Il Salmo 9. Proprio da questo salmo nasce la difficoltà di numerazione del Salterio. Inizialmente si ha un salmo solo, come è riportato nella traduzione dei LXX e nella Volgata, che si chiamava Salmo 9 (corrispondente ai salmi 9 + 10 del Testo Masoretico ovvero il testo ufficiale ebraico); poi il TM l’ha diviso in salmo 9 e salmo 10, mentre per i LXX continua ad essere un salmo unico, e così per la Volgata latina che ne dipende; e così pure nei nostri libri liturgici. Nelle nostre Bibbie, invece, la numerazione rimane quella ebraica, più alta di un numero.
Che i salmi 9 e 10 costituiscano un salmo unico lo dimostrano:
- il fatto che sia un acrostico alfabetico, tranne che per alcune lesioni (mancano, o restano solo tracce, ghimel, mem e samek); i vers4etti, cioè, iniziano con le lettere dell’alfabeto ebraico in successione;
- la mancanza del titolo al salmo 10 (TM) in una parte del Salterio ove tutti i salmi presentano il titolo;
- altri agganci letterari.
L’epoca di composizione è post-esilica.
Il Salmo 9
Il tema del salmo
La situazione problematica da cui muove il salmo è espressa dal classico triangolo
povero – Dio giudice – i Gôjm nemici, gli empi.
Il problema è quello della teodicea, cioè la sofferenza del giusto: perché?
Il salmo 9 (e 10) segue la linea ascensionale verticale (con l’utilizzazione del titolo divino ‘Eljôn = Dio Altissimo): Dio siede giudice in trono, e i poveri guardano a Lui. Più che una supplica, il salmo 9 è un canto di gratitudine e di ringraziamento, perché il fedele sa già di essere stato esaudito per poter proclamare le lodi del Signore.
PROTAGONISTI
1: Il povero = ‘anaw o ‘anî: designa colui che è in balia dei potenti (connotazione sociale).
Da questo concetto si svilupperà il plurale ‘anawîm di connotazione religiosa, venendo a indicare coloro che si collocano in atteggiamento di sottomissione fiduciosa in Dio. Gli oranti dei salmi sono i poveri del Signore, coloro che oppressi dagli uomini non hann altro aiuto che in Lui, e lo sanno.
Si parla anche di ’ebjôn (9,9) = misero, indigente (connotazione economica) e di dak (9,10) = oppresso, schiacciato; di naqî = innocente (10,8 = 9,29) cioè di colui che è sottoposto a ingiustizie da magistrature corrotte (connotazione giuridica), e di orfano = jatôm (10,14 = 9,39).
2: Gli oppressori sono qui chiamati gôjm, da intendersi come “empi” (in 9,9 ’ummîm e in 9,12 ‘ammîm designano invece i popoli stranieri); si devono comprendere in senso non nazionalistico.
Articolazione del salmo 9
- Todah (lode: vv. 2-13)
- vv. 2-3 Todah iniziale: 4 stichi inizianti con aleph contengono una collezione di verbi di felicità (lodare – annunciare – gioire – esultare – cantare) che forma inclusione con il v. 12 (cantare – narrare).
Dio è invocato come ‘Eljôn, contrassegno di verticalità: è giudice e re (v. 5) ed esercita il diritto.
- vv. 4-7 giudizio sugli empi (retrocedere… minacciare).
- vv. 8-9 Todah a JHWH giudice: vocaboli giudiziari mishpat (giudizio), shafat (giudicare), zedeq (giustizia), dîn (sentenziare), jashav (sedere in giudizio).
- vv. 10-13 Esprime la fiducia del povero (v. 11). Dio è definito Go’el dei poveri, il parente più prossimo che si prende cura dei suoi familiari.
Ricordare significa far vivere, dimenticare significa far finire.
- Appello a JHWH Giudice (vv. 14-21)
- v. 14 Abbi pietà = Chanan è il gesto di amore del sovrano che solleva il suddito, gli fa grazia (chen). La grazia è uno dei principali attributi di Dio, insieme alla Misericordia, la Bontà, la Benevolenza. Da qui la lode del fedele.
- v. 15 Le porte sono il luogo della comunità, il luogo pubblico del paese o della città in cui gli abitanti si riunivano. È, in questo, analogo all’agorà dei greci e al foro dei romani.
- I vv. 16-17 mostrano il contrappasso del peccato, come una carica distruttiva che si ritorce contro: chi commette il male ne subirà, presto o tardi, le conseguenze.
- I vv. 18-21 vedono l’antitesi fra categorie opposte di persone:
Empio Goîm Uomo Mortale | Povero Afflitto Giudice JHWH |
Il seguito del salmo, contenuto nell’attuale salmo 10, mette in risalto l’orgoglio, l’arroganza, la prepotenza di chi vuole cancellare Dio dalla propria vita: eppure, conclude la preghiera, non si tratta altro che di un uomo, un essere fragile che vive sulla terra…