La solennità dell’Immacolata Concezione di Maria è una delle più importanti feste mariane. Anche se la promulgazione del dogma che la concerne è relativamente recente, la fede che esprime è antica. Ne vedremo in breve il processo storico, dopo aver dato posto ad un’omelia del compianto don Enzo Greco parroco in Follonica.
Omelia di don Enzo Greco per la solennità dell’Immacolata Concezione
(8 dicembre 1994)
Oggi, nel cuore dell’Avvento – tempo di preparazione al Natale, alla venuta di Gesù che viene ogni giorno e che verrà alla fine della nostra vita -, celebriamo la festa della Immacolata Concezione. La ricostruzione del significato di questa festa ci viene data dalle letture odierne. La prima, tratta dal libro della Genesi, è la lettura di una condizione reale, e vuole spiegare l’origine del male morale, cioè quello che affligge lo spirito dell’uomo: perché siamo cattivi? Perché siamo condannati all’infelicità? Per quale motivo esiste la violenza? Perché scopriamo il male fuori di noi e dentro di noi?
Perché il male?
Questi interrogativi ce li poniamo noi oggi, questi interrogativi se li sono posti gli autori biblici.
L’origine del male consiste nell’uomo che ha rivolto le spalle a Dio. Cogliere il frutto significa, in questa lettura, fare a meno di Dio. Facendo a meno di Dio le passioni umane si sono infilate dentro l’animo umano. Per cui, da Adamo ed Eva in poi, ecco il peccato originale, con questa terribile e insidiosissima ambiguità: quella tra il bene e il male.
Noi siamo incapaci di fare il bene, il bene grande che Dio ci insegna attraverso Gesù Cristo nel vangelo, perché si nasce tutti con questa malattia.
Una Madre Immacolata
Maria ci viene presentata come Immacolata Concezione, questo privilegio concesso a Maria di nascere senza questa pericolosa ambiguità con cui tutti gli uomini, compresi i santi, sono nati. Ella ha avuto questo singolare privilegio perché doveva essere la Madre del Cristo. Essendo la Madre del Cristo nostro Redentore, doveva essere anche la nostra Madre, ovvero la Madre della Chiesa, Madre dei credenti. Dio ha voluto quindi regalarci, sin dal concepimento, una Madre perfetta, Madre nostra, che siamo i credenti che veniamo da Cristo.
Abbiamo ascoltato un’altra grande idea nel racconto dell’annunciazione da parte dell’Arcangelo Gabriele, nel Vangelo di Luca. Maria non conosceva questa sua realtà spirituale interiore. Alla rivelazione dell’angelo che la chiamava “la piena di grazia”, cioè senza peccato originale, e le annunciava che sarebbe divenuta la Madre del Salvatore, rimane stupita, rimane meravigliata e turbata, tuttavia si rende disponibile.
La grazia della fede
Che cosa dobbiamo fare noi? Comprendere che la salvezza dal male ci viene da Gesù Cristo. Comprendere che noi uomini pellegrini di questo mondo, che andiamo incontro alla morte, incontro al Cristo che viene, siamo in attesa. Anche noi siamo in attesa che Dio si riveli pienamente nella nostra vita; e Maria ci dà l’esempio di questa attesa, disponibile alla rivelazione piena di Dio in noi.
Oggi chiediamo tante grazie a Maria e ognuno deposita le proprie preghiere, le proprie intercessioni a Maria. Ma la grande grazia che dobbiamo chiedere alla Madonna, è la grazia della fede. Una Madre non rifiuta niente ai propri figli, niente di buono; Maria ci può aiutare ad ottenere una fede forte, una fede grande.
Una fede dell’essenziale
La fede come Gesù vuole è impossibile, lo abbiamo sentito da Maria: “come è possibile”, cioè impossibile, che avvenga ciò che hai detto? Maria si rende disponibile a questo: all’impossibile umano. Anche noi possiamo ottenere una fede forte se lo chiediamo con tutte le nostre forze, se ci rendiamo disponibili come Maria, e oggi prego perché questa nostra comunità parrocchiale possa avere, per intercessione di Maria, una fede forte, una fede disponibile, grande, una fede dell’essenziale.
