Un resto tornerà. È questo il nome di uno dei figli di Isaia, Shear-Yashuv, Un resto tornerà. Il re e il popolo possono andare, con le loro scelte, incontro alla distruzione, ma ci sarà sempre il resto fedele. Coloro che accolgono l’invito alla conversione costituiscono il resto, non quindi i semplici scampati da una catastrofe, i superstiti casuali, ma una rinnovata comunità che torna ad essere soggetto attivo nel progetto di salvezza. Come nella Casa di Davide resterà un Germoglio, così nel popolo di Israele un germoglio sboccerà da un tronco inaridito.
«Se il Signore degli eserciti non ci avesse lasciato un resto,
già saremmo come Sodoma, simili a Gomorra» (1,9).
Il resto fedele
Gli scampati, di per sé, sono il segno della misericordia divina, e dell’ostinato disegno di salvezza da Dio perseguito: «progenie santa sarà quel ceppo» (6,13 s.). Il contenuto di questo concetto, dunque, è positivo.
«Chi sarà rimasto in Sion e sopravvivrà a Gerusalemme sarà chiamato santo,
tutti quelli che sono iscritti per la vita a Gerusalemme» (4,3).
«In quel giorno, il resto d’Israele e i superstiti della casa di Giacobbe
cesseranno di appoggiarsi su chi li colpisce,
ma si appoggeranno con lealtà sul Signore, il Santo d’Israele.
Un resto ritornerà, il resto di Giacobbe, al Dio potente.
Poiché, anche se il tuo popolo, o Israele, è come la sabbia del mare,
solo un resto tra esso ritornerà» (10,20 ss.).
L’universalismo della salvezza
La teologia della storia di Israele è, così, basata sul tema del Resto santo (Is 6,13; cfr. 7,3), portatore della promessa, e del tronco di Jesse (Is 11,1), da cui nascerà il principe della pace. Sia la tradizione di Sion che quella di Davide sono tradizioni di elezione. Ma attraverso gli eletti la promessa si allarga a tutte le nazioni:
«Avverrà che nei tempi futuri il monte della casa del Signore
sarà stabilito in cima ai monti e si ergerà al di sopra dei colli.
Tutte le genti affluiranno ad esso, e verranno molti popoli dicendo:
«Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe,
perché c’istruisca nelle sue vie e camminiamo nei suoi sentieri».
In quel giorno ci sarà una strada dall’Egitto fino all’Assiria.
L’Assiria verrà in Egitto e l’Egitto andrà in Assiria
e gli Egiziani serviranno il Signore insieme con gli Assiri.
In quel giorno Israele, il terzo con l’Egitto e con l’Assiria,
sarà una benedizione in mezzo alla terra.
Il Signore degli eserciti li benedirà dicendo:
“Benedetto sia l’Egitto, popolo mio,
l’Assiria, opera delle mie mani,
e Israele mia eredità”» (19,23 ss.).
La gloria (Kabod) di JHWH, che nella visione vocazionale di Isaia invadeva fin negli angoli più riposti il Tempio, assume adesso proporzioni cosmiche: JHWH è il Signore di tutto l’universo e di tutti i popoli, li ha creati, li ama e li conserva e li salva.