
Luca condensa nel resto del capitolo 4 un certo periodo di attività di Gesù, comprendente la predicazione a Cafarnao, suo domicilio abituale nella prima fase del ministero: la liberazione di un indemoniato; la guarigione della suocera di Pietro, e altri miracoli; la predicazione in altre sinagoghe. Con l’autorevolezza della sua parola e con la forza del suo comando Gesù manifesta una sovranità divina.
Dopo l’inaugurazione del ministero nell’anno della salvezza proclamato nella sinagoga di Nazareth, Luca mostra la potenza della parola di Gesù nella forza con cui risana il corpo e l’anima, l’uomo integrale. Questa parola ha un’autorità mai vista, sui demoni e sulle malattie, sul peccato e su ogni genere di male, su tutto ciò che ferisce, indebolisce e imprigiona l’uomo. L’insegnamento di Gesù diviene evento di salvezza nei miracoli e nei gesti operati con potenza, la forza stessa di Dio.
Il primo esorcismo (4,31-37)
Il primo esempio dell’autorità divina di Gesù è un esorcismo, vittoria sul male più profondo che è il Maligno in persona. In molti casi, nell’antichità, gli ossessi erano solo malati di mente o di cuore, o affetti da quella patologia, l’epilessia, di cui gli antichi si stupivano tanto da chiamarla, appunto, invasamento; non è certo questo il caso, dato che non è umana la voce che proclama Gesù il Santo di Dio. Che il primo miracolo in Luca sia la vittoria sul demonio è programmatico: il male è sconfitto senza speranza, e con questa sconfitta Gesù rende l’uomo a se stesso e quindi a Dio.
Lo spirito maligno è chiamato impuro, immondo, perché immondo è tutto ciò che sottrae a Dio, alla vita e alla gioia. Anche se presente in un luogo sacro, lo spirito impuro separa l’uomo da Dio, e anche se nascosto lo ghermisce e lo tiene in suo potere. Non ha niente a che vedere con Cristo, lo teme solamente, sente Dio come il Nemico, ne conosce la verità ma la odia e la rinnega.
La divisione fra bene e male
Che nell’uomo ci sia questa spinta alla divisione tra ciò che si sa essere il bene e ciò che si desidera era stata anche un’intuizione pagana, cfr. il Video meliora proboque, deteriora sequor – “Vedo il meglio e lo approvo, ma seguo il peggio” – di Ovidio (Met. VII,20-21) espresso da S. Paolo con “Non compio il bene che voglio ma il male che non voglio” (Rm 7,19), fino ad uscire nel grido: “Me sventurato! Chi mi libererà da questo corpo di morte?” (Rm 7,24) – dove il male non è rappresentato dal corpo, ma dalla separazione da Dio.
Una fede salvifica
San Paolo però è anche il salvato che esce nel grido di giubilo: “Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi? Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?” (Rm 8,31-35). In fondo, il demonio, diavolo (da dia-ballo, dividere), il Divisore, è colui che divide, che mette zizzania nella comunità ma anche divide l’uomo da se stesso, lo aliena, lo sfigura.
Non si può rimanere neutrali: “Non esiste uno spazio neutro nell’universo: ogni millimetro, ogni frazione di secondo è reclamata da Dio e contro reclamata da Satana” (C.S. Lewis). La presenza di Gesù smaschera il male che è in noi, lo porta allo scoperto, lo mette davanti all’evidenza come davanti ad un lucido specchio.
Ma vedere con chiarezza non è sufficiente, anche i demoni infatti credono e tremano (Gc 2,19)! Il loro sapere, con ogni evidenza, che Dio c’è, senza poterlo neppure negare, non è salvifico. Per essere salvifico, il credere non può risolversi in una proclamazione (“Conosco chi sei: il Santo di Dio”), ma deve entrare nella vita, accettando la persona di Gesù, e in lui la salvezza. Implacabile col male, Gesù è misericordioso col malato: la sofferenza che lo scuote non gli nuoce, lo riporta alla vita.