
Israele: 21 giorni di guerra sono trascorsi da quando Hamas ha sferrato il suo attacco sanguinoso. Continuano i lanci di razzi dalla Striscia, diretti sul territorio israeliano. Da parte israeliana sono stati centinaia e centinaia gli attacchi sull’enclave palestinese in particolare contro centri di comando, siti di lancio di razzi e posti di osservazione a Zaytun, Khan Younis e ad ovest di Jabaliya. Colpiti anche centri di comando della Jihad islamica.
E adesso la svolta di una nuova fase: da ieri sera nel nord della Striscia stanno operando forze israeliane di terra con mezzi corazzati, genieri e fanteria. Come dichiara il portavoce militare Daniel Hagari, «L’esercito sta estendendo gradualmente le proprie attività terrestri a Gaza e la composizione delle proprie forze. Abbiamo esteso la nostra attività operativa. Il nostro modo di combattere consiste nell’andare all’attacco: per terra, in aria e dal mare. Questo è un attacco a Hamas, e noi intendiamo estenderlo». L’ampia incursione non è ancora, a quanto pare, la grande invasione di terra ufficiale annunciata da giorni.
Circa 1.500 ebrei ortodossi, di norma esentati dal servizio di leva, e di età superiore all’età di esenzione dalla coscrizione militare (26 anni), hanno chiesto di unirsi al servizio di riserva dell’esercito dall’inizio del conflitto. Le domande saranno valutate dalle forze armate.
Hamas risponde chiamando alle armi con un appello urgente il popolo della Cisgiordania.
L’amministrazione Biden, da parte sua, sta esortando Israele a ripensare il suo piano per un’offensiva di terra a Gaza e a optare per un’operazione più mirata usando aerei e forze speciali per raid precisi. L’amministrazione è preoccupata dalle potenziali ripercussioni di un assalto totale. Dubita che esso possa centrare l’obiettivo di eliminare Hamas e teme che possa invece far deragliare le trattative per il rilascio degli ostaggi.
Gli ostaggi
L’esercito israeliano ha reso noto che il numero di ostaggi israeliani confermati nelle mani di Hamas a Gaza è di 229. E sale a 29 il numero dei cittadini americani uccisi negli attacchi di Hamas in Israele. Lo ha riferito un portavoce del dipartimento di stato Usa, aggiungendo che risultano anche 15 cittadini statunitensi e un residente permanente legale dispersi.
Israele: 21 giorni di guerra. Le perdite

Sono circa 1.400 le vittime dell’attacco di Hamas nel territorio israeliano. L’esercito stima che ci siano ancora 100-200 israeliani dispersi dall’attacco di Hamas lo scorso 7 ottobre.
I soldati israeliani caduti nel conflitto sono 311.
Il Ministero israeliano della Sanità afferma che 5.431 persone sono state ferite in Israele dall’inizio della guerra con Hamas. Attualmente, ci sono 302 persone ricoverate in ospedale per ferite riportate, di cui 43 gravemente ferite, 172 moderatamente ferite e 87 ferite leggere.
La maggior parte dei civili e dei soldati israeliani presi nell’attacco dello scorso 7 ottobre (ad oggi individuati in 229) sono nelle mani di Hamas. Degli ostaggi, circa 30 sono minori o adolescenti e altri 20 sono anziani.
Israele: 21 giorni di guerra. La situazione degli ostaggi
Tra gli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas, ci sono un bambino di un anno che mecessita del latte artificiale. Uno di 5 anni, una ragazzina di 13 e uno di 16 anni sono affetti da autismo. Una donna ha ferite da arma da fuoco, un’altra con il morbo di Crohn abbisogna di cure specifiche. Un uomo di 60 anni affetto da sclerosi multipla non può camminare autonomamente. Sono alcune delle situazioni di emergenza sanitaria tra i 229 ostaggi, che hanno tra i 9 mesi e i 90 anni di età.
