Lettura continua della Bibbia. Michea: la consapevolezza profetica

Catalogo generaledei Beni Culturali, Busto del profeta Michea (Predella, ca 1490 – 1494), di Ambrogio Da Fossano Detto Bergognone (1451-1456/ 1525). Fonte immagine: https://catalogo.beniculturali.it/detail/HistoricOrArtisticProperty/0300097716

La consapevolezza profetica è tipica di tutti i profeti, che senza questa non sarebbero in grado di presentare il loro messaggio come proveniente da signore. I profeti si pongono spesso davanti al re e al popolo come portatori di una denuncia del loro comportamento corrotto. I contenuti della denuncia di Michea sono di due ordini:

  1. L’infedeltà religiosa di Israele e di Giuda. La dilagante idolatria è la colpa fondamentale di Samaria, in cui si praticava un vero e proprio culto idolatrico con statue di divinità cananee e donazioni ai templi dovute alla pratica della prostituzione sacra (cfr. 1,7: «Tutte le sue statue saranno infrante, tutti i suoi guadagni distrutti dal fuoco; tutti i suoi idoli io li ridurrò a nulla; perché guadagnati con il guadagno da prostituta, ritorneranno guadagno da prostituta!»). Nei confronti di Gerusalemme, invece l’accusa è di eclettismo (fusione del culto di JHWH con pratiche pagane come l’erezione di pali sacri e l’offerta dei primogeniti) e di fiducia negli appoggi umani (carri, cavalli, fortificazioni, divinazione).
  2. L’ingiustizia sociale, soprattutto nei confronti di Gerusalemme. I ricchi insaziabili spogliano i poveri dei loro umili beni, divorano il popolo. Persino sacerdoti e profeti insegnano e profetizzano per denaro, distorcendo la giustizia a favore del più forte.

 Michea ha dunque ripreso motivi comuni ai due profeti che lo hanno preceduto, Amos ed Osea. Come Osea, egli denuncia il peccato di apostasia di Samaria, persino con gli stessi termini e le stesse immagini, e quello di Giuda. Come Amos, egli è particolarmente sensibile ai peccati di ingiustizia sociale. Vediamo, invece, alcuni aspetti tipici della predicazione di Michea.

La consapevolezza profetica di Michea

Un tratto originale di Michea è l’insistenza sulle frodi dei profeti e la sua consapevolezza di essere profeta. Anche i suoi predecessori si sono opposti a re e sacerdoti:

  • Samuele e Natan ai peccati dei re Saul e Davide;
  • Elia al peccato di Acab ed ai 450 sacerdoti di Baal;
  • Amos al clero di Betel, tanto che era stato scacciato dal sacerdote Amasia.

Michea si confronta particolarmente con i profeti. In 2,11 descrive argutamente il profeta che risulta gradito ai potenti ed al popolo:

«Se ci fosse un ispirato

  che proferisse la menzogna:

  “Ti profetizzo in virtù del vino  e della birra!”,

  egli sarebbe il profeta di questo popolo».

Anche Isaia 30,10 s. nota questa tendenza:

«Essi dicono ai veggenti: “Non abbiate visioni”,

e ai profeti: Non profetateci il vero;

diteci cose piacevoli, profetateci cose fallaci, 

ritraetevi dal sentiero,

stornatevi dal cammino,

fate sparire davanti a noi il Santo d’Israele”» .

Sono graditi al popolo, invece, i profeti che esercitano la professione a fine di lucro, dice Michea:

«Se han qualcosa da mettere tra i loro denti

essi proclamano la pace.

Ma a chi non mette loro niente in bocca

essi dichiarano la guerra!» (3,5).

Per essi sarà notte fonda:

«Perciò c’è notte per voi: niente visione;

per voi le tenebre: niente divinazione;

il sole tramonta per i profeti

e il giorno si oscura su di loro» (3,6).

Contro di essi Michea afferma la sua autentica missione profetica, la sua investitura divina, la dignità che ne deriva:

«Io invece sono ripieno di forza,

dello spirito del Signore, di giustizia e coraggio

per annunziare a Giacobbe il suo delitto,

a Israele il suo peccato!» (3,8).

Pur non presentando dunque Michea un racconto di vocazione, questa sua affermazione è di una ricchezza incredibile. Esprime nettamente tre cose:

  1. La consapevolezza di essere un profeta. Non usa il termine navî’ parlando di se stesso, perché questo termine è già squalificato dal genere di persona che se ne fregia. Ne rivendica, però, l’identità, in contrapposizione (we’ûlām = invece) con i profeti che abusano del loro ufficio.
  2. I carismi di cui è dotato: forza (koach), giustizia (mishpāt ) e coraggio (ghebhûrâ). Con lo spirito di JHWH” appare come una glossa che rompe l’equilibrio della frase. Forza e coraggio gli sono dati per superare le ostilità e gli scoraggiamenti. La giustizia qualifica l’autenticità dell’opera di Michea in quanto svolta a favore degli oppressi, i cui difensori avrebbero dovuto essere i capi di Israele.
  3. La missione di rivelare (far conoscere) le colpe del popolo. È una missione ingrata, ma è l’unica sua gloria.