Israele –Hamas a due mesi dall’inizio della guerra

Israele - Hamas
Di Mujaddara, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=53366175

Quella di Israele – Hamas è una guerra che, come molte altre del resto, viene da lontano. Nel 1917, il ministro degli Esteri inglese Balfour aveva dichiarato che il Regno Unito guardava con favore alla nascita di una dimora nazionale per il popolo ebraico in Palestina. Nel 1920, finita la Grande Guerra, sullo sfondo della disintegrazione dell’Impero ottomano, si stabilì con i Trattati di Sèvres e Losanna che la Francia avrebbe ottenuto il Mandato su Siria e Libano, la Gran Bretagna su Iraq e Palestina. Il Mandato era una forma di governo internazionalmente controllata per favorire il progresso e l’autonomia di regioni considerate non in grado di reggersi da sole.

Sotto i britannici l’immigrazione ebraica dall’Europa orientale portò la popolazione ebraica a crescere enormemente, passando dalle circa 80.000 unità registrate nel 1918 alle 175.000 del 1931 e alle  400.000 del 1936, causando attriti con la popolazione araba palestinese. Nel 1939 l’amministrazione britannica, in seguito alle tensioni, pose forti limitazioni all’immigrazione e alla vendita di terreni a ebrei. La Shoah però causò un ulteriore flusso migratorio di ebrei provenienti da diverse nazioni europee.

Durante gli anni di controllo britannico, emigrarono in Palestina circa 500mila ebrei. Le tensioni crebbero.

Piano di partizione della Palestina

Territori riconosciuti allo stato ebraico dall’ONU e conquiste di Israele del 1948-1949. CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=661907

Nel 1947 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite votò (33 voti a favore, 13 contro e 10 astenuti) un  piano di partizione della Palestina, che prevedeva l’istituzione di uno Stato ebraico e di uno arabo con Gerusalemme sotto controllo internazionale.

Nel decidere su come suddividere il territorio considerò opportuno, per evitare rappresaglie da parte della popolazione araba, radunare nello stato ebraico tutte le zone in cui gli ebrei erano presenti in numero significativo (56,4% del territorio). Lo Stato di Israele avrebbe avuto quindi una popolazione in maggioranza composta da ebrei (498.000 a fronte però di ben 407.000 arabi). Circa 10.000 ebrei sarebbero invece rimasti nello Stato arabo, con un numero totale di 735.000 abitanti.

La zona internazionale, imperniata sulla città di Gerusalemme, avrebbe avuto una presenza di 100.000 ebrei a fronte di 105.000 arabi. A questi gruppi si aggiungeva una popolazione di circa 90.000  beduini nomadi, presente nella zona di Beersheba. Il piano venne accolto dalla maggior parte della comunità ebraica, e rifiutato dalla comunità araba palestinese e dai paesi arabi. Tra il dicembre 1947 e il maggio 1948 vi furono azioni di guerra civile da ambo le parti.

Guerra arabo-israeliana del 1948

Israele - Hamas
Speranze di pace… Di Mujaddara, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=53290750

Il 14 maggio del 1948 venne dichiarata unilateralmente la nascita dello Stato di Israele e il giorno seguente le truppe britanniche si ritirarono definitivamente dai territori. Il 15 maggio 1948 gli eserciti di Egitto, Siria, Libano, Iraq e Giordania attaccarono il neonato Stato di Israele. L’offensiva venne però bloccata dall’esercito israeliano, che conquistò centinaia di città e villaggi palestinesi. Centinaia di migliaia di arabi abbandonarono il territorio (esodo palestinese del 1948). 

La guerra si concluse con l’armistizio di Rodi. I rifugiati palestinesi provenienti dai territori controllati da Israele, 711.000 persone, si stabilirono prevalentemente in Giordania, Siria e Libano, oltre che in Cisgiordania e striscia di Gaza. L’esodo fu chiamato in arabo Al-Nakbah, la catastrofe (in ebraico, Shoah). La Giordania annetté la Cisgiordania, l’Egitto occupò la striscia di Gaza. Israele annetté la Galilea e altri territori a maggioranza araba conquistati nella guerra, portando il proprio territorio a circa il 78% del territorio del Mandato britannico.

Guerra dei Sei giorni: 1967

Ben Gurion (1962) con il sindaco di Gerusalemme e il colonnello Aluf-Mishne. Di David Harris – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=7481589

A seguito della chiusura degli stretti di Tiran alle navi israeliane dichiarata da Nasser, il 5 giugno 1967 Israele lanciò sui paesi arabi un attacco aereo a sorpresa a larga scala, che aprì la Guerra dei sei giorni. Paralizzò le forze aeree egiziane, siriane e irachene e, distrusse l’aeronautica militare giordana. Completò l’offensiva aerea nei primi due giorni, poi portò a termine tre vittoriose campagne terrestri. La campagna terrestre del Sinai durò dal 5 all’8 giugno e sfondò le difese egiziane, causando l’accettazione incondizionata del “cessate il fuoco” il 9 giugno. Dal 5 al 7 giugno, Israele occupò Gerusalemme, Hebron e l’intera Cisgiordania. La battaglia contro la Siria per le alture del Golan durò dal 9 al 10 giugno. Fu il momento di massima espansione di Israele che occupò anche Gaza.