Il card. Pizzaballa si offrirebbe per uno scambio con i bambini
In un incontro online con i giornalisti, il card. Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, ha risposto alla domanda se sarebbe stato pronto ad offrirsi per uno scambio con i bambini ostaggio di Hamas:
«Se io sono pronto a uno scambio? Qualsiasi cosa, se questo può portare alla libertà e riportare a casa quei bambini nessun problema. Da parte mia disponibilità assoluta».
Sull’offerta di mediazione della Santa Sede, ha detto che è stata data disponibilità per cercare di far ritornare gli ostaggi, almeno una parte di loro. Ma la cosa «è molto difficile perché per una mediazione bisogna avere degli interlocutori. E in questo momento con Hamas non si riesce a parlare».
il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin dichiara:
«Ribadisco la nostra forte condanna per gli attacchi terribili e la presa degli ostaggi da parte di Hamas. I nostri pensieri e preghiere sono per gli ostaggi e le famiglie e mi unisco al Papa nel chiedere il loro rilascio immediato. Gli atti di violenza e terrorismo non fanno niente per risolvere il conflitto tra Israele e Palestina, portano solo grande sofferenza agli innocenti».
Il card. Parolin stava partecipando all’inaugurazione della sede del World Jewish Center in via della Conciliazione. Definendo l’evento con la comunità ebraica internazionale come una serata importante per il dialogo tra cristiani e ebrei, ha proseguito: «mostrano il legame che ci unisce in quanto figli dello stesso Dio».
Sfollati
Sono circa 250mila gli israeliani che hanno volontariamente lasciato le loro case nelle aree al confine con la Striscia di Gaza e con il Libano. 126mila di questi hanno ricevuto una sistemazione in aree più sicure nell’ambito di un programma di ricollocamento. Israele ha una popolazione di poco più di nove milioni di abitanti.
Manifestazioni per la pace
Ha causato l’arresto di 500 persone, fra cui circa 20 rabbini, la repressione della manifestazione tenuta davanti al Congresso americano per chiedere il cessate il fuoco a Gaza. La protesta è stata organizzata da due organizzazioni ebraiche che si battono per la liberazione dei palestinesi. Jewish Voice for Peace (Jvp), uno dei gruppi dietro quella che dagli organizzatori viene descritta come «la più grande protesta ebraica in solidarietà con i palestinesi nella storia degli Stati Uniti», ha riferito che la polizia del Campidoglio ha strappato striscioni con la scritta «Cessate il fuoco ora». I manifestanti indossavano magliette con la scritta «Non nel nostro nome», suonavano gli shofar e cantavano preghiere ebraiche.
A Firenze
La fiaccolata per la pace a Firenze ha raccolto migliaia di persone che hanno risposto all’invito di padre Bernardo Gianni, abate di San Miniato al Monte. I manifestanti sono sfilati in silenzio e senza bandiere. Oltre 2300 le candele distribuite ai manifestanti dagli organizzatori. A sfilare semplici cittadini, associazioni, sindacati, gli scout, le istituzioni cittadine e forze politiche dei vari schieramento. Era presente anche il mondo cattolico e cristiano, il rabbino capo di Firenze Gaudi Piperno e l’imam Izzedin Elzlir che si sono stretti la mano. Il video QUI.
La situazione a Gaza

Si aggrava il bilancio delle vittime sulla Striscia di Gaza: i morti sono ora 7.703, la maggior parte donne e bambini. La media è di circa 120 bambini uccisi al giorno, secondo l’agenzia palestinese Wafa. Oltre 1.400 persone risultano inoltre disperse sotto le macerie degli edifici distrutti dai raid israeliani a Gaza. Più di 18.000 i feriti.
