Il salmo 30 è un rendimento di grazie individuale, cioè una liturgia di ringraziamento e di festa dopo uno scampato pericolo di morte.
È un salmo sicuramente tardivo, in quanto mostra punti di contatto con Geremia e Giobbe (non, quindi, davidico come indicherebbe il nome menzionato nel titolo), e il titolo stesso lo collega alla festa della dedicazione del tempio, celebrata da Giuda Maccabeo nel 164 a.C., la festa invernale della Chanukkah = Inaugurazione. Per questa festa non si compose un nuovo salmo, ma se ne scelse uno cui poter dare questo nuovo significato: il salmo 30, appunto, il canto della vita dopo il pericolo di morte, assunto a carme nazionale del risorgimento di un popolo.
Il salmo 30. Lo schema letterario
- L’orante è liberato da una malattia mortale, cfr. Is 38.
- Tutta la comunità è invitata a partecipare alla lode: perché la prova (la collera) ha lo scopo di purificare il fedele, non di farlo morire, dura un istante (cfr. Es 34).
- (vv. 7-13) Ricordo, sul colle del tempio, della vicenda, della sofferenza e della preghiera, poi dell’esaudimento: dal sacco del lutto alla danza di gioia.
Questo canto è basato su di un simbolismo di contrapposizioni, che si snoda su di una serie di poli antitetici:
Versetti | Immagini negative | Esaudimento della preghiera |
2 4 6a 6b 4-8 7-8 12 | Esultanza dei nemici scendere nella tomba collera di un istante alla sera il pianto lo sheol il terrore il lamento, la veste di sacco | Sollievo divino risalire dalla tomba bontà per tutta la vita al mattino la gioia il monte la prosperità la danza, l’abito di gioia. |
La coppia fondamentale è vita / morte, oppure terra dei vivi / sheol, luce / tenebre. La contrapposizione sostanziale è fra il silenzio e l’assenza da una parte, la lode e la proclamazione dall’altra.
Al v. 10 troviamo infatti la concezione tradizionale dello sheol come luogo di silenzio e di assenza:
“non i morti lodano JHWH
né quanti scendono nella tomba”.
Si sviluppa, allora, una curiosa, confidenziale argomentazione: quale vantaggio avrebbe Dio a perdere un suo fedele, uno che divenuto polvere non canterebbe più le sue lodi?
Il quadro finale è un’esplosione di gioia visualizzata nel trapasso dal lutto alla danza, dal sacco all’abito di festa:
“Dio mio, ti loderò per sempre !”.