Babbo Natale e la Befana

Una versione abbastanza disinvolta della Befana. Di Massimilianogalardi – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=17654307

Mentre Babbo Natale / Santa Claus viene in Italia dagli Usa, la Befana è italianissima. Ricordate? La Befana vien di notte… con quel che segue.

San Nicola diviene Babbo Natale…

Santa Claus in una cartolina del 1814. Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=66948279

Babbo Natale viene da molto lontano nel tempo e nello spazio, dalla storia di San Nicola che nacque a Mira (attuale Turchia) nel 270 d.C. e si fece fama di distributore di doni perché salvò tre sorelline da un destino infame portando loro di nascosto tre sacchi di monete d’oro. Dunque ormai Babbo Natale ha 1752 anni ma non li dimostra, anche perché in tutto questo tempo non è mai stato fermo, continuando a trasformarsi. Il vecchio che oggi conosciamo in tutto il mondo, panciuto, con il costume rosso e le renne, non somiglia più al San Nicola originario, a causa di sintesi o fusioni con altre figure effettuate nel corso della storia.

La prima sintesi avviene nell’Europa del Nord, dove il vescovo  Sankt Nikolaus prende qualcosa del dio germanico Odino che nei giorni del solstizio d’inverno se ne andava in giro volando su un cavallo e guidando la caccia selvaggia. Quando atterrava, chiedeva ai bambini di nutrire la sua cavalcatura, e in cambio lasciava loro dolciumi e altri doni. È quindi per una sorta di Odino cristianizzato in Sankt Nikolaus che i bambini nordeuropei lasciavano vicino al camino le loro scarpe piene di carote, zucchero e paglia per il cavallo Sleipnir,  e al mattino le trovavano colme di regali. Sankt Nikolaus è vestito di rosso, perché è un vescovo, e per portare regali ai bambini, dato che quelle terre sono innevate, arriva in slitta.

È però negli Stati Uniti d’America che nascerà il Santa Claus di oggi, impiantato nel paese dai migranti tedeschi, scandinavi e olandesi. Vi approda nel Seicento, ma non è quella, ancora, la variante attuale.

Cambiamento di look

Inizialmente era vestito con un lungo abito verde. Il vestito rosso ha origine a Boston nel 1885, in un’illustrazione di Louis Prang. Ma il suo profilo definitivo è dovuto alla Coca Cola, che al suo esordio veniva considerata bevanda eccitante e sconsigliabile per i più piccoli, per cui ne venne vietata la pubblicità in cui comparissero dei bambini che la bevevano, figuratevi un po’! Come recuperare allora il mercato dei minorenni? Nel 1931 la ditta affidò la soluzione del problema al disegnatore Haddon Hubbard Sundblom il quale, con un lampo di genio, ricorse ad un Santa Claus col volto bonario del suo vicino di casa, lo dotò di una bella barba bianca e di una taglia XXXL, lo vestì col costume che conosciamo e lo disegnò mentre beve beato una Coca Cola circondato da bambini ammirati. La trasformazione è completa.

… e i Magi diventano la Befana

Foto di Moondance da Pixabay 

La Befana invece viene dall’Italia e rimane in Italia: è una vecchietta stravagante ma benevola le cui remote radici affondano forse in qualche personificazione mitica della natura invernale, l’anno vecchio che è appena finito; la scopa su cui vola può benissimo rappresentare la purificazione delle case e delle famiglie in vista della rinascita che avverrà in primavera.  

Le origini remote della Befana

Come avviene in molti casi, è probabile che elementi arcaici pagani si siano mescolati a elementi cristiani. La Befana, una vecchia donna che porta doni, è stata messa in relazione con la dea romana di origini sabine Strenia: strena in latino significa regalo di buon augurio. Questa tradizione si riferiva  alle feste dei Saturnalia (17-23 dicembre), ma anche alla festa di inizio dell’anno. I dodici giorni che vanno da Natale all’Epifania sono inoltre collegati a particolari superstizioni pagane, culminanti con la notte del 6 gennaio. Un’usanza comune a tutta l’Europa è quella di accendere falò la notte dell’Epifania, per eliminare il male e propiziarsi la fecondità della terra e degli animali. Se le fiamme sono alte, l’annata sarà buona; se la legna stenta a bruciare, guai!

La matrice cristiana

Foto di sebastiano iervolino da Pixabay 

Qualunque ne sia l’origine, il nome stesso della Befana ne tradisce la matrice cristiana: «Befana» infatti è corruzione di «Epifania», attraverso «Bifanìa» e «Befanìa».