Siamo forse abituati a una quieta fede fatta di spente tradizioni, senza essere una fede, come quella di Maria, che è forte e grande, che è disponibile fino alla croce di Cristo, che accompagna le tappe principali della vita di Cristo, come anche noi discepoli e seguaci di Cristo siamo chiamati a seguire Cristo sempre, per giungere poi definitivamente anche alla sua gloria, a partecipare alla sua gloria, che è la gloria della sua resurrezione.
È un impegno di vita grande. Maria Madre della Chiesa conceda a noi credenti di essere credenti sul serio, di essere credenti non per semplice appartenenza di tradizione, ma per una profonda disponibilità nei confronti di quello che Dio ci chiede attraverso Gesù Cristo: a essere veramente la comunità di salvati…
Esempio di attesa
In questo tempo di Avvento noi non ci prepariamo soltanto al Natale – Gesù è già venuto, – ma dobbiamo attivare una fede nel Gesù che verrà e viene ogni giorno; Gesù ci interpella, ci attende e noi lo attendiamo, attendiamo la piena rivelazione di lui in noi. Che Maria sia per noi esempio di attesa, come dobbiamo attendere anche noi una fede forte. Dobbiamo sentire queste aspirazioni, essere stimolati a superare una fede fatta di quiete abitudini per una fede come quella attesa dai profeti e da Maria.
Il dogma dell’Immacolata
La festa dell’Immacolata, con la sua novena e il canto del Tota pulchra, è un cammino che ci ha accompagnato verso il Natale.
Fu S. Agostino (354 – 430) il primo teologo a parlare esplicitamente della natura immacolata di Maria: «la pietà impone di riconoscere Maria senza peccato». Proclo di Costantinopoli (+ 446-7) scrive che Maria «è il santuario dell’impeccabilità, il tempio santificato di Dio […], il paradiso verdeggiante e incorruttibile». Theoteknos di Livia (VII sec.) la definisce «tutta bella, pura e senza macchia […] Nasce come i cherubini colei che è fatta di argilla pura e immacolata».
Sofronio di Gerusalemme dichiara Maria «pura, santa, senza macchia, risplendente, dai sentimenti divini, santificata, libera da tutte le lordure del corpo, del pensiero, dell’anima».
Nel Medioevo, poi, Anselmo d’Aosta (+ 1109) sostenne che Maria, concepita come tutti gli uomini nel peccato originale, fu anticipatamente redenta da Cristo, prima della nascita del Salvatore. La redenzione anticipata di Anselmo è sostanzialmente ripresa dai grandi teologi scolastici: Bernardo di Chiaravalle (+ 1153); Alessandro di Hales (+ 1245); Alberto Magno (+ 1280); Tommaso d’Aquino (+ 1274); Bonaventura (+ 1274).
La mariologia francescana
I Francescani, poi, si sono sempre distinti per la loro devozione alla Vergine Immacolata. Ma fu il beato Giovanni Duns Scoto, il Dottore Sottile, a sostenere non la «redenzione anticipata» di Anselmo e degli scolastici, ma la «redenzione preventiva» o «preservativa»: Maria non fu concepita nel peccato originale e poi redenta, ma fu concepita senza peccato originale. Il suo ragionamento ribaltò così i termini della questione: Maria non fu un caso anticipato dell’opera redentiva di Cristo, ma la primizia della più perfetta azione salvifica:
«Cristo esercitò il più perfetto grado possibile di mediazione relativamente a una persona per la quale era mediatore. Ora, per nessuna persona esercitò un grado più eccellente che per Maria […]. Ma ciò non sarebbe avvenuto se non avesse meritato di preservarla dal peccato originale».
