Quello di Isacco è un sacrificio pasquale? Gli ebrei chiamano il sacrificio di Isacco ‘aqedah, cioè legatura, perché in effetti il sacrificio non vi è stato, ma la vittima è stata legata e poi liberata. Questo non sminuisce affatto l’offerta di Abramo – ed anche di Isacco, perché essendo uomo fatto avrebbe potuto ribellarsi. Già in era precristiana si fa strada l’idea della volontarietà del sacrificio da parte di Isacco.
Ma le interpretazioni rabbiniche più antiche (I-II secolo d.C.) parlano di un sacrificio avvenuto, di un Abramo che non avrebbe fermato la propria mano e avrebbe realmente ucciso il figlio. Secondo alcune tradizioni giudaiche, il sacrificio di Isacco ebbe luogo nell’ora in cui più tardi sarebbe avvenuto il sacrificio degli agnelli nel tempio, e la liturgia di Pasqua univa il gesto di Abramo al sacrificio dell’agnello. Alcuni testi suggeriscono che Abramo abbia veramente immolato Isacco, ma che Dio lo abbia poi risuscitato; e che il sangue della ‘aqeda di Isacco liberi Israele dal castigo.
Isacco: un sacrificio pasquale? Il terzo giorno
Inoltre, sono importanti le menzioni scritturali ripetute, in contesti di intervento salvifico divino, del “terzo giorno” in cui Dio si fa presente all’uomo, al suo popolo: infatti, Gn 22,4 inaugura la serie dei “terzi giorni” in cui si manifesta l’intervento di Dio (con Gn 40,20: il riscatto di Giuseppe nella festa del genetliaco del faraone; Es 19,11.16: la manifestazione di Dio al Sinai; 2Re 20,5.8: la guarigione di Ezechia; Est 5,1: l’impetrazione di Ester al re; Os 6,2: il risorgimento nazionale di Israele).
Questo primo “terzo giorno” non ci può far dimenticare il contesto di resurrezione in cui Eb 11,17 ss. pone la speranza di Abramo riguardo al figlio: «Per mezzo della fede… Abramo, messo alla prova, ha offerto Isacco, ed è il suo figlio unico, che egli offriva in sacrificio, lui che era il depositario delle promesse, lui a cui era stato detto: È attraverso Isacco che tu avrai una posterità che porti il tuo nome. Dio, pensava, è capace anche di resuscitare i morti; è perciò che egli riebbe suo figlio, e ciò fu un simbolo» (Eb 11,17 ss.).
Abramo è andato dunque al di là del figlio, nella promessa rinnovata di una discendenza «come le stelle del cielo e come la sabbia che è in riva al mare» (v. 17) e di una benedizione per «tutte le nazioni della terra» (v. 18). Bachja (BACHJA Ibn PAKUDA, Commento al Pentateuco su Es 19,13, Varsavia 1853) e J. Caro (JOSEPH CARO, Toledhoth Jzchak a Genesi 22,13, Costantinopoli 1518) sostengono anche che l’ariete risuscitò: il sacrificio di Isacco si svolge in un contesto di vita totale.