La Cena eucaristica è per noi il cuore profetico del racconto della Passione, Morte e Resurrezione del Signore. In essa, infatti, si fondono il passato (l’accadimento storico della Passione e Resurrezione di Gesù), il presente (l’atto liturgico della Cena nel nostro tempo) e il futuro (la Cena delle Nozze dell’Agnello). Si legge l’evento, si rivive nel nostro oggi, si annuncia la celebrazione eterna. Lo dice bene l’acclamazione che segue la consacrazione eucaristica:
Annunciamo la tua morte, Signore,
proclamiamo la tua Resurrezione,
nell’attesa della tua Venuta!
La Cena eucaristica
14 22 E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». 23 Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24 E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti».
Questi soli tre versetti sono il cuore della comunità cristiana, la Pasqua del Cristo.
Nella tradizione sinottica, rappresentata prima di tutto da Marco, presenta l’Ultima Cena come celebrazione della Cena pasquale, il 14 Nisan.
Benché non menzioni gli elementi qualificanti dell’agnello (come potrebbe? L’Agnello da quel momento è Cristo) e delle erbe amare, il racconto di Marco, seguito puntualmente da Matteo, evoca chiaramente la Cena pasquale ebraica.
Per la festa degli Azzimi Gesù usa una sala pregiata e addobbata, si è in un gruppo di tredici, come in una famiglia, si intinge in un unico piatto, il capofamiglia recita la berakhah (benedizione) sul pane e sul calice, si cantano i salmi. Gesù porta a compimento le parole e le figure della Pasqua: non si mangerà più l’agnello perché lui è il vero Agnello pasquale che si dà ai suoi nel pane e nel vino.
La Cena eucaristica: l’offerta
Le parole sul calice, «Questo è il mio sangue dell’alleanza», richiamano chiaramente il rito di alleanza del Sinai: «Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi» (Es 24,8).
La destinazione del gesto di offerta, «per molti», adempie invece con ogni evidenza il passo del Servo sofferente (Is 53,11-12) che dona la sua vita in riscatto «per molti». «Molti», «rabbim», in ebraico significa moltitudine, una quantità immensa, non una maggioranza che esclude quindi una minoranza (come a dire «molti ma non tutti») è inutile dunque chiedersi chi siano i «pochi» esclusi dalla donazione che Gesù fa di sé: non ci sono esclusi dall’offerta della salvezza, c’è solo la possibilità di auto-escludersi, di chiudere la porta che Dio spalanca a tutti.
Rinuncia a cibo e bevanda
14 25 In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
Entrando nella sfera della morte, Gesù rinuncia a quello che qualifica i viventi, il cibo e la bevanda: berrà il vino novo nel Regno del Padre, indicando con questo la sua resurrezione.
Predizione dell’abbandono
14 26Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. 27Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto: Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse. 28Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea».
29Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!». 30Gesù gli disse: «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». 31Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò».
Lo stesso dicevano pure tutti gli altri.
Verso il Gethsemani (14,26-31)
Anche il canto dei salmi, prescritto per la conclusione della Cena pasquale ebraica, evoca la Pasqua di cui questo è il momento vigiliare. Ma il contesto veterotestamentario è desunto dal libro di Zaccaria, la cui seconda parte, con i capitoli 7-14, costituisce una fonte frequente di citazioni nel Nuovo Testamento. Zc 13,7 annuncia la persecuzione di un pastore e la dispersione nel suo popolo, mentre Zc 14,3-4 concerne la discesa del Signore sul Monte degli Ulivi.
Pietro ancora una volta si ribella alle parole crude di Gesù e ancora una volta gli vuol fare da maestro: quel che Gesù dice, secondo lui, non accadrà, sostenuto dal coro degli apostoli: «Non ti rinnegherò, non ti rinnegherò».