La fede nella bontà di Dio è messa in crisi dall’esistenza di tanta sofferenza nel mondo? C.S. Lewis fa il punto della questione discutendo il significato di termini come amore, bontà e felicità.
La Bontà di Dio e la sofferenza dell’uomo
La bontà di Dio viene messa in discussione dall’esistenza del male. C.S. Lewis ha già dimostrato che l’Onnipotenza divina non è contraddetta dall’esistenza del male; Dio, infatti, si autolimita per consentire agli uomini l’esercizio della libertà di cui li ha dotati. Adesso passa al problema di come conciliare l’esistenza di un Dio buono con la presenza del male in questo mondo. Come è possibile che un Dio buono consenta la sofferenza delle sue creature? Lo scrittore passa, quindi, ad analizzare il concetto di bontà di Dio. Questo, infatti, non coincide, come potremmo superficialmente pensare, con quello di amorevolezza, nel senso di gentilezza.
«Quello che veramente ci soddisferebbe sarebbe un Dio il quale dicesse di qualsiasi cosa ci piacesse fare: “Che importanza ha? Basta che loro siano contenti!”. Insomma, non vogliamo tanto un Padre in Cielo, quanto un nonno – un vecchio benevolo che, come si suol dire, “è contento di vedere che i giovani si divertono” e il cui piano per l’universo consistesse semplicemente nel poter dire alla fine di ogni giorno: “Tutti si sono divertiti”. Pochi, lo ammetto, formulerebbero una teologia esattamente in questi termini, ma in fondo molti la pensano così. Io non pretendo di essere l’eccezione; piacerebbe moltissimo anche a me vivere in un universo governato secondo questi criteri, ma poiché è chiarissimo che non vivo in un universo del genere e siccome, nonostante tutto, ho motivo di credere che Dio è Amore, devo concludere che la mia concezione dell’amore deve essere riveduta».
Nell’amore, dice Lewis, c’è gentilezza, ma amore e gentilezza non sono sinonimi. Alla gentilezza basta che l’oggetto verso cui è rivolta stia contento, ma l’amore pretende di più; e Dio, scrive Lewis,
«Ci ha fatto l’insopportabile onore di amarci nel senso più profondo, più tragico e più inesorabile».
Tanti amori
C’è l’amore che l’artista prova per la propria opera, tanto che la vuole perfetta a costo di grande pena. Poi c’è l’amore dell’uomo per gli animali di casa, che lo fa intromettere nella loro vita in modo da introdurli in un mondi di affetti, di lealtà e di comodità che non avrebbero se non fossero addomesticati; e questo richiede uno sforzo di dedizione reciproca. C’è, nella Scrittura, l’amore autoritario del padre nei confronti di un figlio che vuol far crescere alla piena statura adulta. Anche nel mondo di oggi non avrebbe senso un padre che dicesse “Amo mio figlio ma non mi importa se è un mascalzone purché si diverta”. C’è, esso pure nella Scrittura, l’amore di un uomo per la sposa, un amore che tutto perdona ma che pretende di arrivare a perfezione.
L’amore di Dio è tutto questo, e di più…
«Non un vecchio benevolo mezzo addormentato che vuole che siate felici alla vostra maniera; non il magistrato coscienzioso con la sua fredda filantropia né l’ansioso padrone di casa che si sente responsabile del benessere dei suoi ospiti, ma il Fuoco consumante, l’Amore che ha creato i mondi, ostinato come l’amore dell’artista per la sua opera e dispotico come l’amore di un uomo per un cane, geloso, previdente e venerabile come l’amore di un uomo per suo figlio, geloso, inesorabile, esigente come l’amore tra i due sessi. Come questo possa avvenire non lo so; spiegare perché delle creature, e per giunta delle creature come noi, abbiano potuto avere agli occhi del Creatore un valore così straordinario è al di là delle possibilità della nostra ragione…
Ma il fatto sembra incontestabile: l’Impassibile parla come se fosse in preda a una passione, e Colui che contiene in se stesso la causa della sua e di ogni altra gioia parla come se potesse trovarsi nel bisogno di qualcosa e in preda a un forte desiderio».
Siamo giunti al punto: Dio vuole il nostro bene.
Amare è volere il maggior bene dell’amato
«Il problema di riconciliare la sofferenza umana con l’esistenza di un Dio che ama è irrisolvibile solo finché attribuiremo alla parola “amore” un significato banale e finché considereremo il mondo come se l’uomo ne fosse il centro. Ma l’uomo non è il centro; Dio non esiste per l’uomo e l’uomo non esiste per se stesso: “Tu creasti tutte le cose, e per la tua volontà esistettero e furon create” (Ap 4,11). Siamo stati creati non principalmente perché amassimo Dio (sebbene siamo stati creati anche per questo), ma perché Dio potesse amare noi, perché noi potessimo diventare oggetti in cui l’amore divino potesse “compiacersi”. Chiedere che l’amore di Dio si accontenti di noi così come siamo è lo stesso che chiedere a Dio che cessi di essere Dio… solo quando saremo diventati tali che Egli potrà amarci senza impedimenti, saremo veramente felici».
Ovvero: Dio non è buono perché ci vuole contenti; è buono perché vuole il nostro maggior bene, e lo vuole nel modo “più profondo, più tragico e più inesorabile”. Noi non sappiamo quale sia, ma Lui sì.
Frasi memorabili
- L’amore è qualcosa di più severo e splendido della semplice gentilezza.
- L’amore può perdonare tutte le infermità e amare ancora nonostante esse: ma l’Amore non può cessare di volere la loro rimozione.
L’uomo e la gloria di Dio
«Un uomo non può diminuire la gloria di Dio rifiutando di adorarlo più di quanto un pazzo possa spegnere il sole scarabocchiando la parola “buio” sulle pareti della sua cella».
«Ma Dio vuole il nostro bene e il nostro bene è amarlo; amarlo con quell’amore “riflesso” proprio delle creature; e per amarlo dobbiamo conoscerlo, e quando lo conosceremo cadremo con la faccia a terra. Se no, questo dimostrerà soltanto che quello che cerchiamo di amare non è ancora Dio – anche se può essere l’approssimazione più vicina a cui il nostro pensiero e la nostra immaginazione possono arrivare.
Eppure non siamo chiamati soltanto alla venerazione e alla soggezione, ma a riflettere la vita divina, a partecipare, da creature quali siamo, agli attributi divini, il che è ben al di sopra delle nostre aspirazioni attuali, ci viene chiesto di “rivestirci di Cristo”, di diventare come Dio. Cioè, che ci piaccia o no, Dio vuole darci quello di cui abbiamo bisogno, non quello che ora pensiamo di volere. Ancora una volta, siamo messi in imbarazzo dall’insopportabile onore, da troppo, non da troppo poco amore».