La Cena del Signore

La Cena del Signore
Foto di Gini George da Pixabay

Giovedì Santo, la Cena del Signore. Riporto una omelia del 1994 del sempre compianto don Enzo Greco. Le ho lasciato, con minime correzioni, quel sapore di “parlato” che rendeva don Enzo tanto comprensibile a chiunque lo ascoltasse.

La Cena del Signore: dal vangelo secondo Giovanni 

Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto.
Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».
Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».  

************

Giovedì Santo. La Cena del Signore

Oggi, celebrazione solenne del Giovedì Santo, primo giorno del Triduo pasquale. Seguiamo con calma e con spirito di raccoglimento questa celebrazione che anticipa la nostra Pasqua. Ci chiediamo: “Che cosa ricordiamo oggi Giovedì Santo?”.

Ricordiamo tre cose. Prima di tutto oggi ricordiamo l’Eucaristia; Gesù prima di lasciare questo  mondo per ritornare alla Casa del Padre, dopo aver compiuto la sua missione, ha voluto lasciarci la memoria, attuale, presente, viva di se stesso. Gesù ha detto “Io sono con voi fino alla fine del mondo”, quindi nella celebrazione eucaristica la Chiesa celebra, ricorda, ascolta, si nutre della presenza di Cristo.

Ma nella celebrazione eucaristica, cibo e alimento della vita della Chiesa, la Chiesa popolo di Dio in cammino verso il cielo, noi abbiamo due mense: la mensa della Parola di Dio e la mensa del Pane Eucaristico.

La Cena del Signore: la mensa della Parola

Foto di Paul Cornec da Pixabay

Abbiamo la mensa della Parola di Dio; tuttavia, oggi siamo troppo abituati ai messaggi verbali televisivi, dalla televisione ai mezzi di comunicazione. Oggi non siamo più disponibili all’ascolto perché tanti rumori ci circondano, siamo distratti e disattenti; le nostre orecchie, soprattutto quelle del cuore, non sono più recettive all’ascolto della Parola perché tanti sono i messaggi che la nostra società ci impone e soprattutto è in crisi l’ascolto della Parola di Dio. Le nostre chiese diventano sempre più chiassose, disattente e disabituate all’ascolto della Parola. Il Dio dell’eternità, che non ha fretta, trova oggi ciascuno di noi nella dimensione della fretta, nella dimensione della furia che denota una vita troppo frenetica, ed è difficile per noi ascoltare e parlare.

Parola e ascolto

Il popolo d’Israele, quando si disponeva all’ascolto della parola di Dio e dei suoi comandi (“Ascolta Israele”), era silenzioso, raccolto mutamente in ascolto della Parola. Tra tanti messaggi che oggi i mezzi di comunicazione ci inviano, tra tante parole, dobbiamo diventare ascoltatori della Parola di Dio. Oggi non siamo più capaci di provare il brivido dell’ascolto della parola di Dio perché siamo disponibili ad ascoltare messaggi vari trascurando il messaggio di Dio. Il ministero della Parola che è stato affidato alla Chiesa e in particolar modo agli apostoli e ai discepoli, “Andate ed evangelizzate, andate ed insegnate a tutte le persone”, comanda Gesù prima di partire da questo mondo.

Oggi tanta gente non è disponibile più ad ascoltare la predica, ad ascoltare la parola di Dio; le nostre orecchie sono tappate all’ascolto, non raccogliamo più l’invito che Gesù ha fatto ai discepoli: “Andate ed ascoltate, andate ed insegnate, andate ed evangelizzate”.

Prima di tutto, come ci dice la Bibbia, la fede nasce dall’ascolto, “Fides ex auditu”, dall’ascolto della Parola di Dio. Siamo noi disponibili ad ascoltare coloro che sono i primi messaggeri nella Chiesa, i sacerdoti, per ascoltare la parola di Dio, ascoltare ciò che la Chiesa, tramite i sacerdoti e i vescovi, insegna circa la parola di Dio, la Parola che salva, la Parola che parla alla nostra vita? Oggi non siamo più portati a provare il brivido della parola di Dio; la parola di Dio che è profezia, cioè che è forza per la vita, forza di trasformazione, denuncia delle situazioni di ingiustizia, che è promozione della vera giustizia umana; quella Parola che da ogni pulpito ogni sacerdote proclama solennemente nel giorno di festa.

