Fra i molti oracoli riguardanti interi popoli, eccezionalmente ce n’è uno riguardante un individuo, Sebna’ il ministro del re Ezechia, indegno funzionario sicuro della propria posizione. A parte le considerazioni su una forma di corruzione che può risultare attuale anche per i nostri tempi, l’immagine rimasta viva nel cristianesimo è quella della Chiave di Davide.
Il testo
22,15 Così parla il Signore Dio degli eserciti:
Su, rècati da questo ministro, da Sebna’, il maggiordomo.
16 «Che cosa possiedi qui,
e chi hai qui, che ti tagli qui un sepolcro?».
Si taglia un sepolcro in alto e si scava nella rupe la dimora.
17 Ecco, il Signore con un lancio potente,
ti getta lontano e ti rotola sotto sopra.
18 Ti avvoltola ben bene
e ti getta come una palla sopra un ampio terreno.
Là morirai, e là spariranno i tuoi cocchi gloriosi,
o ignominia del palazzo del tuo signore!
19 Ti caccerò dal tuo posto
e ti strapperò dalla tua posizione.
20 In quel giorno chiamerò il mio servo,
Eliakìm, figlio di Chelkìa.
21 Lo rivestirò con la tua tunica,
lo stringerò con la tua cintura
e rimetterò nelle sue mani la tua autorità.
Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme
e per la casa di Giuda.
22 Gli porrò sull’omero la chiave della casa di Davide,
aprirà e nessuno potrà chiudere;
chiuderà e nessuno potrà aprire.
Sebna’
Questo ministro Sebna’ utilizza la carica pubblica per curare i propri interessi, fonda la propria potenza sui carri e sui cavalli, e cerca una sicurezza anche dopo la morte, scavandosi un sepolcro sontuoso.
Commette quindi due delitti, uno a livello politico, approfittando della sua carica per avere vantaggi personali, l’altro a livello più propriamente religioso:
«Il sepolcro scavato nella roccia richiama un altro celebre sepolcro, quello di Sara (Gen 23) nella roccia di Macpela di fronte a Mamre. Questa tomba fu il segno del possesso della terra ricevuta in dono: ogni pezzo di terra è dono e non illecita usurpazione. “Ogni luogo che calcherà la pianta dei vostri piedi, ve l’ho assegnato, come ho promesso a Mosè… come ho giurato ai padri” (Gios 1,3.6).
La terra è motivo di sicurezza quando proviene da Dio, si trasforma in ignominia quando è frutto del solo calcolo umano o motivo per proclamare diritti inesistenti.
Il sintetico v. 16a sottolinea in uno stile nervoso proprio la mancanza di qualsiasi titolo per impossessarsi del terreno. I tre complementi di termine “per te” (dativo di comodo) e i tre “qui” all’interno di una interrogazione pungente sono un’accusa senza possibilità di difesa: “che cosa per te qui e chi per te qui, perché scavi per te qui un sepolcro?”. Anziché glorioso dopo la morte, Sebna’ si trova privo di casa, di patria, di onore, con il tremendo castigo di morire fuori della terra promessa, in esilio (Ger 20,6)» (B. Marconcini).
Eliakim e la Chiave della Casa di Davide
A questo “arrivato”, radicato nella propria posizione di approfittatore, il profeta contrappone Eliakim, un chiamato, attento ai bisogni degli altri al punto di meritare il titolo di “padre”. La qualifica di servo lo colloca nella linea di Abramo, Mosè, i profeti, ed anticipa passando anche attraverso lui la figura del Servo di JHWH che prenderà risalto nel DeuteroIsaia.
In quanto servo e “padre”, riceve da Dio la sua autorità, ha cura della casa di Davide, ed è insignito della Chiave della casa regale. I suoi familiari, però, indurranno in lui un nepotismo che sarà la sua debolezza, sino al punto di non poter più reggere alle loro ambizioni (cfr. ai vv. 23-25 il simbolo del chiodo cui sono attaccate troppe cose, per cui non regge).
Anche questa figura umana, storica, dunque, risulta, in ultima analisi, deludente. Ma la promessa non mantenuta da Eliakim è mantenuta, nella massima pienezza, nel Cristo:
«il Santo, il Verace,
Colui che ha la chiave di Davide:
quando egli apre nessuno chiude,
e quando chiude nessuno apre» (Ap 3,7).
È Lui la chiave che apre il senso finale della storia e spalanca le porte della morte. In Lui è fondato, così, il potere delle chiavi di San Pietro (Mt 16,19), quale esercizio di autorità che non sia sfruttamento e opportunismo ma servizio della comunità.