Lettura continua della Bibbia. Giacomo: Il tempo della vita (Gc  5,7‐20) 

Il tempo della vita
Andrea Pisano, Unzione degli Infermi (1343-60). Di MenkinAlRire – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=133070289

La parte finale della lettera di Giacomo si apre con il paragone della vita cristiana con la coltivazione delle messi: i frutti della semina si vedono al momento del raccolto, così la vita di un uomo deve essere vissuta in tutte le sue stagioni.

Il tempo della vita: testo

Giacomo 5,7 Siate dunque costanti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge.

8 Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina. 9 Non lamentatevi, fratelli, gli uni degli altri, per non essere giudicati; ecco, il giudice è alle porte. 10Fratelli, prendete a modello di sopportazione e di costanza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore.

11Ecco, noi chiamiamo beati quelli che sono stati pazienti. Avete udito parlare della pazienza di Giobbe e conoscete la sorte finale che gli riserbò il Signore, perché il Signore è ricco di misericordia e di compassione. 12Soprattutto, fratelli miei, non giurate né per il cielo, né per la terra e non fate alcun altro giuramento. Ma il vostro “sì” sia sì, e il vostro “no” no, per non incorrere nella condanna.

13Chi tra voi è nel dolore, preghi; chi è nella gioia, canti inni di lode. 14Chi è malato, chiami presso di sé i presbiteri della Chiesa ed essi preghino su di lui, ungendolo con olio nel nome del Signore. 15E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo solleverà e, se ha commesso peccati, gli saranno perdonati.

16Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto potente è la preghiera fervorosa del giusto.

17Elia era un uomo come noi: pregò intensamente che non piovesse, e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. 18Poi pregò di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto.

19Fratelli miei, se uno di voi si allontana dalla verità e un altro ve lo riconduce, 20costui sappia che chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore lo salverà dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati .

Il tempo e le stagioni della vita

Per portare buoni frutti occorrono tutte le stagioni, le prime e le ultime piogge (5,7). La vita è fatta di momenti e tempi diversi, facili e di tempi difficili; non si può fuggire dalla realtà.

In ogni stagione della vita si può imparare qualcosa, si può ricevere dei frutti, anche quando non ci sembra di raccogliere niente di buono. In questo modo invece di “subire” la vita, permettiamo alla vita di plasmarci, trasformarci, purificarci. I cristiani infatti vivono mossi dalla certezza che il Signore ci attende e ci viene incontro, è presente in ogni tempo ed è vicino, “la sua venuta è vicina”, dice Giacomo.

Il tempo della vita

Nessuna parte di quello che è il tempo della vita deve andare sprecato, nemmeno il tempo delle prove e della malattia. Dio è “ricco di misericordia e di bontà” (5,11) e vuole il nostro bene. L’esempio di Giobbe parla chiaro.

In questi versetti (5,7-11) Giacomo dà alcune indicazioni concrete sugli atteggiamenti necessari per vivere bene il tempo dell’attesa:

  • essere costanti (5,1), alla lettera “avere l’animo largo”, essere magnanimi;
  • rinfrancare il cuore (5,8);
  • non accusare o lamentarsi di Dio oppure gli uni degli altri, perché si tratta di lamenti sterili;
  • avere pazienza (5,10).

Nel v. 12 Giacomo invita a parlare sinceramente, “il vostro sì sia sì, il vostro no sia no”, senza bisogno di ricorre al giuramento: ogni relazione va vissuta in modo autentico, senza cercare di costruire rapporti basati sulla falsità o sulla presunzione di menzogna.

I credenti devono vivere nella fede ogni situazione della vita, lodando Dio sia nella soferenza che nella gioia (5,13).

I malati

Il passo riguardante i malati (5,14-15) è uno dei testi principali su cui la Chiesa cattolica fonda l’idea del sacramento dell’unzione degli infermi.

Chi è malato non deve essere lasciato a se stesso, ma si chiamino i presbiteri, i responsabili della comunità, si preghi per lui e i presbiteri lo ungano con olio. L’olio non è solo un mezzo terapeutico usato nella medicina antica: con l’olio nell’Antico Testamento si ungevano i re (1Sam 19,1; 1Sam 16), i sacerdoti (Lv 8,6-30; es 29,4-9) e i profeti (Sal 105,15; 1Cr 16,22; Is 61,1). L’olio simboleggia anche un incarico da parte di Dio:

  • un servizio, come il re  che deve servire il popolo,
  • una mediazione, come i sacerdoti,
  • un annuncio, come i profeti.

Un malato che vive con fede la malattia può diventare testimonianza e consolazione per gli altri, incoraggiamento per i deboli, annuncio e della potenza di Dio.

L’unzione del malato ricorda anche il battesimo e la speranza dell’eternità insita in esso. Quando Giacomo aggiunge che la “preghiera fatta con fede salverà il malato” (5,15), o meglio “la preghiera della fede”, non vuol dire che se si prega bene si otterrà la guarigione fisica, ma che la vita si apre sull’orizzonte della vita eterna…

La confessione dei peccati

Giacomo esorta i credenti (5,16-18) a confessarsi a vicenda i peccati e a perdonarsi. Può darsi che alluda a una qualche liturgia penitenziale comunitaria, ma è soprattutto un invito a cercare di sanare le malattie della vita comunitaria che nascono dai peccati personali. La comunità infatti è una sorta di corpo vivente che i peccati dei suoi membri fanno ammalare; per questo Giacomo invita a riconoscere i propri peccati, a perdonarsi reciprocamente e a pregare gli uni per gli altri.

“Molto potente è la preghiera fervorosa del giusto”, aggiunge Giacomo: fa l’esempio del profeta Elia la cui preghiera fece tornare la pioggia. Anche Elia “era uno come noi”, uno che aveva commesso anche errori e peccati, eppure si è affidato a Dio e il Signore attraverso di lui ha compiuto la sua volontà.

Giacomo conclude la sua lettera con l’invito ad aiutarsi sempre quando ci si perde dalla via della verità (5,19). Aiutare chi si è perso è un’altra delle forme di amore del prossimo, la “legge regale” della vita cristiana (2,8).

Il versetto finale della lettera cita Proverbi 10,12: “l’amore copre una moltitudine di peccati”. Questo amore è l’impegno del credente verso gli altri che si sono “persi” per la strada ed è il più grande gesto di carità che possiamo farci gli uni gli altri.