Maria Maddalena costituisce il trait-d’union fra il Risorto e i discepoli nel IV Vangelo. Il Discepolo Amato, giunto al sepolcro vuoto, crede, ma aspetta Pietro. La Maddalena crede perché ha udito la Voce chiamarla familiarmente, come familiarmente usava parlare al popolo eletto per mezzo dei profeti. Riconosciuta la Voce, la Maddalenza non la tiene per sé, ma la porta agli altri che attendono in un’assenza piena di perplessità.
Pietro e il Discepolo Amato
Giovanni 20,1-10
1 Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro.
2 Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
3 Uscì allora Simon Pietro insieme all’altro discepolo, e si recarono al sepolcro. 4 Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro.
5 Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. 6 Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, 7 e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. 8 Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9 Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti. 10 I discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa.
I due discepoli che vanno insieme
I due vanno sempre insieme, come nella prima parte degli Atti. Li troviamo associati perché sono le due anime della Chiesa, l’istituzione e il carisma, mai l’uno senza l’altro, al di là dell’identificazione storica con Simone detto Pietro e Giovanni figlio di Zebedeo.
Così, il discepolo amato corre più veloce, ma aspetta l’altro. Nessuno dei due comprende, ma il discepolo amato crede per primo. Cosa vede? Niente: vede l’Assenza. Ma tanto basta. È un’Assenza che parla da sola: gli indumenti funebri non sono abbandonati in modo sciatto, precipitoso, sono invece disposti con cura. Senza fretta, parrebbe. La sparizione non sa di furto, ma di allontanamento voluto. Basta per credere. La ragione, orientata e supportata da questi indizi, aiuta la fede. Come scrisse Franz Werfel: «Per chi crede nessuna prova è necessaria, per chi non crede nessuna prova è sufficiente».
Il discepolo amato è presumibilmente Giovanni apostolo (mai nominato nel IV Vangelo), che mantiene l’anonimato per permettere l’identificazione con ogni discepolo di Gesù. La sua fede senza vedere è la fede che ognuno è chiamato ad avere. È la fede che poi Gesù elogerà dopo la professione di fede dell’apostolo Tommaso.
I discepoli raccolti insieme
Giovanni 20,19-23
19 La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 20 Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21 Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi». 22 Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; 23 a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi».
Una fede che nasce dall’esperienza
La fede dei discepoli è dovuta al vedere. Ma non è una fede che si fermi all’intimità della persona: è missionaria, legata al perdono dei peccati. È un dono di pace di cui viene fatta un’esperienza viva. Chi ha ricevuto pace deve donarla.
Tommaso
Giovanni 20,24-31
24 Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25 Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò».
26 Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 27 Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». 28 Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29 Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!».
30 Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. 31 Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
L’incredulo diviene fervido credente
La sequenza si conclude con Tommaso l’incredulo. Deve toccare: il tatto è l’unico senso che non inganna, ma al tempo stesso Tommaso è l’autore della più bella professione di fede di tutto il vangelo: Mio Signore e mio Dio! E questa vale per noi, che non abbiamo visto e crediamo. Ci siamo anche noi nel IV Vangelo: è Gesù che ci include, con quel suo «beati quelli che pur non avendo visto crederanno!». Tutto questo, dice l’evangelista, è stato scritto perché anche noi crediamo ed abbiamo vita in Lui. Ma non è finito qui.