Se si pensa che Gaza aveva 2,2 milioni di abitanti, risulta che dal 7 ottobre c’è stato un palestinese ucciso a Gaza ogni 300 persone. I dati sono forniti quotidianamente dal Ministero della Salute di Gaza, amministrata da Hamas. Tra l’impossibilità per i giornalisti internazionali di entrare nella Striscia e le difficoltà che incontrano i reporter lì stanziati, non esistono altre fonti ufficiali a cui guardare, per cui alcuni, tra i quali il presidente Biden, hanno messo in dubbio l’attendibilità dei dati forniti da Hamas.
Il ministero della Sanità di Gaza ha risposto con un documento di 212 pagine in cui sono elencati i nomi e i dati di identificazione di migliaia di palestinesi che le autorità di Hamas hanno dichiarato essere stati uccisi nel bombardamento israeliano. E Philippe Lazzarini, commissario generale dell’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa), li ritiene attendibili, proporzionati anche ai dati sugli impiegati Onu uccisi nella Striscia, ben 53. «Queste persone – sottolinea l’Agenzia – hanno dedicato la loro vita alla loro comunità. Un collega è morto andando a prendere del pane. Lascia 6 figli».
Il commissario italo-svizzero dell’Unrwa ha invece negato che vi sia qualunque evidenza dell’accusa rivolta da Israele a Hamas di sottrarre parte del carburante destinato ai civili della Striscia per alimentare generatori di corrente vitali per case, ospedali, eccetera.
Le brigate Ezzedin al-Qassam, braccio armato di Hamas, hanno fatto sapere che quasi 50 ostaggi israeliani sono stati uccisi da quando Israele ha iniziato a bombardare la Striscia di Gaza. Tra di loro ci sono anche stranieri, ma non ne è stata specificata la nazionalità.
Inoltre, sono come minimo 29 i giornalisti che hanno perso la vita nella guerra tra Israele e Hamas, almeno 24 dei quali palestinesi.
È un massacro
La notizia più atroce dell’attuale conflitto fra Israele ed Hamas riguarda il missile israeliano o il razzo palestinese che ha colpito un complesso ospedaliero a Gaza, l’Al-Ahli Arabi Baptist Hospital, provocando 471 morti. Hamas accusa Israele di essere dietro l’attacco mortale, Israele incolpa la Jihad islamica, un’altra organizzazione islamista armata a Gaza.
Dichiara il dottor Ghassan Abu Sittah, medico di Medici Senza Frontiere a Gaza: «Stavamo lavorando nell’ospedale quando abbiamo sentito una forte esplosione e il soffitto è crollato in sala operatoria. È un massacro». MSF è «inorridita da questo bombardamento. Nulla giustifica un attacco su un ospedale, dove ci sono pazienti, personale medico e persone in cerca di un luogo sicuro dove rifugiarsi. Gli ospedali non sono un bersaglio. Questo spargimento di sangue deve cessare». Un operatore sanitario, giunto con i soccorsi, ha dichiarato che non è stato possibile contare i corpi degli uccisi, tanto erano dilaniati.
Accuse reciproche
Secondo il portavoce dell’esercito israeliano, l’ospedale sarebbe stato colpito dal fallito lancio di un razzo della Jihad islamica. L’esercito israeliano diffonde alcune foto aeree che mostrerebbero che non c’erano jet sopra la struttura ospedaliera. L’esercito israeliano ha diffuso immagini aeree, «prima e dopo il lancio fallimentare di un razzo della Jihad islamica», che mostrerebbero che non c’erano aerei israeliani sopra l’ospedale di Gaza City. Le immagini, pubblicate anche su X, mostrano il sito dell’esplosione senza segni visibili di un cratere, affiancate a un esempio di cratere causato dalle forze aeree in un altro sito.
Netanyahu rincalza: i terroristi hanno colpito l’ospedale, non l’esercito israeliano. Anche il presidente israeliano Isaac Herzog rifiuta le accuse secondo cui Israele avrebbe colpito l’ospedale di Gaza e ne addebita la responsabilità ad un missile della Jihad islamica.
