
«Io sono per il mio Diletto e il mio Diletto è per me…». Segue nel cap. 5 del Cantico un elogio del Diletto, anche questo in ordine discendente, dai capelli alle gambe. L’Amica ricorre a colori e immagini regali per cantare tutto il suo fascino…
«Io sono per il mio Diletto e il mio Diletto è per me…»
Il coro delle fanciulle
5 9Che ha il tuo diletto di diverso da un altro,
o tu, la più bella fra le donne?
Che ha il tuo diletto di diverso da un altro,
perché così ci scongiuri?
La sposa
10Il mio diletto è bianco e vermiglio,
riconoscibile fra mille e mille.
11Il suo capo è oro, oro puro,
i suoi riccioli grappoli di palma,
neri come il corvo.
12I suoi occhi, come colombe
su ruscelli di acqua;
i suoi denti bagnati nel latte,
posti in un castone.
13Le sue guance, come aiuole di balsamo,
aiuole di erbe profumate;
le sue labbra sono gigli,
che stillano fluida mirra.
14Le sue mani sono anelli d’oro,
incastonati di gemme di Tarsis.
Il suo petto è tutto d’avorio,
tempestato di zaffiri.
15Le sue gambe, colonne di alabastro,
posate su basi d’oro puro.
Il suo aspetto è quello del Libano,
magnifico come i cedri.
16Dolcezza è il suo palato;
egli è tutto delizie!
Questo è il mio diletto, questo è il mio amico,
o figlie di Gerusalemme.
Il coro
6 1Dov’è andato il tuo diletto,
o bella fra le donne?
Dove si è recato il tuo diletto,
perché noi lo possiamo cercare con te?
La sposa
2Il mio diletto era sceso nel suo giardino
fra le aiuole del balsamo
a pascolare il gregge nei giardini
e a cogliere gigli.
3Io sono per il mio diletto e il mio diletto è per me;
egli pascola il gregge tra i gigli.
«Il mio Diletto è per me…»
Il coro delle fanciulle si rivolge all’Amica con una domanda provocatoria: «Che cos’ha il tuo Diletto più di un altro?». La sfida è accolta: l’Amica sfrutta la domanda per addentrarsi in una descrizione del corpo di Lui. Nel Cantico dei Cantici, come commenta a questo proposito L. Mazzinghi, «il linguaggio dell’amore passa attraverso il linguaggio del corpo. È anche e soprattutto attraverso il corpo che si esprime l’amore e che gli amanti possono scoprire la realtà dell’altro». Non possiamo andare a Dio senza il corpo… E com’è questo corpo?
Il bianco è il colore dell’eternità; il vermiglio e l’oro della regalità. Gemme, avorio, zaffiri, alabastro, legno di cedro, sono le materie che impreziosiscono il palazzo del re, splendido nella sua stabilità. Ma questa figura maestosa che potrebbe risultare distante nella sua magnificenza è resa tenera e vicina dalle immagini dei grappoli di palma, dei ruscelli d’acqua, dei gigli rossi, e dagli aromi che olezzano, dalla dolcezza che stilla dalle sue parole.
Nel Targum
Israele, nell’esilio, è posto davanti ad una scelta. «I profeti risposero e dissero alla casa d’Israele: “Quale Dio vuoi servire, o assemblea d’Israele, la più bella di tutte le nazioni? E a chi ti vuoi prostrare per averci supplicato in questo modo?”». La risposta di Israele corrisponde all’elogio appassionato che la sposa fa del suo Sposo.
Elogio del Signore
«Allora l’Assemblea di Israele cominciò a parlare lodando il Signore del Mondo, e questo è ciò che disse:” Il Dio che desidero adorare è Colui che di giorno è vestito con una tunica bianca come la neve ed è occupato con i ventiquattro libri della Legge, le parole dei Profeti e gli Scritti; e Colui che di notte è occupato con i sei Ordini della Mishnah e il glorioso splendore del Suo volto divampa come fuoco per l’intensa saggezza e giudizio – poiché Egli rinnova ogni giorno nuove tradizioni e le rivelerà al Suo popolo nel Grande Giorno. E il Suo stendardo è sopra una miriade di miriadi di angeli che lo assistono.
La sua legge è più desiderabile dell’oro puro, e l’interpretazione delle Sue parole contiene cumuli su cumuli di argomenti e precetti. Sono bianchi come la neve per coloro che li proteggono, ma neri come l’ala di un corvo per coloro che non li mantengono… e le labbra dei suoi saggi che sono occupate con la Legge distillano le ragioni da ogni parte e la parola della loro bocca è come una scelta di mirra.
Le dodici tribù
Le dodici tribù di Giacobbe suo servo furono scritte sull’ephod, il santo ornamento d’oro, inciso su dodici gemme, con i tre padri, Abramo, Isacco e Giacobbe. Ruben fu inciso su rubino, Simeone fu inciso su corniola, Levi fu inciso su corindone, Giuda fu inciso su marmo nero, Issachar fu inciso su smeraldo, Zebulon fu inciso su diamante, Dan fu inciso su un berillo, Nephtali fu inciso su uno zaffiro, Gad era inciso sul topazio, Asher era inciso su turchese, Giuseppe era inciso su malachite, Beniamino era inciso su diaspro. Somigliavano alle dodici costellazioni, splendevano come una lanterna, luccicanti come avorio nelle loro azioni e splendevano come zaffiri.
E i giusti sono le colonne del mondo, che poggiano su basi d’oro puro, quelle parole della Legge con cui sono occupati e istruiscono il popolo della Casa di Israele per fare la Sua Volontà. Come un vecchio studioso, è pieno di compassione per loro e rende i peccati della Casa d’Israele bianchi come la neve. E come un giovane guerriero forte come i cedri, è pronto a fare una guerra vittoriosa contro le nazioni che trasgrediscono il Suo Volere.
Le parole del suo palato sono dolci come il miele, e tutti i Suoi comandamenti sono più desiderabili per i suoi saggi di oro e argento. Questa è la lode di Dio, mio Diletto, e questo è il potere della forza del mio Signore, mio Amato, o profeti che profetizzate in Gerusalemme”».
Da notare la bellezza dell’immagine dell’ephod del sommo sacerdote che sul pettorale porta incastonate dodici pietre, una diversa dall’altra ma tutte accomunate dalla preziosità, corrispondenti alle dodici tribù di Israele.