La Parola nella catechesi

La parola di Dio, come ci insegna il Concilio Vaticano II, nella Costituzione “Dei Verbum”, è la Parola che salva, che nutre, è immensa: lasciamoci nutrire dalla parola di Dio. Come pure, voi bambini lasciatevi nutrire dalla Parola trasformata in catechesi, quella Parola che salva.

Carissimi genitori, quanta disappetenza c’è nei nostri fanciulli nei confronti della Parola di Dio che si trasforma in catechesi! una disappetenza che può essere estremamente pericolosa. Oggi siamo vaccinati contro ogni messaggio di vita; è tutto uguale, ecco perché i nostri ragazzi e le nostre ragazze non sanno distinguere il bene dal male, perché non si mettono nella disponibilità di ascoltare la Parola che salva.

Ecco che cosa vuole dire ricordare, nella prima parte: la prima mensa, la mensa della Parola. Una parrocchia funziona bene se è una parrocchia in ascolto della parola di Dio, se è una parrocchia che è soggetto di catechesi e diventa discepola tutta quanta attraverso la catechesi, che ha il compito di far risuonare, e custodire.

La Parola nella predicazione

Noi sacerdoti non possiamo tacere e nessuno ci potrà mettere il bavaglio alla bocca, carissimi follonichesi. Da questo pulpito ho detto delle cose forti e molti hanno cercato di mettermi a tacere, ma io non ho paura, alla luce della Parola di Dio, di proclamare quale è la verità; una Parola di Dio che parla alla nostra vita, che si fa profezia anche contro ogni forma di ingiustizia e di sopruso nella nostra città. Sulla disoccupazione, la mancanza di una città a misura di uomo, la speculazione, lo sfruttamento, la corruzione sulla politica, non potrò mai tacere.

La parola di Dio deve trovare il soggetto, il soggetto che è la parrocchia impegnata ad annunciare e a testimoniare la giustizia, la verità, la libertà nel nostro paese, nella nostra città: una parola, un messaggio che suona al cuore della nostra vita, che trasforma la nostra religiosità da religiosità vecchia a religiosità forte, a una religiosità in Gesù Cristo nella nostra vita.

La Cena del Signore: la mensa eucaristica

La Cena del Signore
Foto di Vesa Leppänen da Pixabay

La liturgia ci fa vivere l’Eucaristia: ed ecco che ricordiamo la seconda mensa, la mensa eucaristica, la mensa del Pane che dà vita che è Gesù, la nostra felicità; tra poco noi sacerdoti nella concelebrazione diremo: “Prendete e mangiate, questo è il mio corpo; prendete e bevete, questo è il mio sangue”.

Celebriamo il memoriale, cioè il ricordo sempre attuale, sempre presente, di Cristo che si offre. “Per Cristo, con Cristo, in Cristo” diciamo al termine della preghiera eucaristica. Cristo sfama la nostra anima; oggi è la festa di noi sacerdoti, ed è bello percepire che il mio popolo, il nostro popolo ha fame di Gesù, non è disappetente; che la madia della parrocchia che è il tabernacolo non rimanga sempre piena, ma sempre si attinga al pane Eucaristico, a Gesù che presente in mezzo a noi, Lui che è il cibo della nostra anima, che si offre alla nostra anima: l’Eucaristia, Gesù Pane Eucaristico.

Quante messe diventano da parte nostra non di celebrazione dell’Eucaristia, ma semplice cerimonia; diventano tutto fuorché la celebrazione della gloria del Padre “per Cristo, con Cristo, in Cristo”. Con l’Eucarestia, Signore Gesù, oggi rinnovi la tua Presenza: “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”.

