La Voce e la Parola

Il Verbo e la voce
San Giovanni Battista. Foto di Dimitris Vetsikas da Pixabay

In Avvento campeggia la figura del Battista come testimone del Cristo venturo. Attenzione, però: la Parola di Dio, il Verbo, è il Cristo, il Battista è solo la Voce che la annuncia. Ce lo dice molto chiaramente S. Agostino (Discorso 293) con un interessante esame del rapporto fra il Verbo (Parola) e la voce che lo esprime, voce che deve essere cercata nella lingua adatta e fra i modi più adeguati a rendere il Verbo comprensibile.

Dai Discorsi di S. Agostino

Cristo è il Verbo

5. Abbiamo ascoltato come Cristo sia il Verbo; ascoltiamo ora come Giovanni sia la voce. Quando gli fu chiesto: Tu chi sei?, rispose: Io sono la voce di uno che grida nel deserto. Intratteniamoci dunque brevemente, o carissimi – solo brevemente, per quanto il Signore vorrà concederci – sul tema “voce e Verbo”. Cristo è il Verbo: non certo la parola che risuona negli orecchi e passa, poiché quel che risuona e passa è il suono della voce, non la parola. Dunque il Verbo di Dio, ad opera del quale sono state create tutte le cose, è il nostro Signore Gesù Cristo; la voce di uno che grida nel deserto è Giovanni. Chi è prima, la voce o la parola? Vediamo il senso di questi due termini e sapremo chi preceda nell’esistenza.

Il Verbo di Dio e il nostro verbo

6. Fratelli,cosa pensate che sia il verbo? Lasciamo ora da parte il Verbo di Dio e parliamo un poco del nostro “verbo” per vedere se possiamo, partendo dalle cose infime, giungere per via di similitudini alle realtà somme… Cos’è questo verbo? Pensiamo forse che il verbo sia il suono che tu odi con i tuoi orecchi? Il verbo è ciò che intendi esprimere con la bocca. Nel cuore hai concepito un concetto per comunicarlo fuori: questa concezione si è fatta già parola nel tuo cuore; già tu conosci ed hai già pronunciato dentro di te questa parola, cioè quello che vuoi comunicare e che è stato concepito nel tuo cuore…

Unico il verbo, molteplici le voci

7. Come abbiamo detto, è verbo ciò che hai concepito nel cuore per poi esternarlo; si chiama, cioè, verbo la stessa cosa concepita nel cuore per essere espressa con la voce. Quando dunque hai concepito ciò che intendi dire e questa stessa concezione, questo concetto è divenuto “verbo” nel tuo cuore, ti rivolgi alla persona con cui intendi parlare e a cui intendi comunicarlo. Se ti accorgi che si tratta d’un greco, per esternargli il tuo verbo cerchi una voce greca; se vedi che è un latino, cerchi una voce latina con cui esprimere il tuo verbo; se vedi che è ebreo, una voce ebraica; se vedi che è un punico, una voce punica: naturalmente, se conosci queste lingue. Se tu non conosci la lingua di chi ti sta innanzi e questi conosce soltanto la propria lingua, non per questo ti viene a mancare il verbo ma solo la voce. Dunque il verbo da te concepito nel cuore era antecedente a tutte queste voci ed esisteva prima di esse: prima della voce greca, latina, ebraica, punica o di qualunque altro linguaggio esistente nel mondo… quel concetto, che avevi concepito prima di ogni voce, non era né latino né greco né punico né altro di simile. Ecco dunque un grande mistero. Anche se tu rimanessi perfettamente silenzioso, forse che per questo il concetto non vivrebbe nel tuo cuore e, qualora non vi sia alcuno a cui comunicarlo, ti sarebbe forse sconosciuto ciò che hai concepito nel cuore? Anche senza la mediazione di alcuna lingua ti sarebbe manifesto tramite la conoscenza diretta.

