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La compassione di David è una caratteristica forte del personaggio. Vediamola in azione,
Il primo libro di Samuele si era aperto con una speranza, quella donata ad Anna ed al suo popolo dalla nascita del profeta Samuele. La speranza si era poi concretizzata nella persona di Saul, cui era stata consegnata la sovranità perché guidasse il suo popolo all’unità e alla pace. Ma Saul si è affidato più al suo cuore che ai progetti divini. Ha vinto qualche battaglia, ma ha perso la guerra e la nazione è disfatta. Che ne è della speranza iniziale, dello spiraglio di luce fatto intravedere da Samuele? David è un fuggiasco. Come si comporterà affrontando la tragedia della morte di Saul e di Gionata, e della sconfitta d’Israele?
Davanti alla tragedia
Gionata è morto in battaglia e Saul vedendosi perduto si è ucciso. Nel primo capitolo del Secondo libro di Samuele si presenta a David un personaggio, uno straniero che dice di aver dato il colpo di grazia a Saul, su sua richiesta. Sia o non sia vero, sicuramente quest’uomo ha sottratto a Saul il diadema e il braccialetto, simboli del potere regale, e li ha portati a David, pensando di favorirlo (1,10) e di ricevere in cambio qualche vantaggio.
Un ragionamento politicamente astuto ma spiritualmente aberrante. Ammesso e non concesso che l’intenzione sia stata buona, la teologia sottostante si rivela cattiva. Il regno di Dio non risponde a manovre politiche o calcoli umani. Al contrario gli abitanti di Iabes, che avevano sepolto il corpo di Saul (2,5), avevano mostrato rispetto per la tragedia umana del re caduto. David, da parte sua, compone un’elegia funebre in cui piange sia l’amico fraterno Gionata che il re.
La compassione
Umanamente e politicamente, la morte di Saul è una buona cosa per David: un nemico di meno, e di che risma! Ma a differenza di Saul, David, con tutti i suoi errori, sa di doversi affidare ai piani di Dio. Piuttosto che esultare, David prova dolore, e si pone domande sbigottite di fronte alla tragedia. «Perché sono caduti i prodi?» (1,1.25.27). La sofferenza è lancinante: perché l’amico Gionata è caduto? Perché l’unto del Signore è morto? Potremmo anche esplicitare: perché Dio permette il male? Il fatto stesso di porsi e porre queste domande è in qualche modo una risposta: al dolore si reagisce con la compassione.
Siate figli della forza
Il testo procede con una parola di speranza. La vicenda è drammatica, ma il Signore si mostra buono e fedele (2 Sm 2,6). Non abbandona la storia dell’uomo a se stessa. In questa circostanza particolare, continuerà a sostenere e guidare il suo popolo mediante un altro re. «Siate uomini forti», dice David per confortare gli abitanti di Iabes (2,7), alla lettera figli della forza. Questa espressione ci rimanda alla scena del Gethsemani in cui, secondo Luca (22,43), venne un angelo a confortare Gesù. Attenzione, avverte C.S. Lewis in uno dei suoi scritti: confortare non significa alleviare il dolore, ma fortificare (rendere forti abbastanza da sostenerlo). La fede non è un anestetico…