«Per la Candelora, se piove o se gragnola, dell’inverno siamo fora, ma se è sole o solicello siamo a mezzo dell’inverno».
Il tempo buono della Candelora di quest’anno, dunque, non ci farebbe sperare in una primavera anticipata. Ma perché le tradizioni popolari legano tale giorno alle previsioni meteo?
Il motivo è che la festa liturgica della Presentazione di Gesù al tempio e della Purificazione di Maria (che sono una unica ricorrenza) cade a mezzo inverno, in una data che i contadini avevano considerato importante per trarne pronostici per la stagione seguente. Non si tratta di stregonerie o superstizioni, ma di osservazioni meteorologiche (coi metodi empirici degli antichi) da cui, sulla base degli anni e dei secoli precedenti, ci si basava per prevedere il clima futuro.
La Candelora: la festa religiosa
Nel tempo più antico questa festa veniva celebrata il 14 febbraio (cioè 40 giorni dopo l’Epifania), come attesta per la prima volta la pellegrina Egeria (Peregrinatio, cap. 26). Come in altre occasioni, anche questa festa cristiana veniva a sostituire, a metà febbraio, nell’antico calendario del V secolo, una festa pagana, quella, molto popolare, dei Lupercali, abolita sotto papa Gelasio I (492-496): anch’essa, alla maniera dei pagani, era una festa di purificazione e di luce.
«Gli antenati romani dissero Februe le espiazioni: e ancora molti indizi confermano tal senso della parola. I pontefici chiedono al re e al flamine le lane che nella lingua degli antichi erano dette februe. Gli ingredienti purificatori, il farro tostato e i granelli di sale, che il littore prende nelle case prestabilite, si dicono anch’essi februe. […] Da ciò il nome del mese, perché i Luperci con strisce di cuoio percorrono tutta la città, e ciò considerano rito di purificazione.» (Ovidio, I Fasti 2, 19-24, 31-32ss.)
Poiché il nome della divinità latina, Februa, onorata nel mese di febbraio, deriva dal verbo februare, cioè purificare, il passo dalla festa pagana della purificazione alla festa cristiana della Purificazione della Beata Vergine Maria (contestuale alla Presentazione di Gesù al tempio) era molto facile.
Fu poi l’imperatore Giustiniano a trasferire al due febbraio la festa della Presentazione, detta Candelora. Il nome è la deformazione di «festum candelarum», a causa del simbolo di Cristo «luce per illuminare le genti» rappresentato dalle candele benedette.
La Candelora: pronostici
Il fatto che la credenza, anche sotto altro nome, sia diffusa in molte parti del globo va a favore di una sua qualche validità. L’usanza di trarre pronostici meteorologici il due di febbraio è richiamata anche da un detto scozzese, «If Candlemas Day is bright and clear, there’ll be two winters in the year», ovvero «se per la Candelora il cielo è limpido, ci saranno due inverni nell’anno». Ovvero, alla prima parte dell’inverno, che va dal solstizio di dicembre al due febbraio, ne seguirà un’altra, altrettanto lunga.
Dall’altra parte del mondo, negli Stati Uniti e nel Canada, la festa del due di febbraio, debitamente decristianizzata, sopravvive per l’aspetto meteorologico come «Giorno della Marmotta», in inglese «Groundhog Day».
Il Giorno della Marmotta
Il 2 febbraio è il giorno della marmotta e in tale giorno la marmotta Phil si esprime su che tipo di inverno ci attende. Di questa festa si ha notizia fin dal 1886, in Pennsylvania: si osserva la tana di una marmotta. Se questa, uscendo dalla tana, non vede la propria ombra perché il cielo è coperto e quindi resta fuori, significa che l’inverno è quasi finito; se invece il tempo è sereno e la marmotta, uscendo, vede la propria ombra, si spaventa e torna nella tana, l’inverno continuerà per altre sei settimane. La marmotta simbolo è Punxsutawney Phil, che vive a Punxsutawney, in Pennsylvania, e quest’anno ha pronosticato la fine dell’inverno.
Nessuna pretesa di scientificità: la previsione dello scorso anno era errata, anzi l’errore si è ripetuto sei volte negli ultimi dieci anni, quindi il responso di Phil è tutt’altro che attendibile. Ma non importa: Phil è un’istituzione, e la tradizione dura da 138 anni.
In realtà si tratta di una tradizione importata negli USA dai popoli germanici, ma in nord Europa era legata ad altri animali, tassi o orsi. In Pennsylvania si è optato per la marmotta, forse più facile da reperire e osservare.
