Lettura continua della Bibbia. L’attività profetica nella storia dell’uomo

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Il profetismo è presente ovunque sia l’uomo. Il bisogno di conoscere la volontà della Divinità accompagna tutta la storia dell’uomo. Non solo nelle civiltà antiche, ma anche nei nostri tempi l’uomo moderno appare assediato dall’ansia per il futuro. Basti pensare al successo dei “tecnici” del futuro, astrologi, veggenti, maghi, cartomanti, ecc. Oggi anche il computer viene messo al servizio dell’oroscopo.

D’altro canto, oggi si dà rilievo, rilievo mondiale, a grandi figure che sanno leggere e interpretare i segni dei tempi e stimolare le scelte dell’opinione pubblica: papa Giovanni, Gandhi, Martin Luther King, Helder Camara, madre Teresa… A loro modo, questi sono profeti, anche loro malgrado, perché tali sono ritenuti dalle comunità locali, nazionali, mondiali, che cercano ispirazione nella loro opera e nella loro parola. L’umanità ha mantenuto il bisogno – primordiale – di rivolgersi a mediatori che indichino la strada a nome di Qualcuno.

Il profetismo nella Fertile Mezzaluna

Il termine moderno per indicare questa figura di mediatore, “profeta”, viene dal greco e significa “colui che parla di fronte”, oppure “colui che parla al posto di”. Ma l’attività profetica è ben più antica della civiltà greca, ed anche della letteratura biblica. È attestata l’esistenza di profeti e profetesse già nel III millennio a.C., oltre mille anni, quindi, prima di Abramo, tanto che i profeti biblici al confronto possono essere considerati un fenomeno recente. Terremo presente la zona della Fertile Mezzaluna, che dall’Egitto si estendeva fino alla Mesopotamia, abbracciando molti popoli.

I maggiori contatti dello jahvismo con le religioni dell’Antico Oriente si sono verificati per la Mesopotamia, patria di Abramo, e per la Fenicia – Canaan, area culturale in cui Israele si è insediato dopo la conquista. Minori sono stati i contatti, invece, con l’Egitto, la Persia e la Grecia. Anche l’attività profetica era assai diffusa nelle regioni mesopotamiche; con minore importanza, in Egitto.

Il profetismo in alcuni paesi

  1. Ne danno testimonianza le lettere degli archivi reali di Mari, città sulla riva destra dell’Eufrate all’altezza di Palmira, già in declino nel 18° secolo. A Mari sono state rinvenute 25.000 tavolette cuneiformi, in gran parte di tenore amministrativo e commerciale. In esse si trovano anche 35 oracoli, per lo più indirizzati al re ma anche ai funzionari del tempio ed a laici, che contengono una serie di predizioni, da parte della divinità, sulla situazione politica del momento, sul culto e su altri argomenti. Per trasmetterli, la divinità si serve di profeti di mestiere ma anche di uomini e di donne che non hanno niente a che fare con esso. Le formule possono essere anche simili a quelle bibliche: “Il dio mandò me per…”; i contenuti sono del tutto diversi. Esistono somiglianze stilistiche con le profezie bibliche, ed un’affinità per quanto riguarda la consapevolezza della centralità della parola, nella coscienza della missione divina, e nella concezione di una salvezza condizionata dal comportamento del re. Esistono però, anche, profonde differenze. I messaggi dei profeti biblici esigono una profonda conversione e non un’esteriorità comportamentale, sono diretti all’intero popolo, si pongono in opposizione al re.
  2. In Egitto, le affinità con la profezia biblica sono più che altro letterarie. Le profezie di NEFERTI sono profezie ex-eventu. Formulate per glorificare la venuta del re AMENEMHET I nel XX secolo a.C., esse sono artificialmente collocate nel XXIII secolo. Altri testi (di IPU-WER; di KHUN-ANUP) lamentano tristi condizioni sociali. In nessun caso si trova il riferimento ad una rivelazione divina.
  3. In terra di Canaan fin dal XIV secolo a.C. è attestato un profetismo con manifestazioni estatiche e deliranti ottenute mediante la musica, la danza, le mutilazioni e le orge (v. i profeti di Baal sfidati da Elia sul monte Carmelo). A Biblos, il sacerdote egiziano WEN-AMON (1100 a.C.) riceve un responso dagli dei grazie ad un paggio in estasi, che lo ammonisce di dare ospitalità ad un egiziano di passaggio da lui precedentemente respinto. Nella Stele di Zakir (805 a.C.) il dio Baal-Samaim rivolge al re un oracolo di salvezza: «Non temere… ti libererò da tutti questi re che ti assediano» (cfr. 1 Re 20,31; Is 37,4-6; 41,10; Ger 42,1-4.11). Un testo aramaico trovato in Giordania presso lo Jabboq, e risalente al 750/550 a.C., parla di Balaam figlio di Peor, il profeta pagano menzionato in Num 22-24.
  4. Per quanto riguarda la Mesopotamia in generale, le profezie di SULGI re di UR (XXI secolo a.C.) formulano proclamazioni di salvezza e predizioni. Altri testi preannunciano la grandezza di Nabucodonosor I (XII secolo), la venuta di una serie di re buoni e cattivi, notizie fauste sulla casa regale assira.

