La Chiesa ai piedi di tutte le croci

La Chiesa ai piedi della Croce
Il Crocifisso di San Damiano nella chiesa dell’Immacoalta di Piombino

La Chiesa ai piedi della croce: anzi di tutte le croci, delle croci dei singoli e delle croci dei popoli. È questo che ha fatto la comunità dell’Immacolata di Piombino la sera del 12 ottobre con una veglia per la pace: cercare di mettersi ai piedi del Crocifisso, dei crocifissi della vita.

Momenti di lettura e di canto si sono alternati a momenti di silenzio, in cui tacciono le labbra ma parla più facilmente il cuore. Intensa la preghiera per la pace ovunque, e soprattutto, in questo momento, nella terra del Signore.

Ecco alcuni dei testi, su cui meditare.

GERUSALEMME!

Le sue fondamenta sono sui monti santi;

il Signore ama le porte di Sion più di tutte le dimore di Giacobbe.

Di te si dicono cose stupende, città di Dio.

Ricorderò Raab e Babilonia fra quelli che mi conoscono;

ecco, Palestina, Tiro ed Etiopia: tutti là sono nati.

Si dirà di Sion: «L’uno e l’altro è nato in essa

e l’Altissimo la tiene salda».

Il Signore scriverà nel libro dei popoli:

«Là costui è nato».

E danzando canteranno:

«Sono in te tutte le mie sorgenti» (Sal 86).

La Chiesa ai piedi di tutte le croci
Le braccia spalancate della Croce attendono nella chiesa illuminata i fedeli già raccolti in preghiera nel buio del sagrato
La Chiesa ai piedi di tutte le croci
Si entra a chiedere Pace

Chiedere la Pace per Gerusalemme è chiedere la Pace per il mondo intero, perché Gerusalemme è il mondo intero raccolto dentro le mura di una città. «Là tutti sono nati», canta il salmo. L’Islam chiama Gerusalemme «Al Quds» che significa «La Santa». Gerusalemme è il cuore del mondo ed è il cuore di ogni uomo. Ha detto Giovanni Paolo II: «Se la pace si realizza a Gerusalemme sarà testimoniata al mondo intero». Saliamo anche noi a Gerusalemme, invocando da Dio il dono della Pace sulla città santa e sul mondo intero.

La Chiesa ai piedi della Croce
Gerusalemme. Di Berthold Werner -Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6429995

Quale gioia, mi dissero: andremo alla casa del Signore;

ora i piedi, o Gerusalemme, si fermano davanti a te.

Ora Gerusalemme è ricostruita

come città salda, forte e unita.

Salgono insieme le tribù di Jahvè

per lodare il nome del Signore d’Israele.

Là sono posti i seggi della sua giustizia,

i seggi della casa di Davide.

Domandate pace per Gerusalemme,

sia pace a chi ti ama, pace alle tue mura.

Su di te sia pace, chiederò il tuo bene,

per la casa di Dio chiederò la gioia.

Noi siamo il tuo popolo,

egli è il nostro Dio possa rinnovarci la felicità.

Papa Francesco, Invocazione per la Pace, 8 giugno 2014

Giovanni porta davanti al Crocifisso una piantina di olivo come segno di aspirazione alla pace

«Molti, troppi di questi figli sono caduti vittime innocenti della guerra e della violenza, piante strappate nel pieno rigoglio. È nostro dovere far sì che il loro sacrificio non sia vano. La loro memoria infonda in noi il coraggio della pace, la forza di perseverare nel dialogo ad ogni costo, la pazienza di tessere giorno per giorno la trama sempre più robusta di una convivenza rispettosa e pacifica, per la gloria di Dio e il bene di tutti.

Per fare la pace ci vuole coraggio, molto di più che per fare la guerra. Ci vuole coraggio per dire sì all’incontro e no allo scontro; sì al dialogo e no alla violenza; sì al negoziato e no alle ostilità; sì al rispetto dei patti e no alle provocazioni; sì alla sincerità e no alla doppiezza.

Per tutto questo ci vuole coraggio, grande forza d’animo. La storia ci insegna che le nostre forze non bastano. Più di una volta siamo stati vicini alla pace, ma il maligno, con diversi mezzi, è riuscito a impedirla. Per questo siamo qui, perché sappiamo e crediamo che abbiamo bisogno dell’aiuto di Dio.

Non rinunciamo alle nostre responsabilità, ma invochiamo Dio come atto di suprema responsabilità, di fronte alle nostre coscienze e di fronte ai nostri popoli. Abbiamo sentito una chiamata, e dobbiamo rispondere: la chiamata a spezzare la spirale dell’odio e della violenza, a spezzarla con una sola parola: “fratello”. Ma per dire questa parola dobbiamo alzare tutti lo sguardo al Cielo, e riconoscerci figli di un solo Padre.

A Lui, nello Spirito di Gesù Cristo, io mi rivolgo, chiedendo l’intercessione della Vergine Maria, figlia della Terra Santa e Madre nostra. Signore Dio di pace, ascolta la nostra supplica!».

Da una preghiera di don Tonino Bello

La Chiesa ai piedi di tutte le croci

La Chiesa ai piedi della Croce

Spirito Santo donaci parole di speranza, dissipa le nostre paure,

liberaci dalla tristezza di non saperci più indignare

per i soprusi consumati sui poveri.

E preservaci dalla tragedia di dover riconoscere

Che le prime officine della violenza e dell’ingiustizia

sono ospitate nei nostri cuori.

Donaci il gusto di sentirci “estroversi”, rivolti verso il mondo,

che non è una Chiesa mancata, ma l’oggetto di quell’incontenibile amore

per il quale la Chiesa stessa è stata costituita.

Trattieni la Chiesa ai piedi di tutte le croci,

quelle dei singoli e quelle dei popoli.

Ispirale parole e silenzi

perché sappia dare significato al dolore degli uomini.

Mettici le ali ai piedi perché raggiungiamo in fretta la città terrena.

Che tu ami appassionatamente.

Che non è il ripostiglio dei rifiuti, ma il partner con cui dobbiamo “agonizzare”

perché giunga a compimento l’opera della redenzione.

Dal messaggio di Papa Francesco per la 56° giornata mondiale della pace

Una processione di oranti accende il proprio lumino alla lampada dposta ai piedi del Crocifisso

«È insieme, nella fraternità e nella solidarietà, che costruiamo la pace, garantiamo la giustizia, superiamo gli eventi più dolorosi. Solo la pace che nasce dall’amore fraterno e disinteressato può aiutarci a superare le crisi personali, sociali e mondiali. Cosa, dunque, ci è chiesto di fare? Anzitutto, di lasciarci cambiare il cuore dall’emergenza che abbiamo vissuto, di permettere cioè che, attraverso questo momento storico, Dio trasformi i nostri criteri abituali di interpretazione del mondo e della realtà. Non possiamo più pensare solo a preservare lo spazio dei nostri interessi personali o nazionali, ma dobbiamo pensarci alla luce del bene comune, con un senso comunitario, ovvero come un “noi” aperto alla fraternità universale».