Il salmo 8 appartiene al genere letterario costituito dai Salmi innici, quasi una quarantina nel Salterio, però di vario genere a seconda dell’oggetto della lode: l’opera della creazione, Sion, la regalità divina.
I Salmi innici
L’inno è espressione della contemplazione e della lode di Dio per le sue opere storiche e cosmiche. Presenta, nel Salterio, la seguente struttura:
- invitatorio
- corpus (sviluppo della motivazione della lode, indirizzata al “Tu” divino nei testi più recenti o in terza persona nei testi più arcaici)
- conclusione.
Quanto ai contenuti della lode, gli inni si possono dividere in
1) Inni alla creazione
Talvolta in essi le immagini sono arcaiche, mutuate dalla mitologia ugaritica come nel salmo 29.
Ricordiamo in particolare gli Hallel (il grande Hallel, salmo 136; gli Hallel 114. 117. 135. 145-147. 150), il salmo 8 e il “Cantico delle creature” o salmo 104.
2) Inni di Sion
Sion, dove Dio si rende presente nello spazio (attraverso il tempio) e nel tempo (attraverso la “casa di Davide”), è nel cuore di ogni fedele. Gli inni di Sion (salmi 46, 48, 76, 84, 87, 122, 126, 132, 137) sono canti di pellegrinaggio, al termine del quale Sion si scopre agli occhi del viandante in tutta la sua commovente meraviglia. Il tempio è però menzionato solo nei salmi 84 e 122.
3) Inni di JHWH Re
Secondo la teoria delle scuole critiche scandinava ed inglese, alcuni inni del Salterio sarebbero provenuti dalla festa di intronizzazione del dio Marduk a Babilonia, festa del nuovo anno, drammatizzazione cultuale nella quale il re, rappresentante della divinità, celebrava la morte, resurrezione, ierogamia ed intronizzazione del dio della vegetazione (I. Engnell, Studies in divine Kingship, 1943).
Le analisi successive hanno confutato efficacemente questa derivazione, di cui non si trovano tracce nei salmi. È vero che Israele ha assunto le forme letterarie dalla cultura degli altri popoli, ma le ha rese originali quanto ai contenuti. Esistono effettivamente, tra i salmi, alcuni inni detti JHWH malak = JHWH regna (salmi 93-94, 96-99 e 47). Non è però dimostrata in Israele l’esistenza di una festa analoga a quella babilonese come è stata ipotizzata dalla scuola scandinava. Potrebbe trattarsi originariamente di un innario per l’intronizzazione dell’Arca nel santuario dopo le vittorie militari, innario poi trasformato in una celebrazione del regno escatologico di Dio.
Il salmo 8, di cui adesso parliamo, appartiene alla serie degli Inni della creazione. Ecco l’elenco dei Salmi innici, di cui anche questi fanno parte:
Inni: 8; 19; 29; 33; 46; 47; 48; 65; 66,1-12; 68; 76; 84; 87; 93; 95; 96; 97; 98; 99; 100; 104; 111; 113; 114; (115); 117; 122; 129; 134; 135; 136; 139; 145; 146; 147; 148; 149; 150.
Fra gli inni si considerano salmi di JHWH re o di intronizzazione i seguenti: 47; 93; 95; 96; 97; 98; 99 e forse anche 24; 29; 68; 100.
Si considerano Cantici di Sion i seguenti: 46; 48; 76; 84; 87; 122.
Il Salmo 8
Tra le tante preghiere di supplica, questo salmo innico vuole ricordare la dignità dell’uomo, per confortare la comunità del dopo-esilio.
II tema della creazione nella Bibbia è secondario rispetto a quello centrale della salvezza storica: solo in un secondo tempo si celebra Dio che è l’onnipotente Creatore, dopo averlo celebrato perché ha liberato Israele. Dio come Signore del tempo e della storia è il tema prevalente nella Bibbia rispetto al motivo cosmologico.
Il salmo 8, primo inno che troviamo nel Salterio, è incentrato sull’esaltazione di JHWH, a cui si indirizzano con insistenza i suffissi possessivi di seconda persona (tuo, tua, tuoi, tue) e il pronome – soggetto TU.
C’è, però, anche qui, un’impostazione triangolare:
Dio – l’uomo – l’universo.
La riflessione sull’uomo
Che cos’è l’uomo nel creato, un essere così piccolo davanti all’immensità del cielo? Eppure il Dio sconfinatamente superiore si ricorda dell’uomo (zakhar), si prende cura (paqad) di lui, ed anzi in funzione di lui ha compiuto l’opera delle sue mani.
L’inno, perciò, si articola in due parti, in due scene cosmiche, racchiuse entrambe da un invitatorio:
O JHWH, nostro Dio,
quanto è grande il tuo nome
su tutta la terra!
La fragilità dell’adam fatto di terra
La prima scena (vv. 2-5), attraverso la lode della comunità, è dedicata alla contemplazione
– dell’universo, dell’onnipotenza divina, del nome di Dio grande su tutta la terra (i piccoli sono capaci di riconoscerlo),
– e della piccolezza dell’uomo, designato con vocaboli che ne esprimono la fragilità: enôsh = il mortale e ben ’adam = figlio d’uomo (adam = il terreno, il terrestre, il fatto di terra).
La gloria dell’uomo: non per diritto ma per grazia
La seconda scena (vv. 6-9), attraverso un inno notturno che è un canto di stupore, contempla il ruolo dell’uomo nel creato, appena inferiore ad un ’elohim = essere divino, angelo (così lo intendono LXX, Targum, Peshitta ed Eb 2,7), ma anche Dio stesso, ed espresso con tre vocaboli:
- kabod = gloria (termine tecnico che indica lo splendore della maestà di Dio quando si mostra agli uomini)
- hadar = splendore (indica la magnificenza del re)
- incoronazione, segno del potere regale.
La menzione ai vv. 8-9 del bestiame (behemoth) e delle altre creature potrebbe essere legata alle immagini del Behemoth e del Leviatan in Giobbe 40,15 ss., ma anche soltanto al quadro genesiaco della creazione.
Dio investe l’uomo del suo potere regale sul creato, non per diritto ma per grazia: l’invitatorio (v. 10), riprendendo il ritornello iniziale, riporta l’orante alla glorificazione del solo nome di Dio.
In senso eminente, la gloria qui esaltata in relazione all’uomo, al Figlio dell’uomo, si intende del Cristo, immagine perfetta del Padre. In senso esteso, Dio ha donato a ognuno di noi questa stessa gloria, e con essa una grande responsabilità, come umanità e come individui… A noi riflettervi.