Il testamento di Sammy Basso

Il testamento di Sammy
Foto di Karen .t da Pixabay

Non conoscevo il caso di Sammy Basso, e neppure la sua patologia, una rarissima quanto terribile malattia genetica che condanna il soggetto all’invecchiamento precoce fin da bambino, colpendone il fisico ma non la mente. Tutte cose che vengo a sapere adesso, dopo la sua morte improvvisa in età giovanile (ma non imprevedibile, nel quadro della sua particolare malattia) e dopo la lettura del suo testamento spirituale, fatta dal vescovo di Vicenza Giuliano Brugnotto.

Il testamento di Sammy è sorprendente, per la profondità interiore, la serenità dei sentimenti e la spigliatezza dello stile comunicativo. Ne riporto solo qualche stralcio (i titoli sono miei). In fondo farò una piccola considerazione.

Il testamento di Sammy

«Voglio che sappiate innanzitutto che ho vissuto la mia vita felicemente, senza eccezioni, e l’ho vissuta da semplice uomo, con  i momenti di gioia e i  momenti  difficili, con la  voglia  di fare bene, riuscendoci  a  volte e a  volte fallendo miseramente…

La gloria personale, la grandezza, la fama, altro non sono che una cosa passeggera. L’amore che si crea nella vita invece è eterno, poiché Dio solo è eterno, e l’amore ci viene da Dio…

Voglio farvi sapere che  voglio bene  a  tutti voi, e che è stato un  piacere  compiere  la strada della mia vita  al vostro  fianco.  Non  vi  dirò  di  non  essere tristi, ma non siatelo troppo…

Anche Gesù ha avuto paura

Se vorrete ricordarmi invece, non sprecate troppo tempo in rituali vari, pregate, certo, ma prendete anche dei bicchieri, brindate alla mia e alla vostra salute, e siate allegri. Ho sempre amato stare in compagnia, e perciò è così vorrei essere ricordato. Probabilmente però ci vorrà del tempo, e se voglio veramente consolare e partire da questo mondo in modo da non farvi stare male, non posso semplicemente dirvi che il tempo curerà ogni ferita. Anche perché non è vero.

Perciò vi voglio parlare schiettamente del passo che io ho già compiuto e che tutti devono prima o poi compiere: la morte… ci fa paura!  È  normale,  non  c’è niente di  male,  anche  Gesù ha avuto paura. È la paura delI’ignoto, perché non possiamo dire di averne avuto esperienza in passato. Pensiamo però alla morte in modo positivo: se Iei non ci fosse probabilmente non concluderemmo niente nella nostra vita, perché tanto, c’è sempre un domani.  La morte invece ci fa sapere che non c’è sempre un domani, che se vogliamo fare qualcosa, il momento giusto è “ora”!

Sorella morte

Per un cristiano però la morte è anche  altro. Da quando Gesù è morto sulla croce, come sacrificio per tutti i nostri peccati, la morte è l’unico modo  per vivere realmente,  è l’unico  modo per tornare finalmente alla casa del Padre, è l’unico modo per vedere finalmente il Suo Volto. E da cristiano ho affrontato la morte. Non volevo morire, non ero pronto per morire, ma ero preparato. L’unica cosa che mi dà malinconia è non poter esserci per vedere il mondo che cambia e che va avanti. Per il resto però, spero di essere stato in grado, nell’ultimo mio momento, di vedere la morte come la vedeva san Francesco, le cui parole mi hanno accompagnato tutta la vita. Spero di essere riuscito anch’io ad accogliere la morte come “Sorella morte”, dalla quale nessun vivente può scappare.

Se in vita sono stato degno, se avrò portato la mia croce così come mi era stato chiesto di fare, ora sono dal Creatore. Ora sono dal Dio mio, dal Dio dei miei padri, nella sua Casa  indistruttibile. Lui, il nostro Dio, l’unico vero Dio, è la causa prima e il fine di ogni cosa. Davanti alla morte nulla ha più senso se non Lui. Perciò, sebbene non c’è bisogno di dirlo, poiché Lui sa tutto, come ho ringraziato voi voglio ringraziare anche Lui. Devo tutta la mia vita a Dio, ogni cosa bella. La Fede mi ha accompagnato e non sarei quello che sono senza la mia Fede. Lui ha cambiato la mia vita, l’ha raccolta, ne ha fatto qualcosa di straordinario, e lo ha fatto nella semplicità della mia vita quotidiana.

Non stancatevi di servire Dio

Non stancatevi mai, fratelli miei, di servire Dio e di comportarvi secondo i suoi comandamenti, poiché nulla ha senso senza di  Lui e  perché ogni nostra azione  verrà  giudicata  e  decreterà  chi continuerà  a  vivere in eterno  e chi invece dovrà morire. Non sono di certo  stato il più buono dei cristiani, sono stato anzi certamente un peccatore, ma ormai poco conta: quello che conta è che ho provato a fare del mio meglio e lo rifarei. 

Non stancatevi mai, fratelli miei, di portare la croce che Dio ha assegnato ad ognuno, e non abbiate paura di farvi aiutare nel portarla, come Gesù è stato aiutato da Giuseppe di Arimatea. E non rinunciate mai ad un rapporto pieno e confidenziale con Dio, accettate di buon grado la Sua Volontà, poiché è nostro dovere, ma non siate nemmeno passivi, e fate sentire forte la vostra voce, fate conoscere a Dio la vostra volontà, così come fece Giacobbe, che per il suo essersi dimostrato forte fu chiamato Israele: Colui che lotta con Dio. Di sicuro, Dio, che è madre e padre,  che nella persona  di Gesù ha provato  ogni  umana debolezza, e che nello Spirito Santo vive sempre in noi, che siamo il suo Tempio, apprezzerà i vostri sforzi e li terrà nel Suo Cuore…».

Il testamento di un santo

Questo è il tenore del testamento di Sammy: il testamento di un santo. Così ha commentato il vescovo di Vicenza: «In questi giorni è emerso il profilo spirituale di Sammy, che ha espresso una santità nella vita ordinaria assieme a una profondità interiore straordinaria. Non escludo la possibilità di aprire per lui, tra 5 anni come prevede l’attuale procedura canonica, la causa di beatificazione».

E come pensa bene di titolare online l’Ansa in merito alle esequie di Sammy? «Un bicchiere alla mia salute»! Il Resto del Carlino: «Colori, musica e sorprese». Altri, più modestamente: «Migliaia di persone ai funerali». «In tanti all’addio». Più appropriatamente: «La commozione della madre» (La Stampa); oppure: «Il suo amore per la vita ci è stato d’esempio» (Corriere TV). Non mi riferisco, evidentemente, ai contenuti degi articoli, ma solo ai titoli che ne dovrebbero sintetizzare il tenore. Solo l’editoria cattolica coglie il senso profondo di fede, di speranza cristiana e di carità che pervade tutto lo scritto da cima a fondo. Per gli altri, meglio ottunderlo: dà fastidio alle coscienze e non è politicamente corretto.