Altra prova è quella cui Gesù viene sottoposto dagli osservanti perfetti della Legge, i farisei con cui si confronta, e che gli chiedono: qual è il più grande precetto? Ovvero, qual è il precetto in funzione del quale esistono gli altri? Chi gli pone la domanda è uno scriba o dottore della legge, appartenente in questo caso alla corrente religiosa dei farisei, alcuni dei quali veramente innamorati della Torah.
La domanda non è oziosa, perché i precetti della Legge sono, secondo i rabbini, 613. Si tratta di un complesso di 365 precetti negativi ovvero divieti («Non fare…») e 248 precetti positivi ovvero comandi («Devi fare…»).
I 613 precetti della Legge
È facile cogliere il valore simbolico del numero 365 che corrisponde ai giorni dell’anno e quindi è un numero solare, cosmico; come a dire: tutto il creato si ritrova nella Legge, e la Legge deve essere osservata ogni giorno in tutto il tempo della vita.
Meno facile è interpretare il numero 248 per chi non sa che secondo la scienza rabbinica le parti che compongono l’intero corpo umano sono, appunto, 248, numero, quindi, antropologico, come a dire: tutto l’uomo si ritrova nella Legge, e deve osservare la Legge con tutto se stesso.
Qual è il più grande?
È logico, anzi necessario, chiedersi quale sia il centro unificante di questo enorme complesso di precetti. In realtà i precetti più grandi sono due e vanno di pari passo, l’amore di Dio e l’amore del prossimo. Gesù non inventa niente, qui; i due precetti rispecchiano la legge mosaica, Dt 6,4-5 (l’amore di Dio) e Lv 19,18 (l’amore del prossimo), come ben sapevano i rabbini.
Entrambi sono le grandi leggi da cui dipende tutto il resto, ma non pare che prima di Gesù queste due grandi leggi si pensassero unite fra loro come equivalenti. C’è anche una vena polemica in questo: i farisei ipocriti fanno professione di amore a Dio, ma non lo praticano nei riguardi dell’uomo.