Per il filmato della cerimonia, QUI.
Un giorno e un film
L’usanza americana si è già ripetuta 138 volte, una volta all’anno a partire dal 1886, in un giorno che per noi è la Candelora ma che per gli statunitensi è il Giorno della Marmotta. Legato al tempo è anche il film omonimo, Il Giorno della Marmotta (1993), in italiano Ricomincio da capo. Il giornalista (Bill Murray) che si reca in Pennsylvania a fare un servizio televisivo su Punxsutawney Phil, rimane inspiegabilmente intrappolato in un loop temporale e ogni mattina si ritrova a rivivere la medesima giornata senza riuscire a liberarsi. È stato calcolato che nel film il personaggio di Murray trascorra oltre 12 mila giornate nel loop, l’equivalente di 34 anni. Non si danno spiegazioni di questo fatto, e ciò vale ad accrescere l’alone di mistero e di interesse del film facendone una vicenda esemplare per chiunque.
Il fulcro del racconto, e forse anche il motivo del suo successo e della sua significatività, non consiste nel solo intrappolamento nell’anello temporale in sé e nella ricerca della soluzione per uscirne, ma nel cambiamento interiore e di comportamenti che ne deriva. Infatti, l’antipatico protagonista uscirà dal circolo vizioso che lo intrappola solo quando avrà imparato che non può cambiare la sua situazione ma può migliorare quella degli altri.
Una curiosità: l’attore Bill Murray venne morsicato due volte dalla marmotta con cui girava le scene e dovette fare l’antirabbica.
E i calendi… Calendi chiari mesi scuri
Nei secoli passati, quando non esisteva il servizio meteo, si osservavano vari segni naturali per trarre pronostici sull’andamento futuro delle stagioni. Queste previsioni meteo popolari erano particolarmente importanti per la maggior parte della gente, che coltivava la terra.
Uno di questi metodi consiste in quello che la mia nonna chiamava «i calendi», sì, al maschile, da non confondersi con le calende che erano, nel calendario (appunto, calendario deriva da calenda), il primo giorno di ogni mese. Dal nome delle calende è nata nelle lingue romanze, come italiano, francese e spagnolo, l’espressione ironica «rimandare alle calende greche». Le calende greche sono un giorno che non verrà mai, perché nel calendario greco le calende… non esistevano proprio.
I calendi, invece, sono i primi 12 giorni di gennaio, ognuno corrispondente ad un mese dell’anno, in ordine cronologico. Secondo le varie zone della Toscana ma anche le varie parti d’Italia, le condizioni meteo osservate nel giorno 1 rappresenterebbero il tempo che dovremmo attenderci per il mese di gennaio, mentre quelle osservate nel 2 gennaio sintetizzerebbero quelle del mese di febbraio e così via, fino ad arrivare al 12 che corrisponde al mese di dicembre.
Due versioni diverse e opposte
La cosa non è semplice perché, in talune versioni dello stratagemma, si deve considerare il tempo osservato come esatto pronostico del mese corrispondente, mentre in altre versioni lo si deve considerare l’opposto di quello che dovrebbe accadere nel mese: «calendi scuri mesi chiari, calendi chiari mesi scuri». Io mi attengo a quest’ultima versione, che era quella seguita dalla mia nonna Livia, classe 1880. Naturalmente, posso basarmi solo sulle condizioni meteo che ho osservato a Piombino, zona dal clima mite dove piove pochissimo. Stando al metodo inverso, quest’anno il freddo invernale dovrebbe durare fino a giugno, con un luglio caldo e splendido e nei mesi successivi un caldo che perdura fino a dicembre. Chiaro e lineare, no?
Ma la questione si complica se prendiamo in considerazione anche i 12 giorni successivi, in ordine inverso: il 13 gennaio corrisponde a dicembre, il 14 a novembre, e così via. Mettendo insieme le due sequenze, decisamente freddi sarebbero gennaio e febbraio, tiepidi o variabili marzo, aprile e maggio; giugno freddo; di nuovo tiepidi o variabili luglio, agosto e settembre; caldi ottobre, novembre e dicembre.
Ma un altro proverbio è capace di apportare un correttivo: «Dei calendi non mi curo se San Paolo non è scuro». La possiamo considerare una uscita di sicurezza. Siccome il 25 gennaio, festa della Conversione di San Paolo, la giornata non è stata scura ma serena, dei calendi non mi curo. Quindi si può affermare tutto e il contrario di tutto. Staremo a vedere…