Mentre la prima parte del libro di Osea si basa tutta sull’esperienza matrimoniale del profeta, questa seconda parte, molto più lunga (cap. 4-14), sviluppa l’annuncio profetico del peccato di Israele, del giudizio di JHWH, dell’invito alla conversione e della salvezza. Si potrebbe intitolare Dal peccato alla speranza ed ha per tema lo sviluppo del simbolismo fondamentale.
Il materiale è eterogeneo ed in esso è difficile trovare un filo logico: in realtà, manca una struttura portante dell’intera sezione. La parola biblica nasce dalla vita e serve alla vita, ed è varia e disarticolata come spesso lo è la vita. L’unica traccia che si può tenere presente per una suddivisione della sezione è:
- 4,1-9,9: situazione attuale d’Israele (il suo peccato)
- 9,10-14,9: rievocazione del passato di Israele.
Il peccato di Israele
L’argomentazione segue lo schema del rîb o processo che Dio intenta al suo popolo, sulla base di queste accuse:
Non c’è lealtà, non c’è amore,
non c’è conoscenza di Dio nel paese;
2 ma spergiurare, mentire, uccidere, rubare
e commettere adulterio si propagano
e le uccisioni si susseguono alle uccisioni (4,1 s.).
Mancano dunque in Israele gli atteggiamenti richiesti da Dio:
- sincerità (`EMET), sinonimo di `EMUNAH = fedeltà, dalla cui radice deriva AMEN = Così è
- amore = chesed, uno dei termini più cari ad Osea: nel duplice senso di benevolenza, bontà, tenerezza – e di pietà, devozione, dedizione: è l’atteggiamento che dà vita ad un rapporto e lo alimenta (comunione)
- conoscenza di Dio = da´at, in senso non intellettuale ma vitale.
Avendo perduto la conoscenza di JHWH, Israele ha acquietato i più gravi peccati sociali: evidente il richiamo al decalogo. Il peccato radicale dunque è la non conoscenza di Dio, la prostituzione (4,12) ad altri dei. Il culto stesso è divenuto vuoto ed ipocrita:
8,11 Efraim ha moltiplicato gli altari,
ma gli altari gli sono serviti per peccare.
12 Scriva io pure una quantità di leggi,
son ritenute come quelle d’uno straniero.
13 Amano i sacrifici: li offrano pure!
La loro carne, la mangino pure! Il Signore non li gradisce.
Ormai sta per ricordarsi delle loro colpe
e per punire i loro peccati: essi ritorneranno in Egitto.
Responsabili del peccato del popolo sono dunque i sacerdoti, ma anche la casa regnante, strumento di corruzione e di traviamento, che invece di volgersi a Dio si volge alle alleanze umane, cercando ora l’Egitto ora l’Assiria (7,8 ss.): per questo andrà in rovina.
Una conversione effimera
Osea accenna ad un certo punto ad un movimento effimero di conversione, finito “come una nube del mattino, come la rugiada che all’alba svanisce” (6,4).
Vi accenna con alcuni dei versetti più noti di tutto l’Antico Testamento (6,1 ss.).
Venite, ritorniamo al Signore;
egli ci ha straziato ed egli ci guarirà.
Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà.
Dopo due giorni ci ridarà la vita
e il terzo ci farà rialzare
e noi vivremo alla sua presenza.
Affrettiamoci a conoscere il Signore, la sua venuta è come l’aurora.
Verrà a noi come la pioggia d’autunno,
come la pioggia di primavera che feconda la terra.
Questo brano è simile ai canti penitenziali usati nei giorni di digiuno e di richiesta di aiuto per le calamità nazionali, ed ha lo scopo di ottenere il perdono e la guarigione, cioè la rinascita nazionale. Questo testo è probabilmente servito di base (insieme ai numerosi passi biblici alludenti all’ottenimento della salvezza al terzo giorno) all’annuncio neotestamentario della resurrezione del Figlio dell’uomo “il terzo giorno, secondo le Scritture” (1 Cor 15,4).