Sin dal 1263 la festa dell’Immacolata era di precetto in tutti i conventi francescani. E fu un papa francescano, Sisto IV, che con la Costituzione apostolica del 27 febbraio 1477 prescrisse la festa e l’ufficio dell’Immacolata alla città di Roma. La notte, durante la recita del Mattutino della festa dell’Immacolato Concepimento di Maria, al posto dell’ottavo Responsorio era prescritto che il coro cantasse il Tota pulchra. Lo stesso Sisto IV, due anni più tardi, fece costruire, nell’antica basilica vaticana, una cappella dedicata alla Madonna Immacolata.
Discussioni
Vi furono comunque discussioni teologiche sul privilegio mariano dell’Immacolata Concezione che ad alcuni appariva in contraddizione con l’affermazione di san Paolo apostolo, secondo la quale tutti hanno peccato: «Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato» (Rm 5,12).
Nei secoli successivi i teologi cattolici furono sostanzialmente divisi sulla questione: a grandi linee, i domenicani sostenevano la redenzione anticipata degli scolastici, mentre i francescani sostenevano la redenzione preventiva di Scoto.
La questione fu risolta dalla promulgazione del dogma mariano dell’Immacolata Concezione di Maria da parte di Pio IX nel 1854.
Tota pulchra
Il testo
«Tota pulcha es Maria
Tota puchra es Maria
Et macula originalis non est in te
Et macula originalis non est in te.
Tu gloria Ierusalem.
Tu laetitia Israel.
Tu honorificentia populi nostri.
Tu advocata peccatorum.
O Maria, O Maria.
Virgo prudentissima.
Mater clementissima.
Ora pro nobis.
Intercede pro nobis.
Ad Dominum Iesum Christum».
L’origine
Il «Tota pulchra» è un antico inno cristiano, ma non c’è da meravigliarsi se precede di tanti secoli la proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria (1854), perché l’affermazione iniziale, «Tutta bella sei, Maria, e in te non vi è macchia», è la traduzione letterale di Ct 4,7.
Originariamente le composizioni che costituiscono il Cantico dei Cantici sono canzoni di amore dal significato profano, tanto è vero che il maestro Aqivah, grande sostenitore della divina ispirazione del Cantico, proibiva che venisse cantato nelle taverne. Leggeva infatti in esso, al di là delle parole di amore di un «lui» e di una «lei», l’allegoria dell’amore di Dio per il suo popolo Israele.
Il linguaggio dell’amore
È a questo titolo, come allegoria dell’amore divino, che entrò a buon diritto nel canone rabbinico delle Sacre Scritture oltre che per l’attribuzione salomonica, anche se a dire il vero esiste un’altra ragione, antropologica: la Scrittura non è solo un discorso su Dio, una teo-logia, è anche un discorso sull’uomo davanti a Dio, un’antropo-logia divina. In questo senso, una antica interpretazione rabbinica attribuisce a Samolone tre libri biblici in relazione alle tre età della vita. R. Jonathan diceva:
«Quando un uomo è giovane, canta canzoni d’amore [il Cantico dei Cantici].
Quando un uomo diventa adulto, enunzia massime di vita [i Proverbi].
Quando un uomo è vecchio, parla della vanità delle cose [Qohelet]».
In quest’ottica, il Cantico dei Cantici riflette una fase della vita e una situazione creaturale dell’uomo di fronte a Dio.
In ogni caso, anche la Chiesa ne accettò la lettura allegorica applicandola all’amore di Cristo per la Chiesa, di Dio per l’anima umana, di Dio per Maria: l’interpretazione mariologica è particolarmente importante per la liturgia. Quindi, l’elogio che ogni «lui» desidererebbe fare alla sua «lei» trova in Maria il suo significato eminente: non è più solo un modo di dire, è vero e sacrosanto che in Maria non vi è macchia alcuna, neppure quella del peccato originale.