Lettura continua della Bibbia. La caduta del re di Babilonia (Isaia 14,3-20)

Illustrazione di Gustave Doré per il Paradise Lost di John Milton – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=678041

La caduta del re di Babilonia viene descritta nella sezione degli Oracoli contro le nazioni. Già in Amos, inventore di questo genere letterario, si trova una serie di oracoli, sette, contro le nazioni nemiche. In Isaia possiamo individuare 14 oracoli, molto diversi:

  • per Babilonia (13,1-14-23)
  • per l’Assiria (14,24-27)
  • per la Filistea (14,28-32)
  • per Moab (cap. 15-16)
  • per Damasco e Israele (cap. 17)
  • per l’Etiopia (cap. 18)
  • per l’Egitto (cap. 19)
  • per Egitto ed Etiopia (cap. 20)
  • per la caduta di Babilonia (21,1-10)
  • per Edom (21,11 s.)
  • per le tribù arabe (21,13-17)
  • per Gerusalemme (22,1-14)
  • per il ministro Sebnà (22,15-25)
  • per Tiro e Sidone (cap. 23).

Vediamo due passi che, per motivi diversi, hanno maggiore importanza per noi. Il primo è una satira sul re di Babilonia, che ha avuto una lunga storia nell’interpretazione cristiana.

La caduta del re di Babilonia, Lucifero, figlio dell’aurora

La teologia della storia sottostante a questi oracoli è chiara: le nazioni non sono arbitri della storia, ma strumenti del piano divino, dell’unico Signore della storia. Significativa a questo proposito è l’elegia satirica sul re di Babilonia nel cap. 14.

3 Nel giorno in cui il Signore ti avrà liberato dalla tua pena,

dalla tua irrequietezza e dalla dura servitù con la quale sei stato asservito,

4 tu proferirai questa satira contro il re di Babilonia e dirai:

«Come è finito l’oppressore, è cessata l’arroganza!

5 Il Signore ha spezzato la verga degli iniqui, lo scettro dei dominatori,

6 colui che furioso colpiva i popoli con colpi senza fine,

che collerico dominava le nazioni, perseguitando senza respiro.

7 Tutta la terra si riposa, è tranquilla, erompe in grida di gioia.

8 Anche i cipressi gioiscono per te e i cedri del Libano: “Da quando giaci prostrato,

i tagliaboschi non salgono più contro di noi”.

9 Dal basso gli inferi si agitano per te, per farsi incontro al tuo arrivo;

per te esso risveglia le ombre, tutti i potenti della terra;

ha fatto sorgere dai loro troni tutti i re delle nazioni.

10 Tutti prendono la parola per dirti:

“Anche tu sei stato fiaccato come noi, sei diventato simile a noi!”.

11 Il tuo fasto è disceso negli inferi, come la musica delle tue arpe.

Sotto di te si stendono le larve, i vermi sono la tua coperta.

La satira

12 Come sei caduto dal cielo, astro del mattino, figlio dell’aurora!

Come fosti precipitato a terra, tu che aggredivi tutte le nazioni!

13 Eppure tu pensavi in cuor tuo: “Salirò in cielo,

al di sopra delle stelle di Dio erigerò il mio trono.

Siederò sul monte dell’assemblea,

ai confini del settentrione.

14 Salirò sulle nubi più alte,

sarò simile all’Altissimo”.

15 E invece sei stato precipitato negli inferi,

nelle profondità dell’abisso!

16 Quanti ti vedono, ti guardano fisso, verso di te guardano.

“Questi è colui che faceva tremare la terra e faceva scuotere i regni,

17 che ridusse il mondo in deserto, demolì le sue città,

e non aprì ai suoi prigionieri il carcere?

18 Tutti i re delle nazioni, tutti riposano gloriosi

ognuno nella propria tomba;

19 tu, invece, sei stato gettato insepolto come un abominevole rampollo,

coperto da uccisi, da trafitti di spada,

deposti sulle pietre della fossa, come una carogna calpestata!

