23 maggio 1943: il sommergibile Leonardo da Vinci, colpito nell’Atlantico dalle bombe di profondità del cacciatorpediniere Active e della fregata Ness, scompare negli abissi con il comandante Gazzana Priaroggia e tutto l’equipaggio. Avendo al suo attivo l’affondamento di 17 navi per un totale di 120.243 tonnellate di stazza lorda, è stato non solo il sommergibile italiano più efficiente, ma anche il miglior sommergibile non tedesco della Seconda guerra mondiale. Il suo comandante, Gianfranco Gazzana Priaroggia, era stato un asso dei sommergibilisti, con un primato di affondamento di 90.601 tonnellate di naviglio. Tutto tristemente scomparso in mare, l’affondatore con gli affondati. In guerra vince chi uccide di più e uccide meglio.
Febbraio 2021: Alessandro Fulcheris fa riapparire il sommergibile Leonardo da Vinci… sulla costa di Piombino. Che mistero è mai questo?
Il mistero del Falcone
Il mistero del Falcone è un romanzo; niente a che vedere però con Il Mistero del Falco, un film del 1941 diretto da John Huston e interpretato da Humphrey Bogart sulla base del romanzo di Dashiell Hammett. Il Falcone in questione, col suo nome assai suggestivo, non è altro che un piccolo promontorio della bellissima costa livornese in quel di Piombino, ma ha anche una storia. Per la sua posizione strategica, si era trovato ad ospitare dai tempi della Grande guerra una Batteria Navale difensiva con quattro cannoni, una polveriera e una casamatta. Si prestava, quindi, al nascere di una leggenda urbana. E a raccontarla… ci ha pensato Alessandro Fulcheris.
Il mistero del Falcone: l’autore
Alessandro Fulcheris era un ragazzetto che faceva la terza media nel 1977 presso le scuole Fucini di Piombino, in una classe in cui io insegnavo solo – e solo per quell’anno – storia e geografia: a quell’epoca, alle medie, la cattedra di Lettere funzionava così. Fulcheris si faceva notare perché era un patito di storia, di storia del Novecento in particolare; sicuramente meno appassionato di geografia. Infatti all’esame finale – lui se lo ricorda meglio di me – gli chiesi quale forma di governo avesse il Giappone, ed era titubante. Gli dissi, sapendo di andare sul sicuro: «Ma scusa, chi era il capo del Giappone durante la Seconda Guerra mondiale?». Rispose senza tentennamenti: «L’Imperatore Hirohito!». «Ebbene, è sempre lui…». Fatterelli della vita che restano impressi.
Poi la vita lo ha portato altrove, a frequentare un Istituto alberghiero, ma per i suoi interessi avrebbe potuto puntare su ben altro. E lo ha dimostrato, continuando a coltivare le sue passioni una delle quali, ahimè, è la caccia, ma un’altra, prepotente fra tutte, riguarda la storia. Non solo; ha tirato fuori anche un bel piglio di scrittore, che io all’epoca non avevo sospettato perché quando si insegna storia e geografia capita di rado che si veda come scrivono i ragazzi. Ma tant’è… ed ecco un Alessandro Fulcheris scrittore e romanziere.
Il mistero del Falcone: il romanzo
Il mistero del Falcone si muove su un doppio registro, i fatti della Seconda Guerra Mondiale nel 1943 e le avventure di un trio di ragazzi piombinesi nel 1980: motorini, sigarette, pesca, calcetto, ragazze… e mistero. Sì, perché un mistero c’è, anzi una leggenda: esiste davvero nella Punta del Falcone una caverna marina che nasconda nelle sue viscere un sottomarino? Così, questi due piani temporali procedono paralleli, senza mai incontrarsi… Finché il parallelismo, alla fine, diventa una convergenza, perché se non si incontrano i tempi storici, si incontrano però i personaggi, almeno alcuni di essi, del passato e del presente.
Devo dire che il Fulcheris continua a dimostrare, in questo suo primo romanzo come già nei libri precedenti, una maestria di scrittore navigato: sa perfettamente quando è opportuno usare il periodare dell’italiano letterario, ben costruito, e quando serve il linguaggio vernacolare, che non disturba. Sa anche – e questo è notevole – procedere sui due diversi piani temporali, alternandoli in modo non fastidioso, anzi coinvolgente. Io che a stento sopporto questa tecnica, quando la trovo in romanzi che sarebbero belli se non vi fosse il fastidio continuo di dover saltare da un secolo all’altro, ne Il mistero del Falcone non ne sono disturbata: anzi, rende più attraente la trama.
Tutto bene, dunque, in questo romanzo, con piccole annotazioni che mi riservo di fare direttamente all’autore. Accurata la ricostruzione storica; accurata, s’intende, con quel tanto di invenzione romanzesca senza la quale la trama narrativa non potrebbe reggere. Suggestiva, soprattutto per le persone del posto, la rievocazione dei luoghi e dei tempi (compresi bombaroli e tombaroli, “mestieri” che non si usano più) ma anche di uno stile di vita anni Ottanta che oggi sarebbe impensabile: quando i nostri ragazzi crescevano senza cellulari, senza internet, senza videogiochi, stavano tanto all’aperto, coltivavano le amicizie, combinavano qualche guaio… ma sostanzialmente erano sani – altrimenti, a casa, dal babbo, li aspettava la bufera.
Un po’ precipitoso, forse, il finale; ma sicuramente, giunti ad un certo punto della lettura, si vuol sapere come va a finire, e questo è un buon segno. Noto che rimangono punti in sospeso: e il famoso tesoro? E una qualche traccia del comandante Gazzana? Perché questi silenzi? Sono indizi che ci sarà la possibilità di un seguito?
Il mistero del Falcone: una stringata riflessione
Accurata, come dicevo, la ricostruzione storica. Si nota una certa enfasi sulle due figure dei sopravvissuti della Folgore, e va bene, caratterizza i personaggi. Tutti i militari qui rievocati non hanno che uno scopo, fare il proprio dovere obbedendo agli ordini. Ma qui mi viene anche da riflettere sulla follia della guerra, non solo di quella venuta per seconda nel Novecento sullo scenario dell’intero pianeta con tanta distruzione e tante perdite di vite umane. Mi viene da riflettere sulla follia di tutte le guerre, anche in relazione all’attuale situazione in Ucraina ed in Israele – Gaza. Una follia di autodistruzione di cui l’umanità cade regolarmente preda, con effetti sempre più disastrosi. Ad Albert Einstein viene attribuita questa frase:
«I do not know how the Third World War will be fought, but I can tell you what they will use in the Fourth: rocks».
«Io non so come sarà combattuta la Terza Guerra mondiale, ma posso dirvi che cosa useranno nella Quarta: pietre».
È un pronostico fatto anche dalla buona letteratura di fantascienza negli anni Cinquanta – Sessanta. L’abbiamo sfiorata con la crisi di Suez del 1956-57 e quella di Cuba del 1962, ed anche in altre occasioni meno note. Sembrava sfumata con la fine della guerra fredda, ma è tornata ad affacciarsi drammaticamente fra le possibilità della storia contemporanea. L’ha denunciata papa Francesco, parlando ripetutamente di Terza Gerra mondiale a pezzi combattuta qua e là, dolorosamente e rovinosamente, nel pianeta. La rischiamo ancora: speriamo che coloro ai quali i popoli delegano infelicemente le decisioni abbiano giudizio… Vedere la corsa Biden – Trump per la Casa Bianca: almeno, che non vinca il peggiore!