Il portavoce della Jihad islamica ha negato invece ogni responsabilità del gruppo nel bombardamento dell’ospedale a Gaza, respingendo le accuse di Israele secondo cui un fallito lancio di un razzo avrebbe provocato la strage. Ma il portavoce militare israeliano, Daniel Hagari, produce anche la registrazione di una conversazione fra miliziani palestinesi che confermerebbe il lancio di un razzo difettoso. Dall’inizio del conflitto, precisa, 450 razzi palestinesi difettosi sono esplosi all’interno della Striscia.
L’Associated Press ha analizzato più di una dozzina di video dei momenti prima, durante e dopo l’esplosione dell’ospedale di Gaza oltre a immagini e foto satellitari. L’analisi «mostra che il razzo che si è spezzato in aria è stato lanciato dall’interno del territorio palestinese e che l’esplosione dell’ospedale è stata molto probabilmente causata dallo schianto di una parte del razzo al suolo». Tuttavia, la «mancanza di prove forensi e la difficoltà di raccogliere il materiale sul terreno nel bel mezzo di una guerra fanno sì che non esistano prove definitive che la rottura del razzo e l’esplosione nell’ospedale siano collegate».
Ma questo è solo uno degli episodi di distruzione, anche se il più grave. L’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, ha denunciato un raid dell’esercito israeliano che ha provocato la morte di almeno sei persone che si erano rifugiate in una scuola a Gaza. Un altro ha colpito una torre residenziale, uccidendo nove persone, tra cui sette bambini.
Almeno 17 morti nel raid alla chiesa a Gaza
È salito ad almeno 17 morti, con decine di feriti, il bilancio delle vittime dell’attacco aereo contro la chiesa ortodossa di San Porfirio a Gaza. Lo riferisce Caritas Internationalis. Nell’attacco nella sala adiacente alla chiesa di San Porfirio a Gaza – che ha fornito rifugio a 411 persone -, vi erano anche 5 membri dello staff di Caritas Gerusalemme, insieme alle loro famiglie. Di questi, Viola, una tecnica di laboratorio Caritas Gerusalemme di 26 anni, ha perso la vita insieme al suo bambino e al marito. Tra le vittime ci sono anche la sorella di Viola e i suoi due figli.
Amnesty accusa: “Prove schiaccianti” crimini guerra Gaza
Amnesty International denuncia la situazione: prove schiaccianti che a Gaza vengano commessi crimini di guerra. «Mentre le forze israeliane continuano a intensificare il loro catastrofico assalto alla Striscia di Gaza occupata, Amnesty International ha documentato attacchi illegali, indiscriminati, che hanno causato vittime civili di massa e devono essere indagati come crimini di guerra. L’organizzazione ha parlato con sopravvissuti e testimoni oculari, ha analizzato immagini satellitari e verificato foto e video per indagare sui bombardamenti aerei effettuati dalle forze israeliane tra il 7 e il 12 ottobre, che hanno causato distruzioni orribili e in alcuni casi sterminate intere famiglie». Onu: “A Gaza 50 mila donne incinte, 5.500 stanno per partorire”
La condizione della popolazione a Gaza è grave ma lo è ancor più per le donne e le ragazze. Circa 50.000 donne a Gaza sono attualmente incinte e più di 5.500 dovrebbero partorire entro il mese prossimo. La situazione è difficile perché, secondo i dati dell’Oms, un terzo degli ospedali del territorio e quasi due terzi delle cliniche di assistenza sanitaria di base sono stati chiusi. Inoltre, la violenza ha dato vita a quasi 900 nuove famiglie con capofamiglia femminile, donne che devono fare enormi sforzi di queste donne per provvedere ai familiari. Né manca la minaccia della violenza di genere, aggravata dallo sfollamento di massa e dalle condizioni nei rifugi sovraffollati.
A Gaza 1,4 milioni di sfollati
Il Ministero della Sanità di Gaza ha riferito che il numero di rifugiati nella Striscia ha raggiunto 1,4 milioni di persone. Secondo il ministero, 685.000 rifugiati si sono trasferiti a vivere con altre famiglie, 544.000 si sono trasferiti nelle scuole dell’UNRWA, circa 100.000 si sono trasferiti in moschee e chiese e circa 70.000 si sono trasferiti nelle scuole statali.
