)

Codice Cristoforo de Predis, 1476. Fonte immagine: https://www.avvenire.it/agora/pagine/vita-di-ges-la-ricerca-continua

Il quarto discorso di Gesù in Matteo è definito “ecclesiale” perché orientato a definire il tipo di rapporto su cui si basa la comunità dei discepoli di Gesù: la cura dei piccoli, la correzione e il perdono fraterno.

Indirizzato soprattutto ai pastori, vincola tutti i membri della comunità. Al centro dell’attenzione comunitaria devono stare i piccoli (mikròi), menzionati finora solo in Mt 10,42 dove vengono identificati con i discepoli sic et simpliciter: piccoli e deboli di fronte al mondo, preziosi agli occhi di Dio.

Il discorso, come quello della missione, si divide in due parti, ognuna delle quali conclusa da una parabola:

  1. La cura dei piccoli (18,1-14)
  2. La correzione fraterna e il perdono (18,15-35).

Parte prima: la cura dei piccoli (18,1-14)

Diventare come i bambini (18,1-5)

Gesù e il bambino. Di Carl Heinrich Bloch – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=23691390

Nelle loro umanissime ambizioni, i discepoli vogliono sapere chi sia il più grande nel Regno dei cieli: non hanno ancora capito niente! La gara non dovrebbe essere a chi sia il più grande, ma a chi sia il più piccolo, anche se si tratta di grandezza spirituale. Ebbene, la maggiore grandezza spirituale è la minorità.

Gesù compie un gesto parabolico, profetico: fa mettere in mezzo ai discepoli un bambino piccolo (paidion); il più grande è chi si fa come lui. La sua è una grande provocazione, perché nella società civile il bambino è un minorenne, ma nella religione ebraica il bambino non ha un ruolo neppure nel culto, finché non compie 13 anni. I discepoli devono prenderlo a modello, cioè imparare a non contare niente.

Notare: non è detto che gli adulti debbano tornare bambini (sarebbe solo uno sciocco regresso cronologico, un rimbambimento), devono invece diventare bambini, in un modo in cui non sono mai stati, cioè non puerili o inesperti o ignoranti, ma umili, consapevoli di non doversi imporre né di gloriarsi di fronte agli altri. Chi accoglie un bambino nel nome di Gesù accoglie lui stesso: è con i piccoli di questo mondo che il Signore si identifica.