Lettura continua della Bibbia. Salmi liturgici: il salmo 24

Il salmo 24
L’ingresso dell’arca nel tempio. Di Pol, Hermann and Jannequin de Limbourg (1370s–1416); Jean Colombe (c. 1440–93) – Les très riches heures du Duc de Berry: Folio 29r, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=108868

Il salmo 24 è considerato un salmo liturgico, cioè nato appositamente per la liturgia del tempio. Tutti i salmi hanno trovato una collocazione liturgica; ma, all’ini­zio, è stata questa la loro origine? In molti casi, no. In alcuni, sì. Il salmo 24 è uno di questi.

I salmi nel culto di Israele

Inni, canti di fiducia e di ringraziamento, lamentazioni e suppliche, che troviamo nel Salterio, entravano a pieno diritto nella liturgia. Una traccia di questo uso sono in alcuni salmi alcune «rubriche», cioè indicazioni per lo svolgimento della cerimonia. Un esempio è il salmo 118 al v. 27, dove leggiamo:

«Ordinate il corteo con rami frondosi fino ai lati dell’altare».

Immagini poetiche? Significati simbolici? Ce li possiamo anche trovare, se vogliamo. Ma questo versetto, in origine, è semplicemente un’indicazione per lo svolgimento della litur­gia che si sta celebrando: una processione entra nel tempio, insieme ad un orante (probabilmente il re) che viene a ringraziare Dio per la vittoria che gli ha concesso. Infatti i sacerdoti nel versetto precedente rivolgono ai presenti questa benedizione:

«Benedetto colui che viene nel nome del Signore.

 Vi benediciamo dalla casa del Signore».

C’è persino un ritornello che il coro deve cantare: «Eterna è la sua misericordia».

È  indubbio che alcuni salmi siano stati più direttamente finalizzati alla liturgia o da essa originati. Eccone le diverse tipologie.

1) Salmi d’ingresso

Fanno parte di una liturgia d’ingresso o “della porta” (come l’atto penitenziale della Messa) e contengono le condizioni richieste per accedere al culto, consistenti sostanzialmente nell’osservanza morale del decalogo e non nella purità rituale esteriore come per i templi egiziani e babilonesi. Sono i salmi 15 e 24, con la seguente struttura:

  • domanda del fedele di accesso al tempio
  • risposta del coro sacerdotale che enuncia le condizioni.

2) Requisitorie

II modello letterario è quello del rìb o lite giudiziaria, di stampo profetico (cfr. Is 1,2-3.10-20; Mi 6,1-8; Ger 2,4-13), ma l’appli­cazione è liturgica. Si tratta forse di liturgie di rinnovamento dell’alleanza, sul tema della fedeltà. Se ne trovano spunti nei salmi 78 (di tipo storico), 81 e 95 (l’invitatorio della Liturgia delle ore), ma il testo più completo è rappresentato dal salmo 50.

Il tema del giudizio di Dio si trova anche nei salmi:

  • 58 (invettiva contro gli ’elim)
  • 75 (inno a JHWH giudice)
  • 82 (oracolo contro i giudici iniqui).

3) Salmi di pellegrinaggio

Sono i canti rituali processionali del pellegrino in marcia verso Gerusalemme: i salmi 24, 84, 95, 122.

Sono invece eterogenei, e artificiosamente combinati in un repertorio, i cosiddetti salmi delle ascensioni o graduali, i salmi 120-134. Li vedremo a loro tempo.

Salmo 24 (salmo di ingresso)

Salmo 24. Manoscritto francese. Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=18849487

È uno dei documenti più arcaici della liturgia ebraica, articolato in tre strofe che originariamente erano indipendenti e poi sono state raccordate :

* un inno a JHWH re e creatore (vv. 1-2)

* un’istruzione sui requisiti morali per accedere al tempio (vv. 3-6)

* un responsorio per la liturgia processionale dell’arca (vv. 7-10), forse dell’epoca davidica, forse del Secondo tempio.

La simbologia di base è di tipo spaziale, legata al pellegrinaggio sacro di coloro che varcano la porta del tempio; Dio stesso entra nel tempio nella sua gloria, ed il tempio terreno diviene segno e presenza del tempio celeste. Le condizioni per l’accesso al tempio sono:

* mani innocenti e cuore puro, cioè pensiero e azione, tutto l’essere dell’uomo, orientato a Dio. Questa purità non è  esteriore ma morale

* non rivolgersi a vanità cioè non adorare idoli (dimensione verticale)

* non giurare in danno (del prossimo) (dimensione orizzontale).

Troviamo qui l’attributo JHWH Zeva’ot = Signore delle schiere o degli eserciti, che ricorre 279 volte nella Bibbia ma è assente in tutto il Pentateuco, Giosuè e Giudici, cioè proprio nei libri che più spesso celebrano la “guerra santa” delle  tribù d’Israele. L’espressione compare solo agli inizi della monarchia, come nelle parole del giovane Davide a Golia (1 Sam 17,45) e nella traslazione dell’arca (2 Sam 6-7). Torna poi ampiamente nei profeti (54 volte in Isaia, 77 in Geremia, 44 in Zac. 1-8, 4 nel DeuteroIsaia, mai però in Ezechiele), e abbondantemente nei salmi (46; 48; 59; 69; 80; 84; 89). Proprio in questa fase storica, JHWH non è più marcatamente un Dio “guerriero”.