Circa 30.000 sfollati interni a Gaza, però, sono ritornati nel nord della Striscia, a causa degli intensi bombardamenti che ci sono anche nel sud del territorio e del sovraffollamento in molti rifugi. Lo rende noto l’Ufficio di coordinamento per gli affari umanitari dell’ONU, sottolineando che i rifugi per sfollati ospitano tre volte più persone di quelle previste per la loro capacità. In totale, circa 641.000 degli oltre 1,4 milioni di abitanti di Gaza hanno lasciato le loro case dal 7 ottobre. Altri 121.700 sfollati sono ospitati in ospedali, scuole e altri edifici pubblici, 79.000 in scuole non dipendenti dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati Palestinesi (UNRWA) e circa 700.000 in case di famiglia.
La situazione sanitaria
L’ospedale di Shifa, dove sono state portate le vittime dell’esplosione dell’ospedale al-Ahli, è rimasto senza carburante. Mohammed Abu Selmia, direttore generale dell’ospedale, il più grande di Gaza, rende noto come la struttura sanitaria stia lavorando ben oltre la sua capacità in seguito all’esplosione all’ospedale al-Ahli. Preferisco omettere la descrizione delle tremende ferite.
Le scorte mediche stanno finendo. Il chirurgo Ghassan Abu Sitta afferma di aver fatto ricorso all’aceto del negozio all’angolo per curare le ferite batteriche e prevenire l’infezione. I chirurghi sono ridotti ad operare senza anestesia. Si è dovuto procedere a razionare l’acqua, distribuendo solo un litro d’acqua per persona al giorno. Tlaleng Mofokeng, relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto alla salute, afferma: «Il settore sanitario nell’enclave di Gaza è a un punto di rottura. Le infrastrutture mediche di Gaza sono state irreparabilmente danneggiate e gli operatori sanitari stanno lavorando in una situazione disastrosa con un accesso limitato alle forniture mediche e condizioni che non consentono loro di fornire assistenza sanitaria tempestiva e di qualità».
Nella Striscia di Gaza sono ad ora 12 gli ospedali chiusi e 32 le cliniche impossibilitate a fornire servizi ai proprio assistiti. non più operativi a causa della carenza di carburante e degli attacchi israeliani. 23 ambulanze sono state distrutte nei bombardamenti israeliani.
Anche da Medici Senza Frontiere (Msf) arriva la denuncia che a Gaza il sistema sanitario è quasi al collasso. «Manca il personale, i farmaci e le forniture mediche e i medici rimasti non riescono a far fronte al grande afflusso di feriti che ogni giorno arrivano nelle strutture sanitarie con ferite da trauma, ustioni, fratture e schiacciamenti degli arti… A causa della generale carenza di medicinali, sono a rischio anche i pazienti con malattie croniche, come il diabete e il cancro, e le donne incinte. L’ospedale di Al-Shifa è inoltre diventato rifugio per migliaia di persone in fuga dai bombardamenti». C’è un enorme numero di feriti, la maggior parte dei quali sono civili, donne e bambini. «Già solo in questo momento ci sono più di 3.000 pazienti e nel nostro ospedale, in condizioni normali, la capacità massima è di 700 posti letto».
L’ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari afferma che i palestinesi di Gaza sono ricorsi a bere acqua salmastra dai pozzi agricoli. Ciò aumenta l’esposizione ai pesticidi e ad altre sostanze chimiche, esponendo la popolazione al rischio di morte o di epidemia di malattie infettive. A causa delle restrizioni di accesso alle principali discariche di Gaza, vicino alla recinzione perimetrale con Israele, i rifiuti solidi si sono accumulati in luoghi temporanei e nelle strade, ponendo rischi per la salute e l’ambiente».
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