
La preghiera fondamentale e distintiva di tutti i cristiani è il Padre Nostro, detta Preghiera domenicale non perché si reciti la domenica, ma perché è la preghiera insegnata direttamente dal Signore, Dominus in latino, quindi la preghiera “dominica”.
San Francesco e il Padre Nostro
Facile recitarla, anche meccanicamente, più difficile “pensarla”, ponendo attenzione alle parole. Si dice che una volta San Francesco abbia fatto con F. Masseo la gara a chi dei due sarebbe stato capace di recitare in quella notte il maggior numero di ‘Padre nostro’. Li avrebbero contati con dei sassolini, da mettere nella bisaccia. Ogni Padre nostro un sassolino.
All’indomani F. Masseo poteva sfoggiare una borsa bella pesante, colma di centinaia di pietruzze. San Francesco invece si presentò a mani vuote: non era stato capace di recitarne nemmeno uno, perché ogni volta che provava e iniziava, si fermava sulla prima parola ‘Padre’… e non riusciva ad andare avanti.
Fossimo capaci di recitare il Padre Nostro con questo spirito di figli affascinati dalla bontà del Padre! Infatti, dal Padre Nostro si deve imparare soprattutto ad assumere lo spirito di figli, l’atteggiamento di preghiera di Gesù, il Figlio per eccellenza, verso il Padre. In una società come la nostra, definita proprio una società senza padre, questo diviene sempre più difficile.
Anche questa volta S. Agostino ci viene in aiuto con uno sguardo sintetico sul profondo significato del Padre Nostro..
Dalla «Lettera a Proba» di sant’Agostino, vescovo
(Lett. 130, 11, 21 – 12, 22)
A noi sono necessarie le parole per richiamarci alla mente e considerare quello che chiediamo, ma non crediamo di dovere informare con esse il Signore, o piegarlo ai nostri voleri.
Sia santificato il tuo nome
Quando dunque diciamo: «Sia santificato il tuo nome», stimoliamo noi stessi a desiderare che il suo nome, che è sempre santo, sia ritenuto santo anche presso gli uomini, cioè non sia disprezzato. Cosa questa che giova non a Dio, ma agli uomini.
Venga il tuo regno
Quando poi diciamo: «Venga il tuo regno» che, volere o no, certamente verrà, eccitiamo la nostra aspirazione verso quel regno, perché venga per noi e meritiamo di regnare in esso.
Sia fatta la tua volontà
Quando diciamo: «Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra», gli domandiamo la grazia dell’obbedienza, perché la sua volontà sia adempiuta da noi, come in cielo viene eseguita dagli angeli.
Dacci oggi il nostro pane
Dicendo: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano», con la parola «oggi» intendiamo nel tempo presente. Con il termine «pane» chiediamo tutto quello che ci è necessario, indicandolo con quanto ci occorre maggiormente per il sostentamento quotidiano. Domandiamo anche il sacramento dei fedeli, necessario nella vita presente per conseguire la felicità, non quella temporale, ma l’eterna.
Rimetti a noi i nostri debiti
Quando diciamo: «Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori», richiamiamo alla memoria sia quello che dobbiamo domandare, sia quello che dobbiamo fare per meritare di ricevere il perdono.
Non ci indurre in tentazione
Quando diciamo: «E non ci indurre in tentazione», siamo esortati a chiedere l’aiuto indispensabile per non cedere alle tentazioni e per non rimanere vinti dall’inganno o dal dolore.
Liberaci dal male
E quando diciamo: «Liberaci dal male», ricordiamo a noi stessi che non siamo ancora in possesso di quel bene nel quale non soffriremo più alcun male. Questa domanda è l’ultima dell’orazione domenicale. Essa ha un significato larghissimo. Perciò, in qualunque tribolazione si trovi il cristiano, con essa esprima i suoi gemiti, con essa accompagni le sue lacrime, da essa inizi la sua preghiera, in essa la prolunghi e con essa la termini.
Le espressioni che abbiamo passato in rassegna hanno il vantaggio di ricordarci le realtà che esse significano. Tutte le altre formule destinate o a suscitare o ad intensificare il fervore interiore, non contengono nulla che non si trovi già nella preghiera del Signore, purché naturalmente la recitiamo bene e con intelligenza.