Il senso dei sacrifici… quale posto hanno i sacrifici nel rituale dell’antico Israele? Ma, soprattutto, perché ricordarli?
Il rituale contenuto nei capitoli 1-7 del Levitico è un documento importantissimo, anche se non esauriente, della vita cultuale di Israele: è, infatti, un insieme di rubriche di indicazione dei gesti e delle materie, ma privo di parole, per cui è difficile ricostruire la liturgia che ne sta alla base.
Tuttavia, quella che ci fa rivolgere ad un materiale di questo tipo non è solo un legittimo interesse di carattere storico. Dobbiamo cercare di comprenderne il senso più profondo, a partire dalla sua collocazione canonica. Centrale è infatti il posto che questa sezione occupa nel Pentateuco.
Nel cuore del Pentateuco
Dopo il racconto del tradimento dell’alleanza e della restaurazione per intercessione di Mosè, il libro dell’Esodo propone come segno di adesione all’alleanza stessa alcune leggi cultuali (Decalogo cultuale di tradizione J: Es 34,12-26). L’accettazione concreta dell’alleanza da parte di Israele è invece espressa con la costruzione del Santuario (cap. 35-40), sulla base delle norme dettate nei capitoli 25-31, e viene suggellata con la presenza di Dio nella Tenda del Convegno (40,34 s.). Questo segno concreto, narrato dalla tradizione P, è collocato nella situazione storica specifica di Israele nel deserto. Siamo al livello di eventi accaduti molti secoli fa.
La sezione del Pentateuco immediatamente successiva, quella di cui adesso ci occupiamo, Lev 1-7, dovuta alla stessa tradizione P, esprime invece un rituale atemporale, attuabile cioè in tutti i tempi. È questo il cuore del Pentateuco. Questo rituale viene proposto come a mostrare l’alleanza in atto, perpetuabile per le generazioni successive agli eventi storici. Il culto si presenta così come il modo di continuare nel tempo l’iniziatica salvifica di Dio, modo privilegiato di rapporto con Dio continuamente ripreso e rinnovato.
Il senso dei sacrifici: dal piano storico al piano liturgico
Nel libro del Levitico la prassi liturgica eleva Israele dal piano storico di accadimento degli eventi al piano liturgico di attualizzazione della loro forza salvifica. È questo, infatti, il senso della liturgia.
Possiamo perciò non comprendere ormai quegli antichi gesti non più attuati nemmeno da Israele, ma dobbiamo comprenderne il senso profondo di presenza di Dio agli uomini nella liturgia.
In un’ottica cristiana, quegli antichi sacrifici celebrati dai discendenti di Aronne erano prefigurazione e attesa del sacrificio e del sacerdozio di Cristo, soprattutto il rito del Kippur, come ci dirà la lettera agli Ebrei. Non sono, perciò da dimenticare, ma da leggere nella loro espressione di bisogno di perdono e di salvezza, di un vuoto umano che attende di essere colmato.