Lettura continua della Bibbia. Il ritorno

Il ritorno. Di Sconosciuto – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=124084711

Conversione, in ebraico, è parola che deriva dal verbo shuv che significa, propriamente, tornare indietro. Nel linguaggio corposo dell’Antico Testamento, infatti, il peccato è un avere proprio sbagliato strada, e la conversione è cambiare rotta e tornare al Signore.

È quello che accadrà anche materialmente a Israele esule in Babilonia: poiché è tornato a Dio con il cuore, Dio lo farà tornare nella terra dei Padri.

Il ritorno

31,15 Così dice il Signore: «Una voce si ode da Rama,
lamento e pianto amaro:
Rachele piange i suoi figli,
rifiuta d’essere consolata perché non sono più».
16 Dice il Signore:
«Trattieni la voce dal pianto,
i tuoi occhi dal versare lacrime,
perché c’è un compenso per le tue pene;
essi torneranno dal paese nemico.
17 C’è una speranza per la tua discendenza:
i tuoi figli ritorneranno entro i loro confini.
18 Ho udito Efraim rammaricarsi:
Tu mi hai castigato e io ho subito il castigo
come un giovenco non domato.
Fammi ritornare e io ritornerò,
perché tu sei il Signore mio Dio.
19 Dopo il mio smarrimento, mi sono pentito;
dopo essermi ravveduto,
mi sono battuto l’anca.
Mi sono vergognato e ne provo confusione,
perché porto l’infamia della mia giovinezza.
20 Non è forse Efraim un figlio caro per me,
un mio fanciullo prediletto?
Infatti dopo averlo minacciato,
me ne ricordo sempre più vivamente.
Per questo le mie viscere si commuovono per lui,
provo per lui profonda tenerezza».
Oracolo del Signore.

Le viscere della madre

Il Signore qui esprime verso Israele (chiamato col nome di Efraim, una delle tribù più importanti) l’amore viscerale del padre per suo figlio, ma anche l’amore viscerale della madre, visto che il verbo usato è racham, amare con le viscere materne. Non è una novità, è un linguaggio comune nell’Antico Testamento, che poi tornerà nei Vangeli con il greco splanchnízomai, «sentir fremere le viscere».

Così, questo Dio di misericordia (il Dio a cui fremono le viscere materne) consola anche il pianto di Rachele che si lamenta sopra i suoi figli perduti (31,15). A Ramah, presso Gerusalemme, luogo tradizionale della tomba di Rachele, Nabucodonosor aveva fatto concentrare i deportati prima di avviarli verso l’esilio. Siamo abituati a questa citazione esplicita di Geremia perché è fatta propria dal Vangelo dell’Infanzia di Matteo in riferimento alla strage degli innocenti (Mt 2,17-18). Tuttavia, la citazione di Matteo è incompleta, perché l’oracolo di Geremia prosegue e diviene motivo di gioia: c’è speranza! Rachele è invitata a trattenere la voce e gli occhi dal pianto, perché i suoi figli torneranno dal paese nemico (31,16). Il ritorno avverrà: ma con i tempi di Dio, non con i tempi degli uomini.