Il riposo della terra è la sua liberazione dal lavoro dell’uomo, il ritorno della terra a Dio.
10Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia. 11Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non farete né semina né mietitura di quanto i campi produrranno da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate. 12Poiché è un giubileo: esso sarà per voi santo; potrete però mangiare il prodotto che daranno i campi.
Analoga norma si trova anche nella legislazione relativa all’anno sabbatico, cfr. Es 21,1-6; 23,10 s.; Lev 25,2-7; Dt 15,1-18.
Il sabato della terra
Lo spirito dell’Anno giubilare per quanto riguardo il riposo della terra è quello dell’Anno sabbatico. Come vi è un sabato per l’uomo, così vi è un sabato per la terra. Come lo shabbath dell’uomo non è il mero riposo fisico, ma il ritorno a Dio e alla vita dello spirito, così l’anno sabbatico non è il semplice riposo della terra, ma il ritorno della terra a Dio. È un ritorno della terra e un ritorno degli uomini a un più largo respiro di vita, perché è in questo stesso anno che lo schiavo riacquista la libertà e che al debitore vengono rimessi i debiti. Come lo shabbath è il giorno del sollievo spirituale, così nell‘anno sabbatico tutti debbono sentirsi sollevati, e la società può riattingere le forze per l’inizio del nuovo ciclo settennale.
Nell’ebraismo, il periodo di sette settimane fra Pesach / Pasqua e Shavuoth / Pentecoste rappresenta il passaggio tra la libertà fisica (ottenuta con l’uscita dall’Egitto) e la libertà spirituale (ottenuta con l’alleanza e il dono della Legge). Un tema che ci dovrebbe dare da riflettere. E anche l’Anno giubilare ha lo stesso significato.
Tutti sono accattoni sulla terra di Dio
Questa terra che Dio aveva dato all’uomo per il suo lavoro, e che l’uomo si abituava a considerare come suaproprietà, questa terra doveva affermare invece che non dipende dall’uomo, ma da Dio. Anche la terra doveva liberarsi dalla servitù dell’uomo e affermare che la terra è di Dio, che ne è il vero padrone. Sulla terra non ci sono padroni, tutti sono eguali di fronte ad essa, tutti debbono goderne i prodotti e perciò in questo sabato della terra anche i nullatenenti dovevano essere chiamati a usufruirne nella misura in cui la terra avrebbe spontaneamente prodotto.
«Tutti – scriveva Dante Lattes – sono ugualmente accattoni»! Anche i ricchi, anche i proprietari del suolo, toccano con mano come siano dipendenti da ciò che la terra procura, alla pari con gli stranieri, gli schiavi e le stesse bestie selvagge e domestiche. Tutti gli esseri viventi sono liberati da ogni signoria che non sia quella del Signore Dio.
Il settimo anno dunque, e dopo sette settimane di anni, la terra deve riposare, non deve subire né semina né mietitura né vendemmia, ed i prodotti spontanei devono essere lasciati ai poveri e agli animali. Il senso profondo di questa norma, che nasce probabilmente dalla necessità di dare alla terra il tempo di arricchire il suo humus, sta nel fatto che la terra è di Dio, e chi la possiede l’ha solo in uso, secondo una dimensione
- creaturale (non deve saccheggiarla: nasce l’ecologia)
- verticale (deve dedicarsi al tempo di Dio)
- sociale (deve lasciare parte dei beni agli indigenti).