Il sacerdozio in Israele ha caratteristiche particolari che lo distinguono sia dal sacerdozio pagano sia dalla nostra attuale concezione di sacerdozio come vocazione.
Il sacerdozio in Israele
Prima di tutto, il sacerdozio in Israele non è una vocazione ma è un ufficio riservato ad una casta: si diviene sacerdoti non per vocazione ma per il fatto di essere figli di sacerdoti. Ogni figlio (maschio) di sacerdote è sacerdote a sua volta, tranne il caso in cui si presentino difetti fisici o mentali.
I sacerdoti sono tutti discendenti di Aronne, e come Aronne (e Mosè) appartengono alla tribù di Levi.
Tanto particolare è il ruolo dei Leviti nel popolo di Israele, che a differenza delle altre tribù ad essi non viene assegnato il possesso della terra, essendo Dio l’unica loro eredità: “Io sono la tua parte e la tua eredità in mezzo ai figli di Israele” (18,20).
Contrariamente alla religione patriarcale che non aveva né sacerdozio né culto regolare (le funzioni sacerdotali venivano svolte dal patriarca), la religione mosaica possiede l’uno e l’altro. Il sacerdozio israelitico è stato organizzato da Mosè quando egli formalizzò il culto.
Secondo Esodo e Levitico, solo i discendenti di Aronne avevano il diritto di esercitare l’ufficio sacerdotale, purché fossero privi di difetti fisici (i rabbini ne enumeravano 142 che impedivano tale esercizio) e morali (matrimonio con donna vedova, straniera o sospetta di cattivi costumi).
In Israele, come in tutto l’antico Oriente, il sacerdozio era ereditario, e ciò costituiva una garnzia per l’accuratezza dell’iniziazione e per la fedeltà della trasmissione della carica.
Le donne erano rigorosamente escluse, e questo è uno dei tratti caratteristici della religione ebraica. Il motivo è facilmente intuibile: la donna in età fertile era ritualmente impura per gran parte del tempo, quindi inidonea al culto. Ma c’è un altro aspetto da considerare: le sacerdotesse esistevano presso i templi pagani, ma erano di fatto prostitute sacre. La religione ebraica, eticamente così severa, non poteva accettare una realtà di questo genere.
La tenuta sacerdotale
Il rituale di consacrazione sacerdotale prevedeva per sette giorni l’unzione con l’olio sacro, l’offerta di sacrifici e la consacrazione delle vesti sacerdotali di lino:
- Tunica con maniche
- Cintura
- Tiara = turbante.
Il sommo sacerdote indossava inoltre un manto turchino, e su questo
- L’efod, cioè uno scapolare di bisso (oltre a questo tipo di indumento, la parola designa anche una sorta di perizoma indossato dai sacerdoti; epattu in assiro significa “ricca veste”)
- Il pettorale (choshen) ornato di 12 gemme su ognuna delle quali era inciso il nome di una tribù di Israele; su queste pietre fluiva l’olio della consacrazione versato sul capo del sommo sacerdote, consacrando così anche l’intera comunità.
- All’interno del pettorale erano custoditi gli ’Urim e i Tummim (le due parole significano “Luci” e “Perfezioni”), che servivano per consultare il Signore. Questi nomi iniziano rispettivamente per Alef e Tau, prima ed ultima lettera dell’alfabeto ebraico, e designano forse due pietruzze (una bianca e una nera) o due bastoncini da utilizzare per tirare le sorti sacre.
- Il manto che rivestiva il sommo sacerdote portava cuciti dei campanellini che con il loro tintinnio dovevano allontanare gli spiriti maligni e rendere pubblica la presenza del sacro nella persona del sacerdote stesso.
I sacerdoti erano coadiuvati dai leviti, con funzioni subalterne.