La voce non si identifica con il verbo

8. Per essere più chiari facciamo un esempio. Al di sopra di tutte le cose create c’è quella cosa che è Dio, se egli si può chiamare “cosa”. Dunque Dio è al di sopra di tutto ciò che ha creato: da Lui, in Lui e per Lui esistono tutte le cose. È mai possibile che questa realtà immensa, che io ho detto essere Dio, si riduca a queste due sillabe e che tutta la sua infinita potenza sia in esse racchiusa? Ma egli esisteva prima ancora che io potessi concepirlo nel cuore. E a chiamarlo “Dio” come ci sono riuscito? Nella lingua latina egli è chiamato “Deus”, in quella greca “Theós”, in quella punica “Ilim”. L’ho denominato in tre diverse lingue ma ciò che ho concepito nel cuore non si identifica con nessuna di esse: io però, volendo comunicare ciò che ho pensato di Dio, parlando con un punico userei la parola “Ilim”, con un latino “Deus”, con un greco “Theós”: tuttavia prima di incontrare qualcuno di loro, quanto io avevo concepito nel cuore non era né greco né punico né latino. Ebbene, quello che avevo concepito di comunicare si chiama “verbo”, quello che ho usato per comunicarlo “voce”.

Cristo è il Verbo, Giovanni la voce

10. Se Cristo è il Verbo e Giovanni la voce, Cristo-Verbo fu prima [di Giovanni] presso Dio; viceversa, riguardo a noi giunse prima la voce perché potesse venire a noi il Verbo. Dunque presso Dio esisteva il Verbo quando ancora Giovanni, la voce, non esisteva.

11. Osservate ora, fratelli miei, come la voce risuona e passa, mentre il verbo rimane. Fate attenzione a quel che dico. Ecco, pronunzio la parola “Dio”. Prima ho concepito nel cuore ciò che volevo dire, poi sono risuonate quelle due sillabe e sono passate. Forse che insieme a loro è passato anche quello che avevo concepito nel cuore? … Ebbene, fratelli, il ministero dell’uomo Giovanni era simile alla voce, quindi destinato a passare.

Giovanni diminuisce, Cristo cresce

12. Giungerà il momento in cui vedremo il Verbo come lo vedono gli angeli: allora non avremo bisogno di parole come adesso, né ci sarà bisogno di annunziatori del Vangelo, in quanto avremo la visione del Verbo in se stesso…Per il fatto dunque che quanto più progrediamo nella comprensione, tanto meno avremo bisogno di voci per arrivare ad essa, lo stesso Giovanni disse: Lui deve crescere, io al contrario debbo diminuire. Crescendo il Verbo, diminuisce la voce.

Ma che significa quel “crescere il Verbo”? Non cresce certamente il Verbo in se stesso, ma siamo noi a crescere in lui: in lui progrediamo, in lui ci arricchiamo in maniera tale che non abbiamo più bisogno di voci. Anche le date di nascita del Verbo e della voce stanno ad indicare questo fatto: il Verbo è nato il 25 dicembre, quando i giorni cominciano ad allungarsi, mentre la Voce è nata prima del Verbo ma quando i giorni cominciavano a diventare più brevi: Egli deve crescere, io al contrario debbo diminuire. 

“Io non sono”

È una costante del Battista quella di sminuire se stesso per dare spazio al Cristo. Il Prologo narrativo del vangelo di Giovanni inizia con una triplice negazione del Battista:

  • Io Non Sono (il Cristo)
  • Io Non Sono (Elia)
  • Io Non Sono (il Profeta)

Queste parole risuonano in chiara contrapposizione al triplice IO SONO di Gesù all’inizio del racconto della Passione. L’Io Sono è proprio soltanto di Dio.

Può sorprendere il fatto che Giovanni neghi di essere il Profeta, perché in realtà Gesù stesso, nei sinottici, lo dichiara tale. Ma questa negazione, per il IV Vangelo, è funzionale alla linea di condotta del Battista (mai chiamato così in Giovanni, ma solo per nome) quale amico dello Sposo che deve diminuire perché Lui cresca. Questo, in chiara risposta a coloro che a fine secolo ancora pretendevano che il Battista fosse l’atteso Messia. Mai fermarsi alle voci: andare diritti verso il Verbo, la Parola.