In ogni chiesa c’è un tabernacolo, c’è una lampada sempre accesa che ci dice che Gesù è sempre presente in mezzo a noi perché noi possiamo avere fame di Lui. Carissimi genitori dei bambini che si prepareranno nel prossimo anno alla Comunione e quest’anno per la prima Confessione, quanto tempo è che non prendete più il Pane Eucaristico, la comunione con Gesù, quella comunione che nutre la vostra persona? Gesù lo porteremo tra poco all’altare della Reposizione, perché sia l’ispiratore della nostra vita cristiana.

La carità fraterna

Foto di falco da Pixabay

Oggi ricordiamo la carità attraverso la lavanda dei piedi. Gesù per primo, dice il Vangelo, cinto il grembiule si mise a lavare i piedi dei discepoli. La legge del mondo cristiano è la carità, l’amore fraterno, il nuovo segno del rapporto con gli altri, costruttori di un mondo nuovo di giustizia. Carissimi cristiani, nell’Eucaristia in cui officiamo il memoriale di Cristo che si offre, che si dona per noi, noi celebriamo l’amore fraterno. Senza l’amore fraterno non ci può essere autentica vita cristiana; Cristo è in noi e noi siamo tutti fratelli e tra poco grideremo nell’assemblea “Abba, Padre”.

La parrocchia è un soggetto comunitario partendo proprio dall’Eucaristia e vivendo rapporti di comunione fraterna, ma questi rapporti di comunione fraterna si devono tradurre in un impegno sociale verso la giustizia, verso i più poveri.

Oggi è superato il concetto di elemosina: la carità è condivisione della vita in una parrocchia  che cammina come il suo Maestro: “Come io ho lavato i piedi a voi, lavatevi a vicenda”. Il cristiano è orientato al servizio, al dono. Oggi ricordiamo il ministero sacerdotale e noi sacerdoti sul comando di Gesù, nella messa diciamo “Fate questo in memoria di me”, perché così ha voluto Gesù.

Il sacerdozio

La Cena del Signore
Foto di Sebbi Strauch da Pixabay

Sarebbe interessante, ma fino ad un certo punto, sapere cosa pensa la gente dei preti, cosa pensa del vangelo, cosa pensa di Gesù. Il prete è prima di tutto una presenza e una persona, è un dono dato come sacerdote alla comunità. È ministro della Parola che dà vita, il prete è predicatore del Vangelo in virtù del suo mandato, il prete è il primo catechista della parrocchia, è colui che amministra il Pane  Eucaristico e tutti gli altri sacramenti che santificano il popolo di Dio.

Il prete, uomo di Dio, uomo di tutti

Il prete è ministro della carità, annunciatore senza compromessi e senza peli sulla lingua della giustizia nel proprio territorio, per cui deve essere amministratore, coraggioso. Egli è l’uomo di tutti perché, come l’Eucaristia, è pane dato da mangiare per il popolo di Dio. Come siamo disponibili a riconsiderare oggi questa presenza significativa, questa presenza che è verso il popolo di Dio?

Noi preti siamo per voi: uomini di Dio, uomini mangiati dagli altri; dono come Gesù sulla croce fino all’ultimo spicciolo della propria vita per voi! E oggi rinnoviamo questo dono; quindi siamo chiamati nella parrocchia come patto di rinnovo di questa offerta ad essere sentinelle del gregge che ci è stato affidato; custodi e pastori fedeli nella giustizia, nella verità, fino in fondo.

Oggi come sacerdoti vogliamo ri-esprimere significativamente questa presenza in mezzo a voi,  che non è per qualcosa, ma per la persona… per il popolo di Dio. Così voi ci aiuterete ad essere tutti di Dio, tutti di ciascuno e di tutti insieme nella comunità, e noi sacerdoti ricordiamo oggi le nostre promesse

Chiedo un ricordo per me nella vostra preghiera; quest’anno è una ricorrenza precisa, sono venti anni che sono prete della Chiesa di Dio; sono passati in fretta questi vent’anni, anni di dono nuovo, mi dono sempre per rinnovarmi come uomo di Dio e per tutti quanti come presenza per voi, perché tutti insieme cresciamo e conosciamo che cosa significa essere Chiesa.