C’è una leggenda eziologica che spiega questo rapporto fra la solennità religiosa e la vecchietta dei regali. Pare che i Magi, diretti a Betlemme con i doni, non riuscissero a trovare la strada. perciò chiesero informazioni a un’anziana donna e la invitarono ad andare con loro, ma questa rifiutò di muoversi, salvo pentirsene presto e cercare di raggiungere i sapienti presso la mangiatoia del Bambino. Preparò un cesto di dolci e si mise sulle loro tracce, ma non riuscì a trovarli.  A quel punto decise che si sarebbe fermata a ogni casa lungo il suo cammino, donando qualcosa ai bimbi, sperando che uno di essi fosse Gesù. Da allora porta regali a tutti i piccoli. Evidentemente, l’idea è ispirata ai tre doni che i Magi portano al Bambino Gesù: oro, incenso e mirra.

Così, in Italia, la Befana diviene elargitrice di doni, al pari di Santa Lucia il 13 dicembre (in molte zone dell’Italia settentrionale) e dei Morti il 2 novembre in Sicilia (in alcune zone dell’isola, però, come a Cefalù, i doni sono portati dalla Vecchia Strina che ha tanto della Befana, salvo lo spostarsi a piedi tirandosi dietro una carovana di muli carichi di ogni ben di Dio).

La Befana moderna arriva grazie ai pompieri. Gubbio, Palazzo dei Consoli. Di Beatrice – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=17930291

La Pasquella

In alcune zone d’Italia, come Toscana e Romagna, è rimasta viva la tradizione della  «Befanata», che indica il canto di questua recato di porta in porta da gruppi di cantori e suonatori che a forza di stornelli chiedono ai padroni di casa cibo e bevande. In alcuni paesi la Befanata è chiamata «Pasquella», e ciò è indice del fatto che l’Epifania veniva, anche popolarmente, considerata la prima Pasqua dell’anno, in quanto ogni grande festa è Pasqua: Pasqua d’Epifania, Pasqua d’Ova, Pasqua di Rose (Pentecoste), Pasqua di Ceppo (Natale).

Questo è un esempio di Pasquella:

«L’Anno novo è già venuto
Già che Dio ce l’ha mandato
Ce l’ha mandato con allegria
Bon Anno novo e Epifania
Ce l’ha mandato con allegria
Bon Anno novo e Epifania.

Fate presto e non tardate
Che dal ciel cade la brina
Ce fa venì la tremarella
Bon Anno novo e bona Pasquella
Ce fa venì la tremarella
Bon Anno novo e Bona Pasquella».

I Magi

Foto di marian anbu juwan da Pixabay 

Dei Magi parla solo il Vangelo secondo Matteo dicendo assai poco, se non che erano dei saggi che giungevano dall’Oriente avendo scrutato i cieli ed avendovi riconosciuto il segno della nascita di un re.

Essendo tre i doni menzionati, si suppone che tre fossero i donatori, ma le tradizioni extra bibliche ne contano fino a dodici. I loro nomi – Gaspare, Baldassarre e Melchiorre – appaiono prima del VI secolo. Rappresentando tutte le genti, vengono raffigurati come appartenenti a tre etnie diverse (uno europeo, uno asiatico e uno africano) e a tre età diverse (giovane, adulto, vecchio).

Secondo la leggenda (ripeto, niente di biblico), tornati al loro paese, furono consacrati vescovi da San Tommaso apostolo, la loro morte fu annunciata da una stella, e i loro corpi furono ritrovati da Elena, madre di Costantino il Grande, per essere poi traslati in S. Sofia a Costantinopoli, infine trafugati e portati a Milano, dove rimasero fino alla caduta della città a metà ad opera del Barbarossa (1162); l’arcivescovo Rainoldo si occupò di dar loro sepoltura nella chiesa di S. Pietro a Colonia.

Per un approfondimento sull’episodio evangelico dei Magi, vedere QUI.

Dai Magi alla Befana

In qualche modo, i doni dei Magi al Divino Bambino si sono trasformati in doni per tutti i bambini, portati in Toscana e in altre zone d’Italia da una vecchia donna che rappresentava la natura invernale al suo tramonto mentre si accede la speranza della primavera. Il look di questa persona lascia molto a desiderare ed è più degno di una strega che di una fata buona:

«La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
con le toppe alla sottana
viva viva la Befana!».

Di questa cantilena ci sono molte versioni che concordano tutte sui primi due versi (le abitudini notturne della Befana e le calzature sgangherate) ma divergono sui particolari successivi. Questa è quella che preferisco… Viva, comunque, la Befana, portatrice di doni ai bambini!