20 Tu non sarai insieme ad essi nella sepoltura,

poiché hai rovinato il tuo paese, hai massacrato il tuo popolo.

Non sarà nominata la discendenza degli iniqui».

Struttura

La struttura è la seguente, del tipo A B C B’  A’ :

  • coro degli israeliti: esultanza e rabbia (egli) (vv. 4-9)
  • coro delle ombre: sorpresa beffarda (tu) (vv. 10-12)
  • canto del re di Babilonia: la superbia umana (Io autoesaltante) (vv. 13-14)
  • coro delle ombre: commento ironico (tu) (v. 15)
  • coro degli israeliti: condanna e trionfo (egli – tu → essi) (vv. 16-21).

Lo she’ôl è in fermento per l’arrivo del re di Babilonia, dal titolo di Lucifero, figlio dell’aurora. Dalle stelle egli è scagliato nel mondo della morte, per il suo peccato di orgoglio (la hybris dei greci), il voler salire in cielo, innalzando il trono sulle stelle di Dio (v. 13): “salirò”, “dimorerò”, “mi farò uguale”; rispetto al cielo, al monte dell’assemblea divina, all’Altissimo (c’è un crescendo di ambizione smisurata). Le ombre infernali descrivono il crollo del re dal cielo all’abisso. Il termine Virgulto (“virgulto spregevole”, v. 19), ebraico nezer, allude a Nabucodonosor, ebraico Nevukhad-Ne’zzar, per cui rimanda al periodo dell’esilio. Si potrebbe, però, trattare di un brano più antico diretto contro un re assiro, Sargon II o Sennacherib, poi ritoccato per adattarlo all’epoca dell’esilio.

Una antica interpretazione cristiana

In ambito cristiano post biblico, ritagliando la profezia dal contesto, questo passo è stato interpretato in relazione alla caduta dell’angelo ribelle, tradizionalmente detto Lucifero proprio in conseguenza del v. 12, dove il re di Babilonia viene chiamato col suo titolo di Astro del mattino (Helel).

Il significato della parola

Il termine Lucifero, anche se per noi ha connotazioni diaboliche, letteralmente  significa Portatore di luce, dal latino Lucifer (composto di lux / luce) e ferre / portare, calco del corrispondente vocabolo greco phosphoros (phos=luce e phero=portare). In ambito astrologico indica la «stella del mattino», cioè il pianeta Venere che è il corpo celeste per noi più luminoso, il primo a comparire la sera (quando si chiama Espero) e l’ultimo a scomparire all’aurora, dopo di che viene il sole, ed ecco il perché del nome: porta il sole e poi scompare. Il pianeta Venere era personificato dalla figura mitologica del dio greco Phosphoros (che sarebbe Febo / Apollo, il sole) e del dio latino Lucifer. In Egitto  Tioumoutiri era la Venere mattutina. Nell’antico Vicino Oriente, la Stella del mattino era Ishtar per i babilonesi, Astarte per i fenici, Inanna per i sumeri.

Senso accomodatizio

Il nome latinamente tradotto con Lucifero, quindi, non era altro che uno dei titoli di cui si fregiava il re di Babilonia, che pretendeva di essere un astro luminoso per i suoi sudditi. Ma poiché la descrizione della rovinosa caduta negli inferi di uno che si arrogava la velleità di farsi pari a Dio si attagliava meravigliosamente alla caduta dell’angelo ribelle, i Padri della Chiesa hanno utilizzato questa immagine per rappresentare la caduta del demonio ribelle a Dio, spiegando il suo peccato con quello di orgoglio.

È evidente che questa interpretazione è di tipo accomodatizio, cioè adatta il senso del testo ad una idea con la quale presenta un’analogia solo letteraria. Il personaggio descritto è, con tutta chiarezza, non un angelo ma un uomo, un re. Niente di male nel farne un uso letterario, purché si sappia quale è il senso originario del testo.