Consultazione della divinità: le Sibille

Sibilla Delfica. Di Michelangelo Buonarroti – Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=20200610

La consultazione della divinità, compito specifico del profeta (più che del sacerdote), in merito alla sua volontà, avveniva con diversi metodi:

  • il metodo più diffuso nell’Antico Oriente era quello deduttivo, per cui dai fenomeni visibili si deduceva un’interpretazione (dalle viscere degli animali, dalla posizione degli astri, dall’efod, dagli urim e tummim);
  • l’altro metodo si valeva del profetismo: la consultazione diretta della divinità su una domanda posta da un fedele o da un gruppo.

Talvolta l’arte sacra raffigura, insieme ai profeti biblici, anche le “Sibille” (Giovanni Pisano, Michelangelo).

Sibille e oracoli sibillini

Nel mondo classico, la Sibilla era una sacerdotessa che per ispirazione divina (per lo più da parte di Apollo) prediceva il futuro in stato di trance. La mitologia ne ricorda in particolare quattro: una troiana, una libica, una lidia, e la più nota Sibilla cumana che secondo la leggenda vendette a Tarquinio il Superbo i Libri sibillini, da cui appositi sacerdoti traevano responsi.

Un aneddoto illustra il genere di responso che i fedeli potevano ottenere dalle “sibille”: ad un soldato in procinto di partire per la guerra venne data la risposta scritta «andrai tornerai non morirai in guerra». Mancando la punteggiatura, la negazione NON poteva essere riferita sia al verbo “tornare” che al verbo “morire”. A causa di tale ambiguità, l’aggettivo sibillino ha assunto appunto il significato di “ambiguo”.

Ciò che più ci interessa, però, è il fatto che fra gli apocrifi dell’AT esistessero i così detti Oracoli sibillini, finti vaticini attribuiti alla Sibilla, in parte di origine giudaica e in parte di origine cristiana, per un totale di 14 libri composti in esametri greci fra il II secolo a.C. e il III secolo d.C. Questi oracoli annunciano la venuta del Messia e il giudizio finale. Nel Medio Evo si è ritenuto che questi oracoli, benché non canonici, fossero autentici, e che anche il mondo pagano a suo modo avesse atteso il Messia e la fine del mondo. Il famoso inno Dies irae, attribuito a Tommaso da Celano ma a lui precedente, fa riferimento a questa idea quando afferma: «Dies irae, dies illa, solvet saeculum in favilla, teste David cum Sibylla».

Virgilio profeta pagano

Virgilio in un mosaico del III secolo. Di TimeTravelRome – IMG_20210705_114657, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=107554529

Nello stesso ordine di idee rientra la convinzione, tipicamente medievale, che il grande poeta latino Virgilio avesse profetizzato l’avvento del Cristo nelle Bucoliche, in quanto nella IV Egloga scrive:

«Ultima cymaei venit iam carminis aetas,  

magnus ab integro saeclorum nascitur ordo;

iam redit virgo, redeunt saturnia regna,

iam nova progenies caelo demittitur alto.

Tu modo nascenti puero, quo ferrea primum

desinet ac toto surget gens aurea mundo,

casta fave Lucina; tuus iam regnat Apollo…

At tibi prima, puer, nullo munuscula cultu

errantis hederas passim cum baccare tellus…

Ipsae lacte domum referent distenta capellae

ubera, nec magnos metuent armenta leones…

Occidet et serpens, et fallax herba veneni occidet…».

«Ormai viene l’ultima era del carme cumano,

una grande serie di epoche nasce da capo;

ormai torna la vergine [Astrea, dea della giustizia], 

torna il regno di Saturno [l’età dell’oro],

ormai una nuova progenie scende dall’alto del cielo.

Tu al fanciullo nascente, per cui l’età del ferro

cesserà e in tutto il mondo sorgerà l’età dell’oro,

o casta Lucina [Diana], sii favorevole;

già regna il tuo Apollo…

Per te, fanciullo, come primi doni

la terra non coltivata produrrà l’edera errante con il bàccare…

Da sé le caprette porteranno a casa

le mammelle gonfie di latte,

né le mandrie temeranno i grandi leoni…

Sparirà il serpente, e l’erba velenosa sparirà…».

Si comprende perché nel Medioevo Virgilio fosse ritenuto un profeta pagano, perché Dante l’abbia scelto come sua prima guida nel viaggio ultraterreno, e perché le arti figurative abbiano amato rappresentare come non solo il mondo ebraico, ma anche quello pagano abbia avuto la premonizione e l’attesa del Messia.