La guerra del Kippur: 1973

Nel 1973 Egitto e Siria attaccarono a sorpresa Israele mentre si celebrava la festività ebraica di Yom Kippur (guerra del Kippur). Ebbero inizialmente la meglio; ma successivamente le truppe israeliane riuscirono a rovesciare le sorti del conflitto, ricacciando egiziani e siriani di là dalle posizioni iniziali. Nel 1974 il movimento sionista religioso avviò la costruzione dei primi insediamenti israeliani nei territori occupati. Nel 1978, con gli accordi di Camp David, Israele si impegnò a restituire la penisola del Sinai, mentre l’Egitto si impegnò al riconoscimento dello Stato di Israele. Israele si ritirerà dal Sinai nel 1982 e da Gaza nel 2005.

Si aprì una fase di normalizzazione delle relazioni con l’Egitto e poi di dialogo con l’OLP, sullo sfondo della Prima Intifada (sollevazione araba), che culminò nel 1993 con la firma dell’Accordo di Oslo, tra il Primo ministro Rabin e il leader palestinese Arafat. Per la prima volta le due parti si riconobbero come interlocutori. La Cisgiordania fu divisa in 3 zone e fu istituita l’Autorità Nazionale Palestinese. Il processo di pace però naufragò: nel 2000 esplose la Seconda Intifada. Gli insediamenti israeliani si sono progressivamente espansi.

E oggi… Israele – Hamas

Israele - Hamas
Foto di pavpavpav da Pixabay

Il 7 ottobre 2023, 60 anni dopo l’inizio della Guerra del Kippur, alle prime luci dell’alba, i terroristi di Hamas hanno condotto un attacco via aria e una serie di sanguinosi assalti in territorio israeliano contro civili, commettendo atrocità, facendo 1.400 vittime e riaccendendo il conflitto. Immediata la reazione di Israele con intensi bombardamenti sulla striscia di Gaza e l’intimazione alla popolazione civile di lasciare il luogo dirigendosi verso sud. È una catastrofe umanitaria. La sanità è al collasso.

Il 26 ottobre iniziano anche le operazioni di invasione della Striscia di Gaza, puntando ad isolare la città di Gaza dalla parte meridionale del territorio. Secondo l’Esercito Israeliano, le strutture di comando di Hamas sarebbero situate nel sottosuolo di Gaza e circondate da vaste zone abitate da civili in una commistione di edifici civili e militari allo scopo di procurarsi scudi umani. I morti a Gaza sono arrivati a 17.487, per la maggior parte bambini e donne. Ogni 10 minuti a Gaza muore un bambino. Nella Striscia di Gaza stiamo raggiungendo il punto di non ritorno, denuncia l’agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa) che dall’inizio della guerra ha perso ben 133 dei suoi dipendenti. 

Israele – Hamas: passi per proteggere i civili

Secondo il Segretario di Stato americano Antony Blinken, Israele starebbe facendo passi importanti per proteggere meglio i civili durante la sua offensiva nel sud di Gaza: le forze israeliane starebbero ascoltando il suo appello a operare d’ora in poi in modo diverso rispetto a quanto hanno fatto nel nord di Gaza (intervista alla Cnn). «Ho detto loro molto chiaramente quando ero lì, solo una settimana fa, che non possiamo ripetere nel sud ciò che è accaduto nel nord in termini di danni arrecati ai civili. Stiamo vedendo zone chiaramente designate da Israele come aree sicure, dove non ci saranno spari o forze armate. Abbiamo visto sforzi per garantire che le persone sappiano che devono spostarsi – e non in tutta la città, ma solo in alcuni quartieri. Questo è positivo», anche se occorre fare di più.

Blinken ha definito «straziante» l’enorme bilancio delle vittime civili nella Striscia di Gaza devastata dalla guerra. Ha anche chiesto la creazione di corridoi sicuri affinché i civili possano spostarsi da aree dove potrebbero essere in pericolo a luoghi dove saranno al sicuro, e ha sottolineato la necessità che tali luoghi abbiano cibo, acqua e medicine a sufficienza. 

Ma intanto, gli Usa hanno bloccato con il veto la risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu che chiedeva il cessate il fuoco umanitario a Gaza e definiva la situazione umanitaria «catastrofica». Nonostante la pressione del segretario generale Antonio Guterres, il testo ha ottenuto 13 voti a favore, un astenuto (la Gran Bretagna) e il veto Usa. L’ambasciatore americano all’Onu Robert Wood ha affermato: «Mentre gli Stati Uniti sostengono fermamente una pace duratura, in cui sia israeliani che palestinesi possano vivere in pace e sicurezza, non sosteniamo le richieste per un cessate il fuoco immediato. Ciò non farebbe altro che gettare i semi per la prossima guerra, perché Hamas non ha alcun desiderio di vedere una pace duratura e una soluzione a due Stati».