Il quadro della creazione dapprima assai schematico cambia un poco quando sta per entrare in scena l’Adam. Cambia, prima di tutto, il tono: con l’uso dei plurali (facciamo – nostra immagine – nostra somiglianza) assume accenti più solenni ma al tempo stesso anche di relazionalità, di comunionalità. Dio parla al plurale (Gn 1,26) perché si accinge ad un atto più solenne: la creazione dell’uomo.
Dio parla al plurale
Perché il verbo al plurale? Infatti ʼElohîm, pur avendo forma grammaticalmente plurale, regge normalmente il verbo al singolare, esprimendo la singolarità e l’Unicità divina.
Le spiegazioni che ne sono state date sono di diverso tipo, prescindendo da quella trinitaria affermata dai Padre della Chiesa (Dio parla al plurale perché è Uno ma Trino), del tutto anacronistica rispetto alla gradualità della Rivelazione biblica. Vediamo, invece, che cosa ci sia di condivisibile nelle interpretazioni rabbiniche:
Midrash degli angeli
- Midrash degli angeli. Dio ha già creato gli esseri celesti, e si consulta con loro, a sottolineare l’importanza di ciò che sta per fare ed a mostrare l’importanza dell’umiltà, per il superiore, di chiedere consiglio e approvazione ai sudditi. Sentite l’acutezza dell’analisi che ne fa lo studioso medievale Rashi:
«Anche se gli angeli non assistettero Dio nella formazione dell’uomo, e sebbene questa espressione possa fornire ai minim [“quelli di un’altra specie, cioè gli eretici, in pratica i cristiani] un sostegno per le loro opinioni, la Scrittura non ha voluto astenersi dall’insegnare la giusta condotta e la virtù dell’umiltà: il maggiore dovrebbe consultare e ricevere il permesso dal minore. Infatti se fosse stato scritto: “Farò l’uomo” non avremmo imparato che Dio aveva parlato con il suo Consiglio, ma solo con se stesso. E a confutazione dei minim sta scritto subito dopo: Dio creò l’uomo, e non “crearono”» (Rashi, Commento alla Genesi, p. 12).
Particolarmente significativo il midrash in cui l’Angelo della Giustizia si oppone alla creazione deel’uomo, perché farà cose empie, mentre l’Angelo della Misericordia incita Dio: “Crealo, perché compirà opere di misericordia”. E mentre i due angeli discutono accanitamente, il Santo, Benedetto Egli sia, dice: “Perché continuate a discutere? L’ho già creato”.
Il Dio del dialogo
- Secondo altra interpretazione, Dio rivolge la domanda al proprio Architetto o Consigliere, che può essere la Sapienza o la Torah.
- Dio parla al plurale perché si sta rivolgendo alle opere della creazione: al cielo e alla terra (R. Jehoshua), oppure alle opere di ciascun giorno (R. Shemuel) [Ber. Rabbah 8,3].
- Dio si rivolge all’adam per realizzare con esso il suo progetto, invitandolo a divenire ciò che è. Si tratta, infatti, della creazione della vita cosciente, dotata di facoltà di scelta, che deve collaborare alla realizzazione del progetto che la riguarda. Ciò non avrebbe senso nel caso della semplice vita animale, in cui sono presenti intelligenza e volontà, ma non capacità di scelta etica, cioè di scegliere ciò che è male. Solo l’uomo può farlo.
Interpretazioni grammaticali
- Interpretazione puramente grammaticale: si tratta di un plurale maiestatis.
- Interpretazione psicologica: Dio rivolge una domanda al proprio cuore, mediante una consultazione con se stesso (Ber. Rabbah 8,3; R. Ammi). È quello che si chiama plurale deliberativo. È nell’esperienza di tutti che quando ci si accinge a fare qualcosa, anche se siamo soli, col pensiero ci si esprima al plurale, quasi ci si sdoppiasse per pensare meglio (Via, andiamo; Su, proviamo…).
In ogni caso, il cambiamento di tono vuole attirare una particolare attenzione sul significato di quest’ultima opera di creazione, quella che dà il senso finale a tutte le altre. L’adam, infatti, è ad immagine e somiglianza di Dio, uno specchio di Dio, fatto secondo un rapporto di somiglianza con Lui.
Chi è l’ ’adam?
Aquesto punto, chi è l’’adam in questo contesto? In italiano, come in altre lingue moderne, un unico vocabolo (uomo) designa sia l’essere umano in generale (l’umanità) sia l’individuo maschio dell’umanità stessa.
In ebraico, ’adam designa l’umanità, mentre ’ish indica il maschio della specie umana (’ishah è la donna), così come in greco, rispettivamente, anthropos e aner (gen. andros), e in latino homo e vir.
In italiano, la parola è unica ed è ambigua, perché indica sia l’umanità, l’essere umano in generale, sia l’individuo maschio della specie umana. Perciò sarebbe da evitare nella traduzione: dovrebbe essere resa con il nome collettivo umanità, per non indurre in inganno.
’Adam, di per sé, non è un nome proprio di persona; e non significa neppure uomo maschio. Evitiamo di immaginare che Dio abbia creato un pezzo unico di sesso maschile, e poi da quell’esemplare si sia riprodotto il genere umano. Il testo biblico non vuol dire questo, se non come spiegazione midrashica.
Il nome ’adam non ha plurale, è un singolare collettivo e designa gli uomini, la specie umana, l’uomo in genere, l’umanità. Dei 510 casi in cui ricorre nella Bibbia, solo in pochissimi indica un solo essere umano, un individuo: certamente ciò avviene in Genesi 4,25 e 5,3 in cui il nome non ha l’articolo e diviene il nome proprio del progenitore.
Chi è l’adam? Etimologia
L’etimologia del nome ’adam è controversa. Giuseppe Flavio propone come origine una radice ebraica che significa essere rosso, accostamento giustificato dal colore rossiccio della terra o della pelle di Adamo.
Altri collegano il termine ’adam con il sumerico Ada–mu = Padre mio, da intendersi nel senso di un antenato comune; o con il fenicio adam = servo o vassallo (della divinità).
È probabile invece che il termine derivi semplicemente da ’adamah = terra (come homo da humus), con il significato di fatto di terra, terrestre: l’accostamento verbale è giustificato dal legame strettissimo che unisce il corpo umano alla terra (cfr. poi in Genesi 2).
Tutti siamo ’adam
Quindi, ciò di cui stiamo parlando è l’umanità, la natura umana, tutti noi, e non un primo uomo o un singolo uomo. Tutti siamo ’adam.
Non siamo di fronte al progetto di creazione di un singolo, e neanche l’insieme dei maschi della specie umana, ma di una specie nella sua interezza: Dio manifesta il suo progetto di creare una umanità (il vocabolo nel testo non ha l’articolo, quindi è indefinito). E questa umanità, dice Dio, è creata a sua immagine e a sua somiglianza.