Si definisce Vian-Dante: durante le vacanze (insegna in provincia di Treviso) percorre l’Italia in bicicletta recitando – rigorosamente a memoria – canti della Divina Commedia in cambio della semplice ospitalità. È Giorgio Battistella, docente appassionato di bicicletta e Divina Commedia: ha trovato il modo di coniugare queste sue due passioni in un tour ciclistico e dantesco insieme. Ci offrirà, sabato 23 settembre, il San Francesco di Dante.
Quest’anno ha percorso in bicicletta 1360 chilometri da Chiavari a Reggio Calabria, con 26 soste, ognuna delle quali dedicata ad un brano di una delle tre Cantiche: e l’idea del viaggio si coniuga perfettamente con il poema dantesco, che canta il cammino dell’uomo, il pellegrinaggio della vita, dalle tenebre della selva oscura e dell’abisso infernale, sempre «più alto verso l’ultima salute».
A luglio aveva fatto tappa anche a Piombino, accolto dall’amministrazione comunale: nel chiostro di S. Antimo ha recitato il brano di Pier Delle Vigne (Canto XIII dell’Inferno), scelto a motivo dell’ambientazione del girone infernale che richiama, secondo le parole medesime di Dante, la sterpaglia che si stende «fra Cecina e Corneto» (Tarquinia), una buona definizione geografica della Maremma. E devo dire che anche il caldo infernale del cerchio dei violenti, tra il Flegetonte bollente di sangue e l’orribile sabbione ardente, si è sposato bene con il caldo afoso patito nel chiostro di S. Antimo, pericolosamente vicino alla situazione dantesca.
Adesso Giorgio Battistella tornerà a Piombino, la sera di sabato 23 settembre, alle 21 nella chiesa dell’Immacolata, su invito della parrocchia. Ma questa volta il professore non ci tratterrà all’inferno: ci porterà in Paradiso col Canto XI in cui S. Tommaso, teologo domenicano, fa l’elogio di S. Francesco, così come nel Canto XII S. Bonaventura, teologo francescano, farà l’elogio di S. Domenico. Segnatevi l’appuntamento, non mancate.
Il San Francesco di Dante: Canto XI del Paradiso
Vale la pena, a introdurre la lode che l’Aquinate farà del Santo di Assisi, di riportare i versi finali del canto precedente, descriventi la danza degli Spiriti sapienti:
«Indi, come orologio che ne chiami
ne l’ora che la sposa di Dio surge
a mattinar lo sposo perché l’ami, 141
che l’una parte e l’altra tira e urge,
tin tin sonando con sì dolce nota,
che ’l ben disposto spirto d’amor turge; 144
così vid’ ïo la gloriosa rota
muoversi e render voce a voce in tempra
e in dolcezza ch’esser non pò nota 147
se non colà dove gioir s’insempra».
Sarà in questa gioia sempiterna che Dante, per bocca di S. Tommaso, canterà la vita dell’Assisiate. Ma è importante ricordare che Dante, nel suo encomio di S. Francesco, non si limita a descrivere le virtù di un santo. Attraverso il suo elogio Dante esprime anche, con vigore, la propria visione di Chiesa come Chiesa povera, avulsa da ogni mira temporale. È la Chiesa francescana, povera, quella che Dante ama, con lo stesso vigore con cui S. Francesco di Assisi mostrò di amare la Povertà, di sceglierla come compagna di vita sfidando il mondo per averla. L’immagine che Dante ci dà di S. Francesco è molto lontana da quella, sdolcinata, che forse abbiamo: è invece l’immagine di un uomo duro e fermo che affronta senza timore la contrarietà della famiglia e della sua comunità stessa per tener fede alla sua sposa e amante, Madonna Povertà. Con la medesima durezza con cui
«nel crudo sasso intra Tevero e Arno
da Cristo prese l’ultimo sigillo,
che le sue membra due anni portarno» (vv. 106-108).
Dante ha dedicato un solo verso alla Verna, ma da allora nessuno è mai riuscito a superare in poeticità questo singolo verso. Il prossimo anno ricorrerà l’800° anniversario dell’Impressione delle Stigmate; questa serata dantesca è un ottimo preludio alle celebrazioni, oltre ad essere un’